Corte di Cassazione sentenza n. 1620 del 23 gennaio 2013
LAVORO (RAPPORTO DI) – INDENNITA’: DI MISSIONE O TRASFERTA – NORMALE ATTIVITA’ LAVORATIVA – ATTIVITA’ LAVORATIVE IN LUOGHI SEMPRE DIVERSI – RETRIBUZIONI
massima
__________________
L’art. 51, sesto comma, del testo unico delle imposte sui redditi – in cui si prevede che le indennità e le maggiorazioni di retribuzione spettanti ai lavoratori tenuti per contratto all’espletamento delle attività lavorative in luoghi sempre diversi, pur se corrisposte con continuità, concorrano a formare il reddito, anche a fini contributivi, nella misura del cinquanta per cento – si riferisce, testualmente e per lo scopo perseguito, al caso in cui la normale attività lavorativa si debba svolgere contrattualmente al di fuori di una sede di lavoro prestabilita, ancorché l’assunzione del dipendente sia avvenuta per una determinata sede, e ha riguardo al pagamento di un’indennità o maggiorazione erogata in ragione di questa caratteristica, anche se non in giorni quali ferie o malattia, e anche se in misura variabile in relazione alle località di volta in volta assegnate.
__________________
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO- MOTIVI DELLA DECISIONE
Ritenuto che il consigliere designato ha depositato la proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., dal seguente tenore:
“1.- Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Torino, confermando la statuizione di primo grado, rigetta il ricorso proposto dalla F.s.n.c. di B.V. e C. nei confronti dell’INPS, avverso il verbale di accertamento ispettivo n. (OMISSIS), contenente la richiesta di pagamento dei contributi sul 50% delle somme erogate dalla società ai propri dipendenti sotto le voci indennità di trasferta, per il periodo 1° gennaio 2003-31 dicembre 2007.
2.- La Corte d’appello di Torino precisa che: 1) la società lamenta principalmente che il Tribunale abbia erroneamente inquadrato i dipendenti nella categoria dei trasferisti, benché l’indennità di trasferta fosse loro erogata soltanto in relazione a trasferte effettive e non in via continuativa, in quanto i lavoratori erano stati assunti per una precisa sede aziendale ove si recavano quotidianamente per svolgere parte delle loro mansioni per poi partire da lì per trasferte giornaliere; 2) conseguentemente, si dovrebbe applicare la disposizione di cui al D.Lgs. n. 314 del 1997, art. 3, comma 5, e le indennità di trasferta in argomento sarebbero esenti da contribuzione; 3) tuttavia, l’istruttoria svolta ha confermato tutte le circostanze addotte dall’INPS a fondamento della propria pretesa, sicché non vi alcun dubbio che i dipendenti della F. debbano essere inquadrati tra i trasferisti, essendo tenuti per contratto a svolgere l’attività lavorativa in luoghi sempre variabili e diversi ed essendo ininfluente l’indicazione nelle rispettive lettere di assunzione della sede aziendale come luogo di lavoro; 4) si deve, quindi, fare applicazione del D.Lgs. n. 314 del 1997, art. 3, comma 6, che non presuppone affatto che la corresponsione dell’indennità di trasferta sia continuativa, ma solo che avvenga in favore di lavoratori tenuti per contratto a rendere la prestazione in luoghi sempre diversi e variabili, come accade nella specie.
3. Il ricorso della F. s.n.c. di B.V. e C. domanda la cassazione della sentenza per tre motivi. Resiste, con controricorso, l’INPS, mentre SCCI s.p.a. Contabilizzazione crediti INPS non svolge attività difensiva.
4. I motivi del ricorso possono essere così sintetizzati:
1) in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 48 come modificato dal D.Lgs. 2 settembre 1997, n. 314 (oggi; art. 51 T.U.I.R.); illogicità, contraddittorietà e carenza di motivazione.
La ricorrente contesta l’interpretazione della normativa di riferimento adottata dalla Corte territoriale e, in particolare, sostiene che il comma 5, art. 48, su richiamato non richiede come affermato nella sentenza impugnata – il carattere della occasionalità delle trasferte o missioni per la relativa esenzione contributiva e, d’altra parte, le sentenze che la Corte torinese ha citato a supporto della propria tesi (Cass. 30 ottobre 2002, n. 15360 e Cass. 22 aprile 2005, n. 8468) riguarderebbero fattispecie diverse da quella oggetto del presente giudizio.
In altre parole, il presupposto ermeneutico viziato sarebbe rappresentato dal fatto che la differenza tra il regime fiscale e contributivo dei lavoratori rispettivamente contemplati nei commi quinto e sesto del suddetto art. 48 non è, come affermato dalla Corte territoriale, la modalità della prestazione, ma la modalità di erogazione del compenso per le trasferte: si tratta cioè di stabilire se il compenso è corrisposto solo in occasione della trasferta ovvero come componente predeterminata della retribuzione, sganciata dalla effettiva effettuazione della trasferta.
Del resto, anche nel messaggio dell’INPS 5 dicembre 2008, 27271, acquisito agli atti ma non menzionato dalla Corte torinese, l’Istituto avrebbe espresso il suddetto avviso.
2) In relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, falsa applicazione dell’art. 51, comma 6 cit. T.U.I.R.; insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo della controversia.
Si sostiene che, anche volendo seguire il ragionamento della Corte d’appello, ugualmente la disciplina applicata non potrebbe riguardare la presente fattispecie per non essere i dipendenti della F. tenuti per contratto ad espletare la propria attività lavorativa in luoghi sempre diversi e variabili.
La diversa affermazione della Corte territoriale – effettuata dopo aver dato atto che tutti i contratti individuali di assunzione indicavano la sede aziendale come luogo di lavoro – sarebbe del tutto apodittica e illogica.
3) In relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2700 c.c., artt. 115, 420, 421 e 437 c.p.c.; insufficiente motivazione.
Si sostiene che, per la ricostruzione dei fatti, la Corte territoriale avrebbe valorizzato le dichiarazioni rese dall’ispettore INPS verbalizzante, mentre avrebbe ignorato la maggior parte delle deposizioni dei lavoratori interessati e non avrebbe dato rilievo al fatto che l’INPS non ha rispettato l’onere della prova a suo carico in ordine alla sussistenza degli estremi della fattispecie sulla cui base è stato chiesto il pagamento dei contributi. Su tali basi viziate la Corte territoriale è arrivata ad affermare che i dipendenti della società F. erano trasferisti, benchè l’Istituto non lo avesse mai sostenuto.
5. I motivi di ricorso – da trattare congiuntamente, data la loro intima connessione – appaiono palesemente da non accogliere, per le seguenti ragioni.
Il regime fiscale e contributivo previsto per l’indennità di trasferta (situazione caratterizzata, a parte la denominazione adottata, dal mutamento temporaneo del luogo di esecuzione della prestazione, nell’interesse e su disposizione unilaterale del datore di lavoro) è stato dettato, ratione temporis, prima dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 48, comma 4 – modificato una prima volta dal D.L. n. 41 del 1995, art. 33, comma 3, convertito con modificazioni dalla L. n. 85 del 1995 – e, poi, a decorrere dal 1 gennaio 1998, dal citato D.P.R. n. 917, art. 48, commi 5 e 6, nel testo sostituito dal D.Lgs. n. 314 del 1997, art. 3 e, da ultimo, dall’art. 51, comma 5 e 6, del nuovo T.U.I.R., introdotto dal D.Lgs. n. 344 del 2003, art. 1, in vigore dal 1° gennaio 2004.
Ne consegue che alla presente fattispecie si applica il suindicato art. 48, nel testo sostituito dal D.Lgs. n. 314 del 1997, art. 3, il cui comma 6 stabilisce che: Le indennità e le maggiorazioni di retribuzione spettanti ai lavoratori tenuti per contratto all’espletamento delle attività lavorative in luoghi sempre variabili e diversi, anche se corrisposte con carattere di continuità, le indennità di navigazione e di volo previste dalla legge o dal contratto collettivo … concorrono a formare il reddito nella misura del 50 per cento del loro ammontare ….
La società ricorrente censura, coi i suindicati motivi, la valutazione della Corte d’appello di Torino relativa alla applicabilità del suddetto comma 6 dell’articolo citato all’indennità di trasferta da essa corrisposta ai dipendenti in oggetto, assunti presso la sede di (OMISSIS) della azienda, che si occupa di manutenzione esterna principalmente di impianti antincendio, da montare in luoghi sempre differenti presso i diversi clienti.
La società sostiene infatti che al caso in esame sarebbe applicabile l’art. 51, comma 5, del nuovo T.U.I.R., sulla base delle seguenti considerazioni, trascurate o sottovalutate dalla Corte territoriale:
1) una circolare del Ministero delle finanze del 1997, ritenuta applicabile anche in materia di retribuzione previdenziale dal messaggio dell’INPS 5 dicembre 2008, 27271, secondo il quale la disciplina dell’art. 51, comma 6, del T.U.I.R., sarebbe applicabile unicamente per quelle indennità o maggiorazioni della retribuzione attribuite per tutti i giorni retribuiti, senza distinguere se il dipendente si è effettivamente recato in trasferta e dove questa si è svolta; 2) la conseguente configurabilità della figura del trasfertista, ai sensi della norma indicata, esclusivamente nei confronti del dipendente che: a) per contratto non ha una sede di lavoro prestabilita; b) riceve una indennità di trasferta per tutti i giorni di lavoro retribuiti; c) indipendentemente dall’essersi recato o meno in trasferta; 3) gli operai di cui si tratta sono stati assunti con sede di lavoro stabilita consensualmente, la loro indennità non è fissa ma variabile in relazione alla destinazione e viene corrisposta solo quando il dipendente sia effettivamente in trasferta.
Come già affermato da questa Corte in una analoga controversia (Cass. 13 gennaio 2012, n. 396), l’unico problema da risolvere è quello (che compete esclusivamente all’autorità giudiziaria) della interpretazione delle pertinenti norme di legge citate, dettate in una materia (quella della definizione della retribuzione contributiva previdenziale) in cui il contratto collettivo, come quello individuale, non hanno possibilità di incidere.
I fatti cui applicare la disciplina indicata sono infatti pacifici, non avendo l’INPS mai contestato nè che i dipendenti siano stati assunti presso l’indicata sede aziendale nè che gli stessi vengano inviati ad installare gli estintori presso i clienti dislocati in varie località percependo l’indennità di trasferta solo quando si recano in località situate ad una certa distanza dalla sede aziendale.
Diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente attraverso il richiamo alla citata circolare del Ministero delle finanze e al messaggio dell’INPS, l’art. 51, comma 6, del T.U.I.R. (al pari della norma applicabile nella specie, ratione temporis) non richiede per la sua applicazione che le indennità e le maggiorazioni ivi previste siano corrisposte in maniera fissa e continuativa, anche indipendentemente dalla effettuazione della trasferta e dal tipo di essa.
Infatti, come ha esattamente rilevato anche la Corte territoriale, la norma indica come eventuale tale rigida continuità (anche se), mentre concentra il proprio nucleo percettivo significativo, in rapporto a quello del precedente comma, nel dato relativo ad una erogazione corrispettiva dell’obbligo contrattuale assunto dal dipendente di espletare normalmente le proprie attività lavorative in luoghi sempre variabili e diversi e quindi al di fuori di una qualsiasi sede di lavoro prestabilita.
Sede di lavoro, appunto e non mera sede di assunzione o comunque luogo in cui il dipendente non è chiamato a svolgere normalmente la propria attività lavorativa e costituente sostanzialmente mero riferimento per la gestione burocratica del rapporto di lavoro ovvero per l’esecuzione di compiti preparatori rispetto alle mansioni svolte. Questo essendo il significato della norma alla stregua del dato testuale e dello scopo perseguito dal legislatore (di trattare, al riguardo, in maniera differenziata chi per mestiere svolge la propria prestazione lavorativa subordinata in località sempre diverse, mentre il dato formale della assunzione in una determinata località, se questa non è anche la sede di lavoro non intercetta alcuna ragione di una differenziazione di trattamento), di essa la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione al caso esaminato.
In proposito, la Corte torinese ha infatti accertato che il lavoro dei dipendenti in argomento viene normalmente svolto in luoghi variabili e diversi, ed ha correttamente ritenuto irrilevante, sul piano considerato, il fatto che l’indennità venga corrisposta in importi variabili e non con continuità (vedi, in tal senso, oltre a Cass. 13 gennaio 2012, n. 396 cit., anche Cass. 25 gennaio 2012, n. 3824).
Restano assorbiti tutti gli altri motivi di censura”.
che, quindi, il relatore ha proposto la trattazione del ricorso in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380-bis e 375 c.p.c., per esservi rigettato per quanto detto in precedenza.
Considerato che il Collegio condivide la proposta di definizione contenuta nella relazione ex art. 380-bis c.p.c.;
che, pertanto, il ricorso deve essere rigettato perché infondato;
che le spese del presente giudizio di cassazione, liquidate nella misura indicata in dispositivo in favore dell’Istituto controricorrente, seguono la soccombenza;
che nulla va disposto per le spese in favore della società SCCI che non ha svolto attività difensiva in questa sede.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, in favore dell’INPS costituito, liquidate in Euro 40,00 per esborsi, Euro 190,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge.
Nulla spese per la parte rimasta intimata.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 04 agosto 2020, n. 16673 - In materia di trattamento contributivo dell'indennità di trasferta, l'art. 51, comma 6, del d.P.R. n. 917 del 1986, si applica ai lavoratori per i quali sussistono contestualmente le seguenti…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 13 gennaio 2012, n. 396 - L'art. 51, sesto comma del T.U.I.R. - il quale prevede che le indennità e le maggiorazioni di retribuzione spettanti ai lavoratori tenuti per contratto all'espletamento delle attività lavorative…
- Requisiti soggettivi ai fini della qualificazione come redditi diversi delle indennità di trasferta, dei rimborsi forfetari di spesa, dei premi e dei compensi erogati ai collaboratori sportivi nell'esercizio diretto di attività sportive…
- CORTE di CASSAZIONE - Ordinanza n. 29567 depositata il 25 ottobre 2023 - Al fine di determinare il trattamento economico per malattia spettante agli ufficiali giudiziari, non si computano l'indennità di trasferta ed il compenso in percentuale sui…
- INPS - Circolare 23 dicembre 2019, n. 158 - Elementi identificativi del c.d. trasfertismo di cui all’articolo 51, comma 6, del D.P.R. n. 917/1986 per i lavoratori tenuti per contratto all’espletamento delle attività lavorative in luoghi sempre…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 04 marzo 2020, n. 6095 - Licenziamento per giusta causa per indicazioni orari di inizio e fine trasferta diversi da quelli effettivi
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- L’indennità sostitutiva di ferie non godute
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 9009 depositata…
- Il giudice tributario è tenuto a valutare la corre
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 5894 deposi…
- Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10267 depositat…
- L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione
L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione, infatti il risparmio fiscale…
- Spese di sponsorizzazione sono deducibili per pres
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 6079 deposi…