Corte di Cassazione sentenza n. 16814 del 29 luglio 2011
PREVIDENZA SOCIALE – AMIANTO – CONTRIBUTI: FIGURATIVI – ESPOSIZIONE AD AMIANTO E RIVALUTAZIONE
massima
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Il disposto dell’art. 13, ottavo comma, della legge n. 257 del 1992, relativo all’attribuzione di un beneficio contributivo-pensionistico ai lavoratori esposti all’amianto per un periodo superiore a dieci anni, applicabile nella specie “ratione temporis”, va interpretato nel senso che l’esposizione all’amianto ivi prevista è identificabile con un’esposizione superiore al valore di 0,1 fibre per centimetro cubo di cui all’art. 24, terzo comma, del D.Lgs. n. 277 del 1991 (abrogato dall’art. 5 del D.Lgs. n. 257 del 2006).
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.- D.E. con ricorso al Giudice del lavoro di Bologna conveniva in giudizio INPS e INAIL per ottenere la rivalutazione dell’anzianità contributiva prevista dalla Legge 27 marzo 1992, n. 257, articolo 13, comma 8 per l’esposizione al rischio amianto per il periodo 6.5.75-31.12.96.
2.- Dichiarato carente di legittimazione l’INAIL ed accolta la domanda nei confronti dell’INPS, quest’ultimo proponeva appello lamentando che il ricorrente non aveva interesse per il periodo 6.5.75-31.12.86, essendo esso già riconosciuto utile, e che, per il periodo 1.1.87-31.12.96, il primo giudice aveva adottato la sua pronunzia in forza della sola esposizione generica e non anche di quella specifica e qualificata.
3.- Espletata consulenza tecnica di ufficio, la Corte di appello di Bologna con sentenza del 4.10.07 rigettava l’impugnazione, ritenendo infondato il secondo motivo ed inammissibile il primo, essendo la questione della carenza di interesse dedotta per la prima volta in appello.
Precisato che il Decreto Legge 30 settembre 2003, n. 269, articolo 47 (conv. dalla Legge 24 novembre 2003, n. 326) aveva ridotto dall’1.10.03 il coefficiente di rivalutazione da 1,5 a 1,25 limitandone gli effetti ai fini della determinazione delle prestazioni, senza incidere sul principio che l’esposizione doveva essere qualificata con il superamento della soglia dei valori indicati dal Decreto Legislativo n. 277 del 1991, la Corte di appello riteneva che il primo giudice avesse erroneamente considerato solo l’esposizione generica. Rilevava, tuttavia, che il consulente tecnico nominato in secondo grado, accertata sulla base della storia professionale dell’assicurato la significativa presenza di amianto negli ambienti di lavoro in cui lo stesso aveva svolto la sua prestazione, aveva accertato che l’esposizione era stata di intensità tale da rendere “non solo possibile ma quasi sicuramente presente una condizione di esposizione a fibre di amianto sia per esposizione diretta che per inalazione indiretta per inquinamento ambientale, in misura complessivamente sensibile e sicuramente superiore a quella derivante da un generico inquinamento ambientale”.
4.- L’INPS propone ricorso per cassazione illustrato con memoria; risponde D. con controricorso.
Il Collegio ha disposto la stesura di motivazione semplificata.
MOTIVI DELLA DECISIONE
5.- Con il primo motivo l’INPS deduce insufficiente e contraddittoria motivazione, atteso che dal tenore della relazione peritale emerge che solo fino al dicembre 1993 sussiste esposizione superiore ai valori di cui al Decreto Legislativo 15 agosto 1991, n. 277, di modo che erroneamente la Corte d’appello ha rigettato in toto l’appello dell’INPS, che, invece, censurava la sentenza di primo grado anche nella parte in cui il coefficiente moltiplicatore era stato applicato fino al 31.12.96. In particolare, l’INPS pone in evidenza la contraddittorietà della motivazione, atteso che con le sue argomentazioni in fatto e diritto la Corte d’appello si discosta dalle conclusioni peritali che, pure, sostiene di condividere.
6.- Con il secondo motivo è dedotta violazione degli articoli 324 e 329 c.p.c., nonché dell’articolo 2909 c.p.c., dandosi atto dei termini testuali in cui era stato proposto l’appello e contestandosi l’avviso della Corte di merito che l’appello non avesse ad oggetto la statuizione del Tribunale circa l’esposizione ultradecennale all’amianto del D.
7.- Procedendo a trattazione dei due motivi in unici contesto, deve rilevarsi che la giurisprudenza di questa Corte ritiene che l’attribuzione del beneficio di cui alla Legge 27 marzo 1992, n. 257, articolo 13, comma 8 presuppone l’assegnazione ultradecennale del lavoratore a mansioni comportanti un effettivo e personale rischio morbigeno, a causa della presenza nel luogo di lavoro, di una concentrazione di fibre di amianto superiore ai valori limite indicati nel Decreto Legislativo n. 277 del 1991 e che, a tale fine, non è necessario che il lavoratore fornisca prova idonea a quantificare con esattezza la frequenza e la durata dell’esposizione, potendo ritenersi sufficiente, avuto riguardo al tempo trascorso e al mutamento delle condizioni di lavoro, che si accerti, anche a mezzo di consulenza tecnica, la rilevante probabilità di esposizione del lavoratore al rischio morbigeno, attraverso un giudizio di pericolosità dell’ambiente di lavoro, con un margine di approssimazione di ampiezza tale da indicare la presenza di un rilevante grado di probabilità di superamento della soglia massima di tollerabilità (Cass. 1.8.05 n. 16119 e 20.9.07 n. 19456).
Nella specie la Corte d’appello di Bologna, pur affermando di condividere il contenuto della consulenza tecnica di ufficio, non ha recepito le conclusioni dalla stessa adottate, secondo cui “vi è stata nel periodo indicato, maggio 1975/dicembre 1993, un’esposizione complessiva ed integrata a polveri respirabili amiantifere … stimabile come superiore al valore limite medio indicato quale soglia per il diritto previdenziale”, ritenendo che per detto periodo fosse così superata la soglia di 0,1 fibre/cc indicata dalla giurisprudenza di legittimità.
Il giudice di merito contraddittoriamente, infatti, ha accolto la domanda anche per il periodo successivo al dicembre 1993, per il quale pure da atto che l’esposizione al fattore nocivo “era prevalentemente ambientale ed indiretta, con valori di riferimento compresi tra 0,02 e 0,005 fibre/cc” e, quindi, si era ridotta al di sotto della soglia di 0,1 fibre/cc (pag. 13 e 17 della sentenza).
8.- In conclusione il ricorso deve essere accolto, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio della causa per un nuovo esame al giudice indicato in dispositivo, il quale verificherà se sussistono altri elementi utilmente già acquisiti all’istruttoria che, in aggiunta a quelli già valutati dal consulente, debbano essere presi in considerazione con riferimento al periodo oggetto della domanda successivo al 31.12.93.
Al giudice di rinvio va rimessa anche la regolazione delle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Firenze, anche per le spese del giudizio di legittimità.
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