CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 19 giugno 2013, n. 15394
Società cooperative – Validità del bilancio per i crediti verso i soci – Limiti – Efficacia probatoria
Svolgimento del processo
Con decreto n.235/93, il Tribunale di Latina, su ricorso della Cooperativa sportiva M. s.c.r.l., ingiungeva ad A. S., socio della stessa che aveva svolto le funzioni di Presidente sino alla nomina del successore, deliberata nella riunione assembleare del 24 aprile 1988, il pagamento della somma di lire 9.785.075 in forza di bilancio consuntivo dell’esercizio 1990 e del relativo stato di riparto approvato dall’assemblea. Proponeva opposizione avverso il decreto lo S., deducendo di avere impugnato la delibera approvativa del bilancio e contestando comunque nel merito la pretesa. La cooperativa, costituitasi, resisteva all’opposizione, precisando che la somma di lire 3.239.000 corrispondeva al valore di una enciclopedia IPSOA indebitamente trattenuta dallo S. dopo la cessazione dalle funzioni di presidente, mentre lire 4-000.000 erano dovute per indebito incasso del compenso per lo svolgimento di tali funzioni da gennaio ad aprile 1988. il Tribunale, all’esito dell’istruttoria documentale, rilevato che la delibera approvativa del bilancio 1990 era stata dichiarata nulla con sentenza confermata in appello, e che comunque la cooperativa non aveva fornito prova del credito dedotto inerente ad appropriazione di somme di denaro e di cose appartenenti alla società, accolse l’opposizione e revocò quindi il decreto opposto. L’appello proposto dalla Cooperativa, al quale resisteva lo S., è stato rigettato dalla Corte d’appello di Roma. La quale, premesso che la società appellante ha precisato che la somma di lire 4.000.000 corrisponde agli otto dodicesimi del compenso per l’anno 1988 indebitamente percepiti dallo S. in quanto relativi al periodo successivo alla sua cessazione dalla carica a fine aprile, ha osservato: a) che, così come in effetti è secondaria la circostanza che il bilancio 1990 sia stato annullato, così anche i contenuti dei bilanci degli esercizi 1988 e 1989 – la cui mancata impugnazione da parte dello S. veniva evidenziata in atto di appello-possono, al più, fornire elementi di carattere indiziario ma giammai assurgere ad una sorta di “autocertificazione” delle pretese della cooperativa, la quale soggiace invece, secondo le regole ordinarie, all’onere della prova degli indebiti allegati; b) che, con riguardo alla percezione della somma di lire 4.000.000, la cooperativa non ha fornito dimostrazione che tale somma eccedesse la misura del compenso che lo S. avrebbe dovuto percepire per quattro mesi, tenendo presente che dalla relazione accompagnatoria al bilancio 1988 redatto dai nuovi amministratori si evince che il compenso al presidente non era sino a quel momento erogato a mesi o ad anno, e che nel bilancio stesso la somma figurava non tra i crediti ma tra i costi e nel bilancio successivo tra i conti d’ordine, scelta da ritenere correlata alla incertezza degli amministratori circa la consistenza del credito in questione; c) che, con riguardo alla somma di lire 3.239.000, prima ancora della dimostrazione dell’appartenenza del bene in questione al patrimonio sociale (considerando peraltro che ciò non risulta dal bilancio 1988, ove pure la spesa relativa risulta annotata tra i costi), manca la concreta individuazione del bene stesso e del suo valore, tenendo presente che alla individuazione di una non meglio precisata “enciclopedia tecnica IPSOA” lo S. contrappone che trattavasi di giornali e riviste – il cui costo gli veniva rimborsato per lo svolgimento delle funzioni – andati in gran parte distrutti come di solito accade per pubblicazioni del genere dopo la consultazione, senza che in contrario possa assumere rilevanza la promessa dello S. di restituzione di alcuni numeri conservati, non essendo stata accordata dalla Cooperativa l’alternativa prevista dall’art. 639 c.p.c.; d) che infine la mancata dimostrazione delle indicate voci di credito comporta l’infondatezza anche della residua pretesa di lire 2.468.880 a titolo di interessi su tali somme, inammissibile e comunque indimostrata essendo la diversa qualificazione data riguardo a tale voce nell’atto di appello.
Avverso tale sentenza, resa pubblica in data 21 luglio 2005, la Cooperativa ha, con atto notificato il 3 luglio 2006, proposto ricorso a questa Corte affidato a sei motivi, cui resiste lo S. con controricorso e ricorso incidentale condizionato per tre motivi, al quale la Cooperativa a sua volta replica con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.
Motivi della decisione
Si impone innanzitutto la riunione dei due ricorsi a norma dell’art. 335 cod.proc.civ.
