CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 25 giugno 2013, n. 15928
Lavoro – C.c.n.l. 4 maggio 1989, modificato dal c.c.n.l. 5 febbraio 1992 degli assistenti di volo – Impiego minimo di 40 ore di volo mensili – Maggiorazione oraria della retribuzione per le ore successive – Superamento a seguito di cumulo tra ore effettive di volo e ore di addestramento o di ferie – Riduzione proporzionale dei coefficienti di calcolo della maggiorazione oraria nella misura di una unità
Svolgimento del processo
Gli odierni intimati, assistenti di volo alle dipendenze dell’Alitalia – Linee Aeree Italiane s.p.a., chiesero al giudice del lavoro del Tribunale di Roma l’accertamento del diritto alla fruizione dell’indennità di volo nei periodi di ferie e di addestramento, dal momento che la datrice di lavoro aveva violato l’art. 7 del c.c.n.l di riferimento nell’applicazione dei relativi coefficienti, nonché la condanna della convenuta al pagamento delle somme ancora dovute. Secondo i ricorrenti la violazione di tale norma collettiva era consistita nel fatto che la società aveva ridotto arbitrariamente di una unità i coefficienti ai fini del calcolo dell’indennità in esame che spettava per le ore di volo ulteriori rispetto ai limiti proporzionalmente ridotti, e ciò fino al completamento delle quaranta ore mensili, il cui pagamento era in ogni caso contrattualmente garantito.
Il giudice adito, pur accertando il diritto dei lavoratori al ricalcolo dell’indennità di volo, nel senso che questa doveva essere riproporzionata solo alle ore di volo prestate e non ai coefficienti di moltiplicazione, respinse le domande per difetto di allegazioni e prova circa la loro quantificazione.
A seguito di impugnazione principale da parte dei lavoratori e di impugnazione incidentale della società di volo, la Corte d’appello capitolina, con sentenza non definitiva del 14/11/07 – 19/6/08, ha parzialmente riformato la decisione gravata, respingendo le eccezioni dell’Alitalia, mentre ha dichiarato il diritto degli appellanti principali all’indennità di volo di cui all’art. 7 del c.c.n.l in caso di addestramento o di ferie da riproporzionare al numero di ore e non già al coefficiente di moltiplicazione, dopo aver osservato che i limiti di cui alla norma contrattuale non potevano ragionevolmente riferirsi ai coefficienti, sui quali la società aveva preteso infondatamente di poter intervenire, ma al ridotto numero di ore dovuto ai periodi trascorsi in ferie o in addestramento.
Per la cassazione della sentenza propone ricorso l’Alitalia – Linee Aeree Italiane -s.p.a che affida l’impugnazione ad un solo motivo di censura.
Rimangono solo intimati i lavoratori di cui in epigrafe.
La ricorrente deposita, altresì, memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
Motivi della decisione
Con l’unico motivo di ricorso si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 7 parte speciale Alitalia del ccnl 4 maggio 1989, così come recepito e parzialmente modificato dal ccnl 5 febbraio 1992 “degli assistenti di volo dipendenti da Compagnia di navigazione aerea a partecipazione statale”, nonché dell’art. 1362 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.
La ricorrente pone l’attenzione sul fatto che la questione oggetto di causa concerne l’esame dell’avvenuta corretta corresponsione dell’indennità di volo con le relative maggiorazioni previste dall’art. 7 del ccnl degli assistenti di volo Alitalia attraverso l’erogazione delle maggiorazioni contemplate dal quarto comma di tale norma collettiva allorquando, per effetto del godimento di ferie o di addestramento, cioè per circostanze assimilate all’attività di volo, è stata effettuata l’operazione di riproporzionamento.
Viene, pertanto, posto il seguente quesito di diritto: “Viola l’art. 7 del ccnl 4-5-1989, così come recepito e parzialmente modificato dal ccnl 5 febbraio 1992 «degli assistenti di volo dipendenti da Compagnia di navigazione aerea a partecipazione statale» l’interpretazione fornita dal giudice di merito secondo cui in caso di riproporzionamento della soglia a partire dalla quale scatta la maggiorazione della indennità di volo, dal nuovo limite così riproporzionato e fino alla quarantesima ora è dovuta, in aggiunta alla unità già corrisposta nella indennità di volo garantita una ulteriore unità e la relativa maggiorazione?”
Il ricorso è fondato.
