CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 28 gennaio 2014, n. 1740
Procedure concorsuali – Fallimento – Credito professionale – Avvocato – Incarichi plurimi – Natura privilegiata – Attività espletata nel biennio anteriore la dichiarazione di fallimento della società assistita – Sussiste
Svolgimento del processo
L’avv. P. P. propose opposizione allo stato passivo del fallimento della I.C. s.p.a. (già I. s.p.a.) per il riconoscimento della natura privilegiata, ai sensi dell’art. 2751 bis, n. 2, c.c., del suo credito professionale di € 291.654,13, ammesso dal giudice delegato solo in via chirografaria.
Il Tribunale di Perugia ha parzialmente accolto l’opposizione, riconoscendo la natura privilegiata del credito per soli € 84.144,88, riguardanti l’attività espletata dal professionista nel biennio precedente la dichiarazione di fallimento — alla data della quale l’attività professionale doveva nella specie ritenersi cessata — comprensivi degli onorari per prestazioni svolte prima del biennio purché relative a incarico concluso entro il biennio medesimo.
L’avv. P. ha proposto ricorso per cassazione per un motivo, cui il fallimento ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno anche presentato memorie.
Il ricorso, già assegnato alla camera di consiglio su relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stato poi rimesso alla pubblica udienza con ordinanza del Collegio, che non ha ritenuto sussistenti i presupposti della procedura camerale.
Motivi della decisione
1. – Vanno anzitutto disattese le conclusioni di improcedibilità del ricorso, per omessa produzione della relata di notifica del provvedimento impugnato ai sensi dell’art. 369, secondo comma n. 2, c.p.c., rassegnate dal PM in via principale. Non sono, infatti, nella specie applicabili i principi enunciati da Cass. sez. Un. 9005/2009 mancando in atti qualsiasi riferimento all’avvenuta notifica del provvedimento impugnato.
2. – Con l’unico motivo di ricorso si denuncia violazione dell’art. 2751 bis, n. 2, c.c. e vizio di motivazione. Premesso che il ricorrente aveva ricevuto dalla società fallita una pluralità di incarichi tra loro autonomi, non intercorrendo tra le parti rapporto di lavoro subordinato o di collaborazione coordinata e continuativa, si lamenta che il Tribunale abbia invece trattato i plurimi incarichi professionali come un incarico unico, conclusosi