Corte di Cassazione sentenza n. 16787 del 29 luglio 2011
ASSOCIAZIONI E ATTIVITA’ SINDACALI – CONDOTTA ANTISINDACALE (FATTISPECIE) – LAVORO E PREVIDENZA (CONTROVERSIE IN TEMA DI) – PROCEDIMENTO: LEGITTIMAZIONE ATTIVA E PASSIVA
massima
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In tema di condotta antisindacale, non ha legittimazione ad agire in giudizio un sindacato che non abbia effettivamente stipulato accordi o contratti a livello nazionale; al riguardo è irrilevante rilievo l’affermazione del carattere nazionale del sindacato eventualmente contenuta nello statuto dell’organizzazione, atteso che lo statuto di per sé è rappresentativo solo di un prefigurato obiettivo o di un’autoqualificazione del sindacato stesso.
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Lo SLAI Cobas (Sindacato dei lavoratori autorganizzati intercategoriale) propose un ricorso ai sensi della L. n. 300 del 1970, art. 28, nei confronti di Videotime spa. Il ricorso fu rigettato e così l’opposizione dinanzi al Tribunale.
2. Il sindacato impugnò la decisione dinanzi alla Corte d’appello di Milano, che ha dichiarato inammissibile l’appello con sentenza pubblicata il 10 dicembre 2008, non ritenendo sussistente la legittimazione attiva dell’associazione sindacale ricorrente ai fini della procedura disciplinata dalla L. n. 300 del 1970, art. 28.
3. Con ricorso per cassazione il sindacato chiede l’annullamento di tale sentenza. Il ricorso è articolato in cinque motivi. La società intimata si è difesa con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato una memoria per l’udienza.
4. Con il primo motivo si prospetta la tesi per cui i requisiti indicati dall’art. 28 ai fini della legittimazione attiva del sindacato varrebbero per la fase sommaria del procedimento, mentre, invece, qualora il decreto sia stato di rigetto del ricorso, qualsiasi soggetto sindacale, che ne abbia interesse ai sensi dell’art. 100 epe, sarebbe legittimato alla opposizione.
5. Il motivo non è fondato. Quello costruito dall’art. 28 è uno speciale strumento processuale, assistito da una particolare dotazione sanzionatoria. Il legislatore, consapevole della sua incisività, ha avuto cura di prevedere meccanismi di selezione per individuare i soggetti legittimati ad utilizzarlo, allo scopo di evitare che uno strumento di garanzia potesse dare luogo ad abusi. A tal fine ha individuato i soggetti legittimati negli “organismi locali delle associazioni sindacali nazionali che vi abbiano interesse”. Ha così escluso, da un lato i singoli lavoratori, dall’altro, tutte le forme di organizzazione dell’autotutela dei lavoratori che non abbiano una rappresentatività nazionale (esclusione che la Corte costituzionale ha ritenuto conforme alla Costituzione perchè l’azione ai sensi dell’art. 28 si aggiunge, ma non esclude un’azione giudiziaria ordinaria, mentre lo strumento previsto dallo Statuto dei lavoratori, per la sua particolare incisività, potrebbe essere fonte di abusi se aperto ad associazioni sindacali di carattere non nazionale, espressione di realtà circoscritte sul piano territoriale o aziendale).
6. Il requisito del carattere nazionale deve sussistere tanto ai fini della proposizione del ricorso, che ai fini dell’opposizione prevista dal terzo comma dello stesso art. 28. La procedura è unitariamente disegnata. Nulla nel testo dell’art. 28 indica che in fase di opposizione cambi il regime della legittimazione processuale del sindacato e, del resto, non vi sono ragioni perchè ciò sia ipotizzabile. Certo, comunque, una modifica in tal senso non può essere introdotta dall’interprete.
7. Con il secondo motivo il sindacato denunzia una violazione dell’art. 28 per il fatto che la Corte avrebbe inteso in maniera eccessivamente selettiva il criterio della nazionalità.
