Corte di Cassazione sentenza n. 16844 del 30 luglio 2011
PREVIDENZA SOCIALE – CONTESTAZIONE CONCLUSIONI DEL CONSULENTE TECNICO D’UFFICIO – SENTENZA CIVILE – MOTIVAZIONE
massima
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In materia di prestazioni previdenziali derivanti da patologie relative allo stato di salute dell’assicurato, il difetto di motivazione, denunciabile in cassazione, della sentenza che abbia prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio è ravvisabile in caso di palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica, la cui fonte va indicata, o nella omissione degli accertamenti strumentali dai quali secondo le predette nozioni non può prescindersi per la formulazione di una corretta diagnosi, mentre al di fuori di tale ambito la censura di difetto di motivazione costituisce mero dissenso diagnostico non attinente a vizi del processo logico formale e perciò si traduce in un’inammissibile critica del convincimento del giudice.
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO – MOTIVI DELLA DECISIONE
Con sentenza in data 26.11/28.12.2009 la Corte di appello di Bari, in riforma della sentenza di prime cure, rigettava la domanda proposta da R.V. nei confronti dell’INAIL per la costituzione di una rendita per gli infortuni sul lavoro sofferti in data 22.5.1996 e 7.12.1998.
Per la cassazione della sentenza propone ricorso R.V. con due motivi.
Resiste con controricorso l’INAIL.
Con il primo motivo, svolto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente lamenta violazione di legge (art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione al D.P.R. n. 1124 del 1965, artt. 2, 3, 78 e 79, nonché all’art. 115 c.p.c., e art. 41 c.p.), ed, al riguardo, rileva che la corte territoriale, disattendendo le osservazioni del consulente tecnico di parte, aveva immotivatamente escluso la sussistenza di un nesso causale fra il trauma da sforzo fisico subito il 7.12.1998 e il distacco di retina sofferto.
Con il secondo motivo prospetta vizio di motivazione (art. 360 c.p.c., n. 5) osservando che l’asserito difetto del nesso eziologico non era stato dimostrato sulla base di “inconfutabili elementi probatori”, ma facendo riferimento alla letteratura scientifica esistente sul tema.
I motivi, che, in quanto connessi, possono essere esaminati congiuntamente, sono manifestamente infondati.
Deve, infatti, ribadirsi, in conformità al costante orientamento di questa Suprema Corte, che nelle controversie in materia di prestazioni previdenziali derivanti da patologie dell’assicurato, le conclusioni del consulente tecnico d’ufficio sulle quali si fonda la sentenza impugnata possono essere contestate in sede di legittimità se le relative censure contengono la denuncia di una documentata devianza dai canoni fondamentali della scienza medico – legale o dai protocolli praticati per particolari assicurazioni sociali, che, in quanto tale, costituisce un vero e proprio vizio della logica medico – legale e rientra tra i vizi denunciabili con il ricorso per cassazione ex art. 360 c.p.c., n. 5; in mancanza di questi elementi le censure configurano un mero dissenso diagnostico e, quindi, sono inammissibili in sede di legittimità (v. ad es. Cass. n. 8654/2008; Cass. n. 20947/2004; Cass. n. 530/1998).
Nel caso in esame, la corte di merito, richiamando le conclusioni degli accertamenti medico – legali svolti in sede di appello e tenendo conto delle deduzioni svolte dal ricorrente, ha escluso che le malattie dallo stesso sofferte, valutate singolarmente e nel loro complesso, determinassero una situazione di invalidità idonea a conseguire la prestazione richiesta, rilevando, fra l’altro, che mancava in letteratura una correlazione eziopatogenica tra lo sforzo fisico e la patologia retinica (laddove, invece, la stessa da conto di un’eziopatogenesi da trauma), che il periziando non aveva fornito al consulente tecnico alcuna documentazione idonea ad escludere la preesistenza di un danno all’occhio, che l’oculista dell’INAIL non aveva formulato alcuna certa diagnosi in ordine all’efficienza causale dello sforzo fisico sulla rottura retinica denunciata.
A fronte di tale accertamento, il ricorrente, oltre a richiamare, in termini generali, i principi normativi e giurisprudenziali che regolano la materia, si è limitato essenzialmente a formulare una serie di rilievi (quali l’ininfluenza del mero riferimento alla letteratura scientifica sull’argomento ed il diverso apprezzamento espresso dal consulente di parte e dal consulente nominato in primo grado) che evidenziano al più un mero diverso apprezzamento diagnostico, non attinente a vizi del processo logico formale, e che si risolvono, quindi, in una inammissibile critica del convincimento del giudice, attraverso la contrapposizione della soluzione della questione controversa offerta dalla parte a quella motivatamente espressa dal giudice.
Il ricorso va, pertanto, rigettato.
Nulla sulle spese, in applicazione dell’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo (anteriore alla novella di cui al D.L. n. 269 del 2003, art. 42 comma 11, conv. nella L. n. 326 del 2003, entrato in vigore il 2.10.2003) vigente ratione temporis.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; nulla sulle spese.
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