Con il primo, il secondo, il terzo ed il sesto motivo del ricorso principale si censurano le statuizioni in ordine al valore probatorio delle delibere approvative dei bilanci 1988 e 1989 non impugnate dai soci.
2.1. Il primo denuncia l’omessa o insufficiente motivazione sul valore da attribuire, ai fini della prova della sussistenza del credito vantato dalla Cooperativa alla restituzione di parte del compenso ricevuto dallo S., alla mancata impugnazione di tali bilanci, nei quali figurava, nel primo in allegato e nel secondo tra i conti d’ordine, la voce “conto sospesi ex presidente” con l’importo di lire 7.239.000: la Corte di merito non avrebbe fornito sufficiente spiegazione del perché abbia ritenuto di negare valore a tale mancata impugnazione.
2.2 II secondo motivo denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2364 n. 1 e 2377 cod.civ., il cui disposto implicherebbe che i crediti della Cooperativa verso i soci appostati nei bilanci, suddetti siano divenuti definitivi ed incontestabili dai soci.
2.3. Il terzo motivo denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2424, 2425 e 2425 bis cod.civ. in relazione alle valutazioni tratte dalla Corte di merito dalla iscrizione nel bilancio 1988 dell’importo di lire 5.900.000 (comprensivo di i.v.a.) corrisposto allo S. non tra i crediti ma solo tra i costi e spese e dalla iscrizione nel bilancio 1989 della somma complessiva di lire 7.239.000 tra i conti d’ordine.
2.4. Il sesto motivo denuncia l’omessa o insufficiente motivazione in ordine alla incertezza degli amministratori sul credito in questione, desunta dai bilanci 1988 e 1989: la Corte di merito non avrebbe considerato che il credito risultava evidenziato già nel verbale del C.d.A. del 2.1.1989 e nella lettera del 22.6.69 allo S., né avrebbe tenuto realmente conto delle – pur riportate in sentenza – ragioni della collocazione del credito tra i conti d’ordine, indicate nella relazione degli amministratori al bilancio 1989 (“evitare che la pertinente appostazione tra i crediti ridimensionasse nell’anno il valore di conguaglio di cassa dovuto dai soci”).
2.5. A tali argomentazioni la Cooperativa ha aggiunto, nella memoria difensiva, che il credito qui in discussione sarebbe stato inserito nei bilanci degli esercizi del 1991 e del 1993, il primo non impugnato ed il secondo costituente oggetto di un giudizio pendente presso questa Corte, ed ha prodotto documentazione al riguardo. Si tratta, tuttavia, di allegazioni in fatto che si palesano inammissibili perché nuove, al pari della produzione documentale che viola il disposto dell’art. 372 cod.proc.civ.
3. Le doglianze sopra riassunte non meritano accoglimento.
3.1. In ordine alle dedotte violazioni di norme di diritto, è vero che il bilancio di una società approvato dalla assemblea, stante l’efficacia vincolante che – a norma dell’art. 2377 comma 1 cod.civ. – la relativa delibera riveste nei confronti di tutti i soci (anche assenti o dissenzienti, in mancanza di impugnazione), costituisce, in deroga al disposto dell’art. 2709 cod.civ., piena prova dei crediti della società (nei confronti dei soci stessi) che risultino chiaramente indicati nel bilancio approvato (cfr. Sez. 1 n. 22475/06; n. 21831/05/ Sez. L n. 8938/1997). Ma tale efficacia vincolante, e quindi probatoria, dei bilanci approvati può ravvisarsi, per l’appunto, solo in relazione ai crediti che ivi risultino chiaramente indicati. Dalla sentenza di merito risulta invece come tale fattispecie non ricorra, in relazione alla pretesa creditoria della quale si controverte, nei bilanci degli esercizi 1988 e 1989 ai quali ha fatto riferimento la Cooperativa in atto di appello. La Corte territoriale ha infatti evidenziato, senza ricevere censure in fatto nel ricorso, che la somma in questione non risulta indicata tra i crediti nei bilanci suddetti, essendo solo rinvenibile, in allegato nel primo bilancio e tra i conti d’ordine nel secondo, la voce “conto sospesi ex presidente”. Ad una iscrizione supplementare siffatta non può – a prescindere dalla sua correttezza nella specie alla luce dei principi contabili-comunque attribuirsi il valore di rappresentare chiaramente l’esistenza di un credito certo della società nei confronti dell’ ex presidente, se solo si considera la ratio di tali sistemi supplementari cd. “incompleti”, come i conti d’ordine, che è quella di non influenzare la rilevazione contabile del patrimonio e del reddito. Del resto, anche la relazione degli amministratori al bilancio 1989, nel passo trascritto in ricorso e sopra riportato, conferma che non si era inteso appostare la somma in questione tra i crediti della società. Rettamente, dunque, la Corte di merito non ha considerato tali risultanze dei bilanci idonee a costituire prova di un credito che non risultava chiaramente indicato in tali documenti contabili.