Invero, questa Corte (Cass. Sez. Lav. n. 4008 del 18/2/2008), nell’affrontare la questione in esame, ha già avuto modo di affermare che “ai sensi dell’art. 7 punto 4, parte speciale Alitalia del CCNL 4 maggio 1989, come recepito e modificato dal CCNL 5 febbraio 1992 degli assistenti di volo dipendenti da Compagnia di navigazione aerea a partecipazione statale, il superamento dell’impiego minimo di 40 ore di volo nel mese va retribuito, per le ore successiva alla quarantesima, con la maggiorazione oraria calcolata secondo i coefficienti previsti dallo stesso art. 7 punto 4, ma, ove ciò si verifichi per effetto del cumulo tra ore effettive di volo (in misura inferiore a tale limite) ed ore di addestramento o di godimento ferie, con la riduzione di una unità, rispondendo tale interpretazione alle finalità della norma collettiva di tutela del personale esposto a situazioni di maggiore usura e di protratta esposizione al volo a seguito di impiego effettivo.” In particolare si è spiegato che la disciplina in esame, prevede all’art. 7 punto 1 della summenzionata contrattazione collettiva l’erogazione di una indennità oraria di volo in misura fissa, secondo importi differenziati in relazione alla qualifica del personale, e con incrementi correlati all’anzianità (punto 2). Invero, secondo il punto 3, “all’assistente che svolge servizio di linea è garantito un impiego mensile non inferiore a 70 ore di volo; ove per qualsiasi motivo, escluse le mancanze disciplinari, tale impiego minimo non sia raggiunto nel corso di ciascun mese, all’assistente è ugualmente dovuta l’indennità corrispondente a 70 ore di volo”. Con accordo del 2 febbraio 1992 è stato stabilito di “riproporzionare da 70 a 40 ore l’attuale pacchetto garantito dell’indennità di volo”. Il punto 4 stabilisce che “a decorrere dalle date sotto indicate, per ogni ora di volo compiuta oltre le 40 ore nel mese, sarà corrisposta l’indennità oraria di volo di cui al precedente punto 1, comprensiva del premio orario per anzianità, moltiplicata per i coefficienti appresso indicati da 1.7.92 da 1.2.93 da 41 ore e fino a 45 ore 1,93 2,71 da 46 ore e fino a 60 ore 2,45 2,98 da 61 ore e fino a 70 ore 3,15 3,50 oltre 70 ore 4,03 4,38. Nel corso del mese durante il quale si verifichi l’addestramento o il godimento delle ferie i limiti di cui sopra vengono ridotti in misura proporzionale”.
La questione riguarda, come si è visto, l’applicazione del meccanismo di riproporzionamento previsto dall’ultimo comma della norma sopra riportata per il caso di ferie o attività addestrativa. Specificamente, si tratta di stabilire (indipendentemente dal diritto alla indennità garantita corrispondente a 40 ore di volo) la misura della maggiorazione spettante nell’ipotesi di superamento della soglia di 40 ore nel mese, quando tale soglia sia raggiunta con l’espletamento di un numero inferiore di ore di impiego effettivo, per effetto del computo di ulteriori ore di ferie o attività addestrativa. È chiaro infatti che nessun problema di applicazione della maggiorazione può porsi sia nell’ipotesi di superamento delle 40 ore in impiego effettivo (in cui si deve far riferimento diretto alla tabella dei coefficienti), sia in quella di prestazione inferiore alle 40 ore anche con il calcolo dei tempi di ferie o addestramento (compensata comunque con il minimo garantito).
Il problema interpretativo riguarda, dunque, il significato dell’espressione “i limiti di cui sopra vengono ridotti in misura proporzionale”. La società ricorrente sostiene che, nell’ipotesi considerata di impiego effettivo per un numero di ore inferiore alle 40 mensili, al quale si sommino ore di ferie o addestramento, la norma contrattuale comporta il riconoscimento del compenso base fino a tale soglia come indennità di volo garantita, mentre a titolo di maggiorazioni orarie deve corrispondersi solo quanto dovuto in più oltre a questa base, e cioè con coefficienti determinati in misura inferiore, e non superiore all’unità (ad esempio, 0,55 e non 1,55).
Si deve subito rilevare che il dato testuale è certamente ambiguo e consente di per sé scelte di lettura alternative. La difficoltà interpretativa deriva dal richiamo dell’ultima parte del punto 4 dell’art. 7 alle proposizioni precedenti, mediante l’espressione “i limiti di cui sopra”; infatti queste proposizioni non fissano dei limiti, ma enunciano criteri di calcolo indicando elementi rappresentati dai coefficienti di maggiorazione e dalle fasce orarie, nessuno dei quali è riferibile ad un’accezione propria di limite. La portata della clausola collettiva può essere ricostruita -superando questa difficoltà lessicale – solo mediante un’interpretazione complessiva delle varie proposizioni sopra riportate, tale da stabilire come lo strumento del coefficiente di moltiplicazione possa essere utilizzato per raggiungere le finalità stabilite dalle parti stipulanti. Nell’ipotesi di superamento della soglia delle 40 ore per effettivo impiego lavorativo, il dipendente ha diritto a percepire, oltre alla indennità garantita nell’ambito del “pacchetto” delle quaranta ore, delle somme determinate moltiplicando per ciascuna ora il compenso orario di base per il coefficiente. La tesi seguita dal primo giudice, secondo cui il riproporzionamento dovrebbe essere operato sulle fasce orarie, oltre a non trovare una diretta conferma nel dato letterale (per il quale si è già rilevata l’inidoneità dell’espressione “limiti” a designare, e quindi a distinguere, gli scaglioni orari e i coefficienti) non vale a spiegare come possa svolgersi l’operazione di riproporzionamento, che dovrebbe incidere su scaglioni fissi di ore (dalla 41a alla 45a, e così via), e cioè gruppi distinti di elementi per i quali non sono stabiliti, né risultano ipotizzati, mancando una definizione dei termine della relazione, criteri di riduzione proporzionale. Questa può essere compiuta solo sui valori numerici del compenso pattuito, per i quali può essere certamente stabilita una proporzione, e cioè una relazione matematica che intercorre tra più entità, tale da stabilire un rapporto costante tra elementi corrispondenti, con riguardo al coefficiente (con cui si designa un numero che moltiplica una quantità indeterminata). La funzione del coefficiente superiore all’unità è quella di remunerare, con la prima unità, un’ora di volo effettivo oltre la quarantesima. In caso di impiego totalmente effettivo, l’applicazione dell’intero coefficiente (superiore all’unità) per il calcolo dell’indennità spettante per l’ora successiva alla 40a è pienamente giustificata dalla necessità di remunerare un’ulteriore ora effettivamente volata, non compresa nel “pacchetto garantito”. Nell’ipotesi che qui rileva, e cioè di superamento delle 40 ore mensili per effetto del computo dei periodi di ferie ed addestramento, il calcolo dell’indennità con la moltiplicazione del compenso base per l’intero coefficiente comporta l’attribuzione dell’intero compenso base più la maggiorazione, col risultato che il dipendente percepisce un doppio compenso orario di base (quello compreso nel “pacchetto garantito” delle 40 ore, più quello dell’ora successiva alla 40a, con la maggiorazione), in relazione al computo di un numero di ore superiore a quelle effettivamente volate. L’applicazione della riduzione proporzionale alle fasce orarie non risulta concretamente operabile, in assenza di criteri direttamente rinvenibili nell’assetto negoziale. La riduzione proporzionale può essere invece operata per il coefficiente, con eliminazione del calcolo dell’unità (ad esempio, da 1,93 a 0,93); questo criterio, escludendo la duplicazione di compenso nel senso sopra precisato, assicura la remunerazione con la sola maggiorazione dell’ora che supera il limite delle 40 ore per effetto del computo di ferie ed addestramento, in assenza di un numero di ore effettivamente volate oltre tale soglia. Ciò corrisponde pienamente alle finalità di tutela del personale stabilite dalla norma collettiva in relazione all’esigenza di “compensare la maggiore usura e la protratta esposizione in volo degli assistenti di volo”; è evidente, infatti, che tale garanzia va correlata alla durata dell’impiego effettivo.
Pertanto, in perfetta adesione a quanto già statuito da questa Corte col richiamato precedente, può affermarsi che la clausola contenuta nell’art. 7 punto 4, parte speciale Alitalia del CCNL 4 maggio 1989, così come recepito e parzialmente modificato dal CCNL 5 febbraio 1992 degli assistenti di volo dipendenti da Compagnia di navigazione aerea a partecipazione statale, si interpreta nel senso che nel caso di superamento dell’impiego minimo di 40 ore di volo nel mese per effetto del cumulo di ore effettive di volo (in misura inferiore a tale limite) e impiego in addestramento o godimento di ferie le ore successive alla 40a devono essere compensate con la maggiorazione oraria prevista dai coefficienti di cui allo stesso punto 4 dell’art. 7, ridotta di un’unità del coefficiente applicabile”. Quindi, il ricorso va accolto e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 co. 2° c.p.c, col rigetto delle domande.
Per la novità e particolarità delle questioni trattate si ravvisano giusti motivi per compensare interamente tra le parti le spese dell’intero processo.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta le domande. Compensa le spese.
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