CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 19 giugno 2013, n. 15375
Lavoro – Operaio agricolo a tempo determinato – Riliquidazione del trattamento di disoccupazione – Inclusione della cd. “quota di TFR” nella retribuzione contrattuale
Ritenuto in fatto
1.11 Tribunale di Foggia rigettava la domanda di N. M., operaio agricolo a tempo determinato, intesa ad ottenere, ai sensi dell’art. 4 del d.lgs. n. 146 del 1997, la riliquidazione del trattamento di disoccupazione, già corrisposto per l’anno 1998, perché calcolato dall’INPS sulla base del salario medio convenzionale rilevato nel 1995 e non più incrementato negli anni successivi, anziché sulla base della retribuzione giornaliera fissata dalla contrattazione collettiva integrativa provinciale.
2. L’assicurato proponeva appello che è stato rigettato dalla Corte d’appello di Bari, con la sentenza indicata in epigrafe, sul preliminare rilievo della intervenuta decadenza dall’azione giudiziaria ai sensi e per gli effetti dell’art. 47 del d.p.r. n. 639/1970 e successive modificazioni ed integrazioni.
3. Della sentenza d’appello il M. ha chiesto la cassazione con ricorso affidato a due motivi.
4. All’udienza pubblica del 13 novembre 2012, fissata per la trattazione del ricorso, questa Corte, rilevata la nullità della relativa notifica e il difetto di costituzione dell’ INPS, ha disposto la rinnovazione della notificazione a detta parte, assegnando, a tal fine, il termine di trenta giorni dalla comunicazione dell’ordinanza pronunciata ex art. 291 c.p.c.
5. Parte ricorrente ha nuovamente notificato il ricorso nel termine assegnato e ha provveduto al deposito dell’atto nella cancelleria di questa Corte nel termine prescritto dall’art. 371 bis c.p.c.
6. L’INPS ha depositato procura speciale ai propri difensori che hanno, poi, partecipato alla odierna udienza di discussione
Considerato in diritto
1. Il ricorrente – premesso, nella narrativa della vicenda processuale, che la sentenza di primo grado ne aveva rigettato la domanda sul presupposto che il salario contrattuale di sua spettanza, depurato della cd. “quota di TFR”, non superava quello medio convenzionale e che in appello aveva contestato sia la qualifica di lavoro riconosciutagli in prime cure sia la mancata inclusione della quota di TFR nella base di calcolo della indennità di disoccupazione – censura, con il primo motivo, la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 47 d.p.r. n. 639/1991 (recte, 1970), richiamando la sentenza delle Sezioni unite di questa Corte (Cass. n. 12720 del 2009), che ha escluso l’applicabilità della decadenza all’azione giudiziaria proposta per ottenere il pagamento di una prestazione previdenziale nella sua corretta misura, perché erroneamente liquidata dall’INPS in un importo inferiore a quello dovuto.
2. Nel secondo motivo, sempre con denunzia di violazione e falsa applicazione della medesima disposizione di legge, sostiene che la stessa disciplina esclusivamente l’ipotesi in cui sia necessaria una domanda di prestazione previdenziale, onde la ivi prevista decadenza non opera quando, come nel caso di specie, la prestazione non necessiti di una domanda amministrativa.
3. Il ricorso, i cui due motivi, all’evidenza connessi, si trattano congiuntamente è fondato, trovando, nella specie, applicazione il principio di diritto richiamato dal ricorrente, nonostante lo ius superveniens costituito dall’art. 38 lett. d) del d.l. 6 luglio 2011, n. 98, conv. in l. 111 del 2011 – che estende il regime della decadenza alle azioni aventi ad oggetto l’adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte ovvero il pagamento di accessori del credito – posto che tale disciplina espressamente limita la propria efficacia retroattiva ai giudizi pendenti in primo grado alla data della sua entrata in vigore ed è, per ciò stesso, inapplicabile ai giudizi pendenti in appello o in cassazione a quella medesima data (cfr. Cass. sent. n. 6959 del 2012 e successive conformi).
4. Esclusa la decadenza dalla proposta azione giudiziaria e cassata, quindi, per tale ragione la sentenza impugnata, sussistono le condizioni per decidere la causa nel merito (art. 384, comma 2, c.p.c.), ancorché la Corte territoriale non si sia pronunciata sui motivi d’appello, posto che la prima delle censure asseritamente svolte in sede di gravame (contestazione della qualifica lavorativa riconosciuta in prime cure) non trova riscontro negli atti, non contenendo il ricorso in appello una sua esplicita, specifica formulazione, mentre la seconda pone una questione che, per la sua natura esclusivamente giuridica – involgendo l’astratta configurabilità del diritto dell’operaio agricolo a tempo determinato alla inclusione della cd. “quota di TFR” nella retribuzione contrattuale utile per il calcolo della indennità di disoccupazione – è risolta direttamente da questa Corte con l’affermazione della insussistenza di un diritto di tale contenuto (e della infondatezza, quindi, della domanda ad esso relativa, così come proposta dall’odierno ricorrente), senza necessità di attivare il contraddittorio mediante il meccanismo di cui all’art. 384, comma 3, c.p.c., tenuto conto del proprio consolidato orientamento nei termini appena espressi ( tra tante, Cass. n. 200, n. 202, n. 11152, n. 18516 del 2011, n. 8510 del 2012, n. 10461 del 2013) e dell’intervento legislativo di cui all’art. 18, comma 18, del d.l. n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, nella legge n. 111 del 2011, che vi ha dato esplicito avallo autenticamente interpretando l’art. 4 d.lgs. n. 146 del 1997 nel senso che: “la retribuzione utile per il calcolo delle prestazioni temporanee in favore degli operai agricoli a tempo determinato non è comprensiva della voce relativa al trattamento di fine rapporto, comunque denominato dalla contrattazione collettiva”.
5. In conclusione il ricorso va accolto, non applicandosi nel caso di specie la decadenza di cui all’art. 47 del d.p.r. n. 639/70 (e succ. modifiche) e, cassata, per l’effetto, la sentenza impugnata, la causa è decisa nel merito con il rigetto della domanda.
6. La problematicità della materia del contendere e l’esito complessivo della lite giustificano la compensazione tra le parti delle spese dell’intero processo.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda. Compensa fra le parti le spese dell’intero processo.
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