Corte di Cassazione sentenza n. 16174 del 25 luglio 2011
AVVOCATO – CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE – PROCEDIMENTO E SANZIONI DISCIPLINARI: IN GENERE – LIBERO PROFESSIONISTA
massima
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A norma dell’art. 50 R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, è ammissibile il ricorso al Consiglio nazionale forense contro la deliberazione con la quale il Consiglio dell’ordine stabilisce d’iniziare il procedimento disciplinare contro un avvocato.
In tema di procedimento disciplinare a carico di un avvocato, alla luce di una interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 50 del R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, al fine di consentire, nell’attuazione dei principi del giusto processo, della sua ragionevole durata e dell’effettività della tutela, di cui all’art. 111, primo e secondo comma, Cost., un più rapido intervento giudiziario sulla legittimità dell’avvio del procedimento, deve ritenersi ammissibile – Cass. civ., sez. un., 15 dicembre 2008, n. 29294; idem Cass. civ., sez. un., 8 novembre 2010, n. 22624 – il ricorso al Consiglio nazionale forense volto a censurare la decisione con la quale il locale Consiglio dell’Ordine abbia stabilito d’iniziare il procedimento medesimo, restando affidata alla prudenza del Consiglio nazionale forense la valutazione, caso per caso, della circostanza che l’eccezione sollevata dal ricorrente sia attinente, in via esclusiva, alla legittimità della deliberazione contestata.
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato direttamente presso il CNF, l’avv. S.S. lamentava violazione di legge, argomentando nel senso che il COA di Mondovì avrebbe assunto una iniziativa disciplinare contro di lui quando egli, per il medesimo fatto, era stato invitato a presentare le sue discolpe dal Presidente del COA di Milano, che a seguito delle sue osservazioni al riguardo, aveva archiviato l’esposto stesso; tanto avrebbe determinato un conflitto di competenza tra i due COA e di tanto ci si doleva.
Il CNF, con decisione in data 20.3/27.10.2010, riteneva che il ricorso fosse inammissibile, segnatamente in ragione del fatto che un conflitto di competenza può essere sollevato esclusivamente da uno dei due Consigli in conflitto e non dall’incolpato.
Anche peraltro a voler considerare il ricorso come volto avverso l’apertura di un procedimento disciplinare, lo stesso sarebbe risultato inammissibile, in ragione del fatto che con lo stesso si sollevava un vizio attinente al merito della vicenda, mentre contro il provvedimento di apertura di un procedimento disciplinare possono prospettarsi solo vizi attinenti a profili di regolarità formale.
Per la cassazione di tale decisione ricorre l’avv. S., mentre gli intimati non hanno svolto attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminare alla valutazione del ricorso ne appare la qualificazione se è infatti vero che l’avv. S. si duole del fatto che, atteso il previo intervento sugli stessi fatti del COA di Milano, il COA di Mondovì non avrebbe avuto competenza a giudicare al riguardo, è pur vero che il legale intesta l’atto come ricorso per violazione di legge, inducendo lo stesso CNF a porsi la questione afferente alla legittimità dell’apertura del procedimento disciplinare, sia pure prospettando un profilo di competenza.
E in effetti, dall’esame dell’atto nel suo complesso, può legittimamente trarsi la conclusione che sia pure deducendo la lamentata violazione di legge dall’eccepita incompetenza del COA di Mondovì oltre che dalla insussistenza degli addebiti contestati, il legale abbia proposto ricorso avverso il provvedimento di apertura del procedimento.
Qualificato in tal modo il presente ricorso, deve rilevarsi che la giurisprudenza di questa Corte è orientata nel senso che in tema di procedimento disciplinare a carico di un avvocato, alla luce di una interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 50 del regio decreto legge 1578/1933, onde consentire, nella prospettiva del giusto processo (art. 111, primo e secondo comma, Cost.), un più rapido intervento di un giudice terzo ed imparziale sulla legittimità dell’avvio dell’anzidetto procedimento, deve ritenersi ammissibile il ricorso al C.N.F. avverso la decisione in cui il locale Consiglio dell’Ordine stabilisce di iniziare il procedimento medesimo (v. SS. UU. nn. 29294 del 2008; 22694 del 2010).
Tale riconoscimento è strettamente funzionale ai principi della ragionevole durata del processo e all’effettività della tutela, essendo inteso ad evitare una dispersione di energie processuali derivanti dall’avvio di un procedimento illegittimo.
Proprio per questa sua, in definitiva limitata, funzione, le ragioni che possono sorreggere l’impugnazione della deliberazione di avvio del procedimento disciplinare debbano essere strettamente attinenti ai profili, o alle condizioni di legittimità della delibera medesima.
Non è tuttavia possibile, rispetto alla specifica realtà delle diverse situazioni in ordine alle quali deve essere verificata l’ammissibilità dei motivi di impugnazione, stendere un completo catalogo delle ragioni opponibili, e dovrà necessariamente rimettersi alla prudenza del giudice, nella specie il C.N.F., per valutare, caso per caso, se l’eccezione sollevata dal ricorrente sia o meno attinente alla legittimità della delibera contestata.
Nel caso di specie il motivo addotto concerne incompetenza del COA deliberante; non può esservi dubbio che essa costituisce un necessario presupposto della legittimità della delibera adottata per l’avvio del procedimento disciplinare, atteso che solo un organo che ne abbia la competenza può legittimamente disporre l’avvio di un procedimento disciplinare.
Conseguentemente, il ricorso deve essere accolto e la decisione impugnata deve essere cassata con rinvio della causa al C.N.F. perché valuti la fondatezza o meno della eccezione sollevata dal ricorrente.
La relativa novità della questione giustifica la compensazione delle spese relative alla presente fase di giudizio.
P.Q.M.
la Corte accoglie il ricorso; cassa e rinvia al C.N.F. Compensa le spese del presente procedimento.
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