3.2. Quanto poi al denunciato vizio di motivazione sulla medesima questione del valore non vincolante delle suddette risultanze di bilancio, pare sufficiente osservare come, da un lato, la sentenza impugnata evidenzi puntualmente, come già si è detto, i dati di fatto sui quali ha basato il suo convincimento; e, d’altro lato, eventuali carenze nella motivazione in diritto non possano costituire oggetto della denuncia di un vizio ex art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c., quando la decisione è conforme a diritto (art. 384 ultimo comma c.p.c.).
4. Con il quarto motivo la Cooperativa denuncia l’omessa o insufficiente motivazione sulla appropriazione del compenso non dovuto e di un bene societario, deducendo in particolare: a) che, valorizzando la circostanza del rilascio, da parte dei nuovi amministratori, della certificazione della ritenuta d’acconto sul compenso autocorrispostosi dallo S., la Corte di merito non avrebbe considerato che la certificazione in questione era un atto dovuto; b) che, in ordine alla individuazione del bene del quale lo S. si è appropriato, questo risulterebbe dalle nove fatture prodotte come un’opera enciclopedica completa, la cui appartenenza al, patrimonio sociale risulterebbe ammessa dallo stesso S. quando in comparsa di risposta ha affermato che la relativa spesa era stata sostenuta dalla società.
4.1. Le statuizioni sulla infondatezza della domanda relativa alla enciclopedia vengono censurate, con il quinto motivo, anche sotto il profilo della violazione o falsa applicazione dell’art. 639 c.p.c. Si sostiene che il richiamo, operato nella sentenza impugnata, a tale norma è completamente fuori luogo in quanto la Cooperativa non ha, in sede di ingiunzione, chiesto la restituzione dell’enciclopedia bensì il pagamento del valore corrispondente, dopo infruttuose richieste stragiudiziali di restituzione.
5. Neppure tali doglianze meritano accoglimento. Quanto ai vizi di motivazione, si osserva che la motivazione in ordine alla insussistenza della prova di un’indebita percezione del compenso risulta basata su molteplici elementi concordanti, tra i quali figura anche la condotta dei nuovi amministratori, con l’incerta collocazione nei bilanci 1988 e 1989 della pretesa restitutoria e la certificazione della ritenuta d’acconto. La critica sul punto esposta nel motivo non è apprezzabile perché, oltre ad attingere solo uno degli elementi valutati dal giudice di merito, si basa essenzialmente sulla evidenziazione della omessa considerazione di un dato di fatto – l’essersi lo S. già autocorrisposto il compenso in questione – senza la precisa indicazione della fonte di prova, in atti, dalla quale tale dato risultasse. In ordine poi alla dedotta lettura disattenta delle nove fatture prodotte, che secondo la ricorrente consentirebbero l’individuazione di un’opera enciclopedica completa con aggiornamenti, va rilevato come il convincimento espresso dalla Corte di merito in ordine alla inidoneità dei documenti in atti a provare che le pubblicazioni in questione, costituissero una non meglio precisata enciclopedia tecnica dell’IPSOA, e tantomeno a provarne il valore, appare congruamente e non illogicamente motivato e non è suscettibile di riesame in questa sede di legittimità. Riesame al quale in effetti risulta diretto il ricorso, peraltro sulla base di dati che, dalla stessa sommaria esposizione contenuta nel ricorso stesso, non appaiono idonei a condurre a conclusioni diverse da quelle raggiunte dal giudice di merito. Analoghe considerazioni valgono per la valutazione della circostanza relativa al rimborso allo S. della spesa di acquisto da parte della Cooperativa, che la Corte di merito non ha ritenuto, sufficiente a provare che si trattasse di bene di proprietà della società sulla base della non illogica considerazione che il bilancio 1988, nel quale la spesa risulta iscritta, non riporta la pretesa enciclopedia tra i beni sociali.
5.1. Infine, la denuncia di violazione dell’art. 639 c.p.c. non coglie la ratio del riferimento a tale norma espresso nella sentenza di merito: la Corte d’appello non ha ritenuto illegittima la domanda in virtù di tale norma, ha solo inteso evidenziare l’irrilevanza della promessa dello S. di restituire qualche numero delle riviste di particolare interesse, dal momento che la Cooperativa non aveva richiesto la restituzione in natura, bensì il pagamento del controvalore di un’intera opera enciclopedica della quale non aveva neppure provato l’esistenza come tale.
6. Il rigetto del ricorso principale si impone dunque, restando in tale pronuncia assorbito il ricorso incidentale condizionato. Le spese di questo giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale, dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato; condanna la ricorrente M. s.c.r.l. al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità, in € 2.200,00 – di cui € 2000 per compenso – oltre accessori di legge.
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