CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 19 giugno 2013, n. 15315
IVA – Documentazione extracontabile – Prova – Imprenditore – Accertamento induttivo
Svolgimento del processo
L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, affidata a due motivi, nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale dell’ Emilia Romagna che, rigettando l’appello dell’ufficio di Ravenna, ha confermato l’annullamento dell’avviso di rettifica parziale dell’IVA per l’anno 1995 emesso a carico della srl G. all’esito di una verifica nel corso della quale era stata rinvenuta documentazione extracontabile; con l’atto impositivo era stata contestata alla contribuente omessa registrazione di corrispettivi e la presentazione di una dichiarazione IVA con indicazioni inesatte.
Secondo il giudice d’appello, infatti, in violazione dell’art. 12 dello statuto del contribuente “i militari intervenuti avevano avviato la verifica limitandosi alla circostanza che, dopo le presentazioni di rito e l’esibizione dell’ordine d’accesso, hanno invitato la parte ad esibire tutti i libri, i registri, le scritture ed i documenti attinenti all’attività d’impresa”, laddove “i diritti riconosciuti dallo statuto implicano ben altri contenuti pratici e richiedano la formazione di una certa consapevolezza propria che, nel caso, non è stata adeguatamente agevolata o permessa in capo all’interessato”. “Nessuna critica specifica, poi, era stata sviluppata dai verificatori sulla capacità probatoria delle scritture contabili verificate, e quindi le risultanze delle stesse non potevano venire confutate con le modalità nella specie adottate dall’ufficio – in primo grado l’accertamento era stato ritenuto in contrasto con il detto art. 12 dello statuto del contribuente, perché basato sulle dichiarazioni rese nel corso della verifica dal legale rappresentante della società contribuente, le quali, secondo la Commissione di primo grado, non potevano “avere alcuna valenza o significato sotto il profilo probatorio”.
Secondo il giudice d’appello, “al riguardo le prescrizioni normative per poter procedere e per poter formulare le varie tipologie di rettifiche, che rimanevano possibili, apparivano ben precise e, purtroppo, erano state disattese insanabilmente nell’approccio adottato dall’ufficio”.
La contribuente resiste con controricorso, illustrato con successiva memoria.
Motivi della decisione
Col primo motivo l’amministrazione ricorrente, premesso che era stata rinvenuta nella verifica documentazione extracontabile, redatta dal legale rappresentante della società contribuente, riportante gli incassi relativi agli anni dal 1995 al 2000, comprensivi, come dichiarato dalla parte, sia degli incassi contabilizzati che di quelli percepiti ma non dichiarati, denunciando violazione dell’art. 12 della legge 27 luglio 2000, n. 212, e vizio di motivazione, assume che l’ufficio avrebbe agito nel pieno rispetto delle disposizioni della norma in rubrica. E riporta, in proposito, passi del verbale di constatazione, redatto il 22 settembre 2000, di cui vengono indicate le rispettive pagine di provenienza, sottoscritto dal legale rappresentante della società.
Con il secondo motivo, denunciando violazione del principio dell’onere della prova e dell’art. 54 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, nonché vizio di motivazione, l’amministrazione ricorrente deduce essere stata del tutto trascurata la circostanza che l’avviso era “fondato sulla rilevanza probatoria della documentazione extracantabile” rinvenuta, “certificata dalle dichiarazioni dello stesso legale rappresentante e ricavabili dal processo verbale di verifica”, documentazione integrante “una presunzione che … pone a carico del contribuente l’onere di dimostrarne l’insussistenza”.
I motivi del ricorso, nei termini di seguito precisati, sono entranti fondati.
La sentenza impugnata incorre infatti nel vizio di emessa o insufficiente motivazione in ordine al fatto, potenzialmente decisivo, costituito dal rinvenimento, nel corso della verifica nei confronti della società contribuente, di documentazione extracontabile dalla quale era dato rilevare gli incassi, tanto quelli contabilizzati che quelli non dichiarati, degli anni dal 1995 al 2000, ed in ordine alle modalità di svolgimento della verifica emergenti dal verbale di constatazione, anch’esse decisive nell’economia della pronuncia.
La prima circostanza non è controversa fra le parti, come si evince dallo stesso controricorso, nel quale si legge che “nel corso delle operazioni i verbalizzanti rinvenivano documentazione extracontabile”. Ed a fronte delle analitiche, dettagliate deduzioni formulate con i motivi del ricorso – secondo cui la documentazione extracontabile rinvenuta era dettagliatamente elencata al foglio 4 del verbale di constatazione; secondo cui il prospetto recante il totale degli incassi percepiti nel quinquennio, descritto al foglio 7, risultava redatto da S. N., legale rappresentante redatto; secondo cui il verbale di constatazione, sottoscritto dallo stesso S. descriveva ai fogli 1 e 2 le modalità di apertura delle operazioni di verifica – la motivazione della sentenza di appello si appalesa del tutto carente ed inadeguata in ordine ad entrambi i fatti.
E’ appena il caso di ricordare, in proposito, che questa Corte ha in più occasioni affermato che “in tema di IVA, alla luce delle previsioni degli artt. 52, comma quarto, e 54, comma secondo, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, la documentazione extracontabile legittimamente reperita presso la sede dell’impresa, quand’anche risolventasi in annotazioni personali dell’imprenditore, costituisce elemento probatorio, ancorché meramente presuntivo, utilmente valutabile in sede di accertamento, indipendentemente dal contestuale riscontro di irregolarità nella tenuta della contabilità e di inadempimenti di obblighi di legge” (Cass. n. 2217 e n. 19329 del 2006); che “il rinvenimento di una contabilità informale, tenuta su un brogliaccio (ma anche di agende-calendario, block notes, matrici di assegni, estratti di conti correnti bancari), costituisce indizio grave, preciso e concordante dell’esistenza di imponibili non riportati nella contabilità ufficiale, che legittima l’Amministrazione finanziaria a procedere ad accertamento induttivo, ai sensi dell’art. 54 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633” (Cass. n. 6949 del 2006).
Quanto alle dichiarazioni rese in sede di verifica dal legale rappresentante di una società, si è ritenuto, proprio ai fini dell’IVA, che esse “non assumono contenuto testimoniale, in quanto il rapporto di immedesimazione organica che lega il rappresentante legale alla società rappresentata esclude che il primo possa essere qualificato come testimone, in riferimento ad attività poste in essere dalla seconda; tali dichiarazioni possano invece essere apprezzate come una confessione stragiudiziale, e costituiscono pertanto prova non già indiziaria, ma diretta del maggior imponibile eventualmente accertato nei confronti della società, non abbisognevole, come tale, di ulteriori riscontri” (Cass. n. 28316 del 2005, n. 22122 del 2010).
Il ricorso va pertanto accolto, in relazione ai vizi di motivazione denunciati, la sentenza va cassata e la causa rinviata, anche per le spese, ad altra sezione della commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso in relazione ai vizi di motivazione denunciati, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi come accolti e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna.