CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 12 luglio 2013, n. 17236
Impugnazioni – Il termine lungo di impugnazione delle sentenze decorre per la parte cui non sia stato debitamente comunicato né l’avviso di trattazione né il dispositivo della sentenza, dalla data in cui essa ha avuto conoscenza di tali sentenze
Svolgimento del processo
M. B. ha proposto ricorso per cassazione contro la sentenza della commissione tributaria regionale della Lombardia, n. 211-31-01, che aveva confermato un avviso di accertamento dell’ufficio del registro di Milano in ordine al valore di beni compravenduti nel 1990. La sentenza è stata depositata l’11-10-2001. La ricorrente l’ha impugnata il 27-3-2008.
Con due motivi ha eccepito che la sentenza era stata pronunciata su appello dell’amministrazione finanziaria avverso la decisione della commissione tributaria provinciale di Milano in data 16-6-1995, ma che del processo di appello essa appellata non aveva avuto conoscenza in ragione della inesistenza materiale della notificazione dell’atto, nonché della irrituale comunicazione dell’avviso di fissazione di udienza avvenuto in Milano, via (…), anziché alla propria residenza in Marotta di Fano, via (…).
L’agenzia delle entrate, resistendo con controricorso, ha eccepito l’inammissibilità dell’impugnazione per tardività. La ricorrente ha depositato una memoria.
Motivi della decisione
I. – Come detto, risulta eccepita, a presidio del ricorso, la mancata conoscenza del giudizio d’appello introdotto dall’ ufficio.
Consegue che non rileva, perché invece attinente a casi di sostenuta mancata conoscenza del processo di primo grado, l’insegnamento giurisprudenziale, asseritamente ostativo, richiamato dall’amministrazione nel proprio controricorso (Cass. n. 10223-03; n. 5356-06), facente leva sull’affermazione che l’art. 327, 2° co., c.p.c. non può applicarsi a chi, avendo appunto introdotto il processo, debba per ciò solo ritenersi a conoscenza della pendenza di questo.
Invece questa corte, con specifico riferimento a situazioni del tipo di quella qui dedotta, ha affermato che, al fine di stabilire se, nel processo tributario, sia ammissibile, ai sensi dell’art. 38 del d.lgs. n. 546 del 1992, l’impugnazione tardivamente proposta, sul presupposto che l’impugnante non abbia avuto conoscenza del processo a causa di un vizio della notificazione dell’atto introduttivo, occorre distinguere l’ipotesi specifica di notificazione inesistente rispetto all’ipotesi di mera nullità della notificazione. E nel primo caso la mancata conoscenza della pendenza della lite da parte del destinatario si presume iuris tantum, sicché rimane onere dell’altra parte dimostrare che l’impugnante aveva avuto contezza del processo.
Solo se la notificazione è nulla si presume – iuris tantum la conoscenza della pendenza del processo da parte dell’impugnante, per cui è quest’ultimo tenuto a provare che la nullità gli ha impedito la materiale conoscenza dell’atto (v. Cass. n. 2817-09 nonché per il processo ordinario, Cass. n. 18243-08).
II. – Simili principi valgono anche in relazione alle liti tributarie disciplinate, come la presente, dalla norma transitoria di cui all’art. 72 del d. lgs. n. 546 del 1992.
La conseguenza è che, pur essendo per consolidato principio consentita l’impugnazione tardiva, ai sensi dell’art. 327 c.p.c., non già per il sol fatto che si sia verificata una nullità della notificazione dell’atto introduttivo, ma solo quando tale vizio abbia causato l’incolpevole ignoranza della pendenza del giudizio in capo al destinatario (v. Cass. n. 12004-11, cui adde Cass. n. 20307-12 e n. 19225-07), una simile aggiuntiva condizione deve ritenersi nella specie presunta (cfr. anche Cass. n. 11991-06), contrariamente all’assunto dell’agenzia delle entrate, essendo stato dedotto che l’avverso appello (ratione temporis soggetto alla cessata disciplina di cui all’art. 22 del d.p.r. n. 636 del 1972) non era stato mai notificato a cura della segreteria della commissione di secondo grado e che la comunicazione dell’udienza di trattazione era stata eseguita a un indirizzo privo di relazione con l’appellata.
III. – Tuttavia il ricorso per cassazione resta inammissibile.
Risulta dalla stessa ricorrente allegata la presa di conoscenza della sentenza conclusiva del processo d’appello, e dunque del processo medesimo, in data anteriore al ricorso per cassazione di quasi tre anni. In particolare la ricorrente riferisce di aver ricevuto, in data 9-5-2005, la notifica di un avviso di liquidazione col quale l’ufficio, facendo espresso riferimento alla citata sentenza della commissione tributaria regionale della Lombardia – e invero citandone gli estremi -, aveva ingiunto il pagamento della somma dovuta in base alla sentenza stessa. E riferisce altresì di aver tempestivamente finanche impugnato il detto avviso. Ove pure si prescindesse dalla considerazione che la ricorrente nulla ha evidenziato in merito alla sorte di quella impugnazione, per cui non è dato comprendere quale sia (e se vi sia) un interesse specifico – concreto e attuale – all’odierno ricorso, resta il fatto che il momento di decorrenza del termine di impugnazione dovevasi individuare in coincidenza con la suddetta data di perfezionamento cella notifica dell’avviso di liquidazione che, riferendo la pretesa alla sentenza detta, ne aveva determinato giocoforza il momento di conoscenza. Ciò in forza della più lineare esegesi della norma generale dettata dall’art. 327 c.p.c., secondo la quale il contumace decade dal diritto di impugnazione per l’inutile decorso del termine annuale di cui al 1° co., qualora si accerti (anche d’ufficio, in considerazione della natura pubblicistica della decadenza) che, nonostante la nullità della notificazione dell’atto introduttivo, egli abbia avuto comunque conoscenza del processo, e il termine sia decorso con inizio non già dalla data di pubblicazione della sentenza, bensì dal giorno della detta presa di conoscenza, se successiva alla sentenza medesima (v. sez. w. n. 4196-90) .
IV. – In questo senso il collegio è dispensato dal prender posizione in ordine al principio di diritto sostenuto da Cass. n. 6048-13 a margine di altra peculiare affermazione in ordine al presupposto dell’art. 327 c.p.c.; principio invocato dalla ricorrente (mediante la memoria depositata ai sensi dell’art. 378 c.p.c.) nella parte in cui afferma che, nelle controversie tributarie soggette al d. lgs. n. 546 del 1992 integrato dal regime processuale generale anteriore alla l. n. 69 del 2009, “il termine lungo di impugnazione delle sentenze, di cui all’art. 327, ult. co., c.p.c., decorre, per la parte cui non sia stato debitamente comunicato né l’avviso di trattazione di cui all’art. 22 del d.lgs. n. 546/1992, né il dispositivo della sentenza (ai sensi dell’art. 37 del medesimo decreto), dalla data in cui essa ha avuto conoscenza di tali sentenze”.
In parte qua, e nei limiti della riferibilità al giudizio d’appello instaurato dalla controparte, il principio può essere condiviso. Ma è evidente che esso non dà forza alcuna alla tesi prospettata, in quanto, nella specie, la data rilevante, per stabilire il momento di avvenuta conoscenza dell’atto-sentenza, è il 9-5-2005, a fronte di un ricorso per cassazione consegnato all’ufficiale giudiziario, per la notifica, il 27-3-2008. Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile.
Spese processuali alla soccombenza.
P.Q.M.
Dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna la ricorrente alle spese processuali, che liquida in euro 3.000,00 per compensi, oltre le spese prenotate a debito.
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