CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 12 luglio 2013, n. 17240
Cartelle esattoriale – Nulla per violazione dell’articolo 7 della legge 212/2000 – Carente di motivazione ed errata quantificazione della base imponibile e della conseguente imposta
Svolgimento del processo
A seguito di sentenza del tribunale di Campobasso, recante condanna del comune al risarcimento dei danni subiti dalla società Immobiliare Direzionale per illegittima appropriazione di un fondo immobiliare, l’agenzia delle entrate notificava un avviso di liquidazione dell’ imposta di registro, che veniva impugnato dalla destinataria. L’agenzia delle entrate, in data 19-9-2002, ne disponeva l’annullamento in autotutela, sicché quel giudizio si estingueva per cessazione della materia del contendere. L’agenzia notificava, peraltro, assieme alla succitata autotutela, anche il nuovo avviso di liquidazione (in sostituzione del primo), evidenziando la decorrenza del termine per impugnare al 10-4-2002.
Attesa l’erronea indicazione di detto termine (che era stato specificato in data coerente con quella – ormai decorsa – del primo avviso), l’agenzia provvedeva a notificare una comunicazione ulteriore al solo fine di correggere tale errore; sicché evidenziava che il termine per impugnare il nuovo avviso di liquidazione avrebbe avuto decorrenza dal 23-9-2002, data di sua notifica. Tale avviso non veniva impugnato.
Ne seguiva la notifica della cartella esattoriale, che la società invece impugnava lamentandone la nullità per violazione dell’art. 7 della l. n. 212 del 2000, per carenza di motivazione e per errata quantificazione della base imponibile e della conseguente imposta.
L’adita Commissione tributaria provinciale di Campobasso accoglieva il ricorso riconoscendo il difetto di motivazione della cartella e l’erronea applicazione dell’ imposta.
La sentenza di primo grado veniva appellata, in via principale, dall’agenzia delle entrate, sul pregiudiziale rilievo che l’avviso di liquidazione si era reso definitivo per mancata impugnazione e la cartella non era stata contestata per vizi propri; e, in via incidentale, dalla contribuente.
La commissione tributaria regionale del Molise respingeva entrambi gli appelli, segnatamente considerando che il ricorso della contribuente contro la cartella era ammissibile, perché la notifica di più avvisi di liquidazione aveva indotto la contribuente in errore circa i termini di impugnazione; e che, nel merito, le modalità di tassazione erano da reputare errate anche in relazione alla base imponibile e all’imposta.
Contro la detta sentenza, notificata il 2-10-2008, l’agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione in tre» motivi.
L’intimata ha resistito con controricorso.
Motivi della decisione
I. – Col primo motivo la ricorrente, premesso che l’impugnata sentenza aveva annullato la cartella di pagamento per erroneità della determinazione della base imponibile e dell’ imposta, vale a dire per vizi attinenti alla liquidazione e non alla riscossione, denunzia la violazione dell’art. 19, 3° co., del d.lgs. n. 546 del 1992 in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c., dal momento che la cartella facente seguito a un avviso non impugnato si esaurisce in una intimazione di pagamento che non integra l’atto positivo, con la conseguenza che detta cartella e impugnabile solo per vizi propri del procedimento di riscossione.
Col secondo motivo denunzia, invece, il difetto di motivazione della sentenza, ai sensi dell’art. 360 n. 5, c.p.c., per avere la commissione regionale esaminato il profilo di merito in verità precluso dalla definitività dell’atto impositivo a monte della cartella col terzo motivo, infine, denunzia la violazione dell’art. 43 del d.p.r. n. 131 del 1986, nonché degli artt. 1 e 8 della tariffa, affermando che l’applicazione dell’imposta fissa di registro, prevista per i provvedimenti ablatori, non potevasi estendere alle definizioni giudiziarie delle controversie derivanti dall’opposizione alla stima, dovendosi in tal caso fare applicazione dell’imposta proporzionale sulla maggiore indennità di espropriazione e sul risarcimento dei danni.
II. – Il ricorso è inammissibile per la ragione che segue.
Dalla sentenza chiaramente risulta che, in primo grado, la cartella era stata annullata in adesione a entrambe le ragioni di doglianza sollevate dalla contribuente: (a) per difetto di motivazione e (b) per erronea applicazione dell’ imposta.
La decisione era stata in speculare senso appellata dall’agenzia delle entrate.
La commissione tributaria regionale, rigettando l’appello, ha confermato la decisione di primo grado sotto tutti i profili fatti oggetto di doglianza, conformemente alla natura sostitutiva della sentenza. Cosa che del resto si evince dal fatto che, dopo aver espressamente esaminato la questione afferente le dedotte modalità di tassazione, il giudice di secondo grado ha concluso nel senso che “la cartella esattoriale è dunque errata anche in ordine alla base imponibile e all’imposta”. In siffatta prospettiva la sentenza d’appello, pur avendo menzionato la formulazione del gravame in ordine alla questione della carente motivazione della cartella (aggiuntivo vizio proprio dell’atto, ritenuto dal giudice di primo grado), non ha contraddetto la decisione della commissione provinciale interamente favorevole alla contribuente. E l’uso dell’avverbio “anche” nella parte motiva della sentenza d’appello si palesa indicativo della implicita condivisione della intera ratio della sentenza di primo grado, sotto entrambi i profili da questa evinti.
III. – Conseguentemente la sentenza andava impugnata per cassazione su tutti i punti.
Viceversa nessuno dei tre motivi attinge la suddetta concorrente ratio decidendi circa il difetto di motivazione della cartella.
Il ricorso devesi pertanto dichiarare inammissibile. Spese alla soccombenza.
P.Q.M.
Dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna la ricorrente alle spese processuali, che liquida in euro 2.200,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, accessori di legge.
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