Corte di Cassazione sentenza n. 16377 del 03 maggio 2012
SICUREZZA SUL LAVORO – INFORTUNI SUL LAVORO – OMISSIONE DELLE MISURE DI SICUREZZA NECESSARIE AD EVITARE CADUTE NEL VUOTO DEGLI OPERAI – RESPONSABILITA’ DATORE DI LAVORO
massima
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Vi è la responsabilità del rappresentante legale di una srl per aver omesso di approntare le misure di sicurezza necessarie per evitare cadute nel vuoto degli operai; nonchè il pericolo di danni all’integrità fisica degli stessi in relazione all’esecuzione dei lavori inerenti all’uso di seghe elettriche ed in relazione all’eventuale caduta dall’alto di materiale pericoloso.
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FATTO
1. Il Tribunale di Vasto, con sentenza emessa il 24/01/2007, dichiarava (Omissis), colpevole dei reati di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 7 gennaio 1956, n. 164, articoli 10, 33 e 35, articolo 77, lettera b); Decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, articoli 271, 381 e 389 – per avere, quale rappresentante legale della ” (Omissis) srl”, omesso di approntare le misure di sicurezza necessarie per evitare cadute nel vuoto degli operai; nonchè il pericolo di danni all’integrità fisica degli stessi in relazione all’esecuzione dei lavori inerenti all’uso di seghe elettriche ed in relazione all’eventuale caduta dall’alto di materiale pericoloso; il tutto come contestato in atti ai capi A), B), C), D), E), F) della rubrica – e lo condannava alla pena di euro 1.000,00 di ammenda; pena interamente condonata.
2. L’interessato proponeva ricorso per Cassazione, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione, ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e).
In particolare il ricorrente esponeva:
a) che nella fattispecie non sussistevano gli elementi costitutivi dei reati in esame, non risultando che (Omissis) avesse la veste di datore di lavoro;
b) che non risultava provata la notifica del verbale di accertamento delle violazioni contestate, con conseguente indicazione della somma da pagare a titolo di sanzione amministrativa, come prescritto dal Decreto Legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, articolo 21;
c) che la pena inflitta era eccessiva, tenuto conto del fatto che l’imputato aveva ottemperato alle prescrizioni impartite.
Tanto dedotto il ricorrente chiedeva l’annullamento della sentenza impugnata.
DIRITTO
1. Il ricorso è manifestamente infondato.
Il Tribunale ha congruamente motivato i punti fondamentali della decisione.
In particolare il giudice di merito, mediante un esame analitico ed esaustivo delle risultanze processuali come acquisite al procedimento, definito nelle forme del rito abbreviato, ha accertato che (Omissis), quale rappresentante legale della omonima società immobiliare (” (Omissis) srl”) e responsabile del cantiere edile, ubicato nella (Omissis) – nelle condizioni di tempo e di luogo come individuate in atti – aveva omesso di approntare le misure di sicurezza inerenti al pericolo di caduta nel vuoto degli operai ed alla integrità fisica degli stessi in relazione all’attività da svolgere nel cantiere; il tutto come contestato analiticamente nei capi di imputazione di cui alla rubrica. (Omissis) – cui era stato notificato, in sede di ispezione nel cantiere, il verbale di accertamento delle violazioni con indicazione delle prescrizioni da eseguire e della somma da pagare a titolo di sanzione amministrativa nel termine di giorni trenta – ottemperava alle prescrizioni, ma non provvedeva al pagamento della somma dovuta (vedi pagg. 1, 2 sentenza impugnata).
Ricorrevano, pertanto, nella fattispecie gli elementi costitutivi, soggettivo ed oggettivo, dei reati come contestati in rubrica.
2. Le censure dedotte nel ricorso sono generiche ed infondate perchè in contrasto con quanto accertato e congruamente motivato dal giudice del merito. Le doglianze attinenti alla misura della pena vanno disattese perchè inerenti a valutazioni di merito, immuni da errori di diritto, conformi ai parametri di cui all’articolo 133 cod. pen.
3. Va dichiarato, pertanto, inammissibile il ricorso proposto da (Omissis) con condanna dello stesso al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria che si determina in euro 1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
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