8. Come si è detto, l’art. 28 legittima all’azione solo “gli organismi locali delle associazioni sindacali nazionali che vi abbiano interesse”. La Corte d’appello di Milano, a fronte di tale previsione, ha ritenuto che il sindacato ricorrente non avesse legittimazione con le seguenti testuali parole: “la Corte di cassazione, dopo alcune incertezze, si è oramai attestata a ritenere che, elemento decisivo per valutare la capacità negoziale del sindacato ai fini della legittimazione a proporre azione ex art. 28, sia la sua effettiva capacità di negoziazione a livello nazionale, compresi i c.d. accordi gestionali (cfr. Cass. 212/2008). Seguendo quest’orientamento, nella fattispecie, SLAI Cobas, non firmataria di accordi collettivi a livello nazionale non facendo parte della piattaforma sindacale contrattuale con il gruppo Mediaset, non risulta legittimata a proporre lo specifico strumento di tutela di cui all’art. 28”. In conseguenza di ciò la Corte, ha sancito la “inammissibilità” del ricorso.
9. La sentenza sul punto deve essere cassata.
10.Come risulta dalla breve motivazione su riportata, la Corte di Milano richiede, ai fini della sussistenza del carattere nazionale dell’associazione sindacale, che questa abbia firmato contratti collettivi di livello nazionale. Identifica cioè quella che definisce, alquanto impropriamente, “capacità negoziale” con la legittimazione attiva ex art. 28. In questo modo introduce un criterio selettivo diverso e più forte di quello indicato dalla norma dello Statuto, perchè un’associazione sindacale può avere carattere nazionale anche se non ha firmato contratti collettivi nazionali, ma comunque presenti una struttura di ampiezza nazionale e possa dimostrare di svolgere attività su tutto o ampia parte del territorio nazionale.
11. Tanto in dottrina che in giurisprudenza (Cass. n. 5209 del 2010; n. 13240 del 2009 e n. 29257 del 2008), si è evidenziato che non deve confondersi la legittimazione ai fini dell’art. 28, con i requisiti richiesti dal l’art. 19 della medesima legge per la costituzione di rappresentanze sindacali titolari dei diritti di cui al titolo terzo. L’art. 19, al suo specifico fine, richiede la sottoscrizione di contratti collettivi nazionali (o anche provinciali o aziendali, purchè applicati in azienda). L’art. 28 non prevede analogo requisito, implicante il consenso della controparte datoriale. Richiede che l’associazione sia nazionale.
12. Il carattere nazionale non può desumersi da dati meramente formali e non è sufficiente una dimensione nazionale statica, meramente strutturale, ma è necessaria anche un’azione diffusa a tale livello. Tuttavia azione a livello nazionale non significa necessariamente stipulazione di contratti collettivi di livello nazionale. Se contratti di questo livello sono stati sottoscritti, ciò sarà un indice importante del carattere nazionale dell’attività sindacale, ma è possibile che presentino questo requisito anche associazioni che abbiano svolto attività su tutto, o quanto meno ampia parte, del territorio nazionale, anche se non abbiano sottoscritto contratti collettivi nazionali (Cass. n. 5209 del 2010, ha sottolineato che la stipulazione di contratti collettivi di livello nazionale è indice tipico del carattere nazionale di un sindacato, ma che tale carattere può desumersi “da ogni altro elemento indicativo in concreto di un’attività sindacale al suddetto livello”. Cass. n. 13240 del 2009 ha, a sua volta, sottolineato che la stipulazione di un contratto collettivo nazionale può costituire uno degli indici maggiormente rivelatori della sussistenza del carattere nazionale dell’associazione, ma non certamente l’unico elemento rivelatore del requisito).
13. La valutazione in concreto spetta al giudice di merito, ma la Corte di Milano si è espressa, peraltro con motivazione apodittica e sicuramente insufficiente, fondando il suo giudizio su di un principio di diritto che non trova riscontro nella norma applicata.
14. La sentenza, pertanto, deve essere cassata, con rinvio ad altro giudice di merito, che dovrà decidere applicando il seguente principio di diritto: “Ai fini della legittimazione attiva a promuovere l’azione prevista dalla L. n. 300 del 1970, art. 28, per associazioni sindacali nazionali devono intendersi associazioni che abbiano una struttura organizzativa articolata a livello nazionale e che svolgano attività sindacale su tutto o su ampia parte del territorio nazionale, ma non è necessario che tale azione abbia anche comportato la sottoscrizione di contratti collettivi nazionali”.
15. Gli altri motivi rimangono assorbiti. L’ultimo è inammissibile perché privo di quesito di diritto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo, dichiara assorbiti gli altri ed inammissibile l’ultimo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Milano, in altra composizione, anche per le spese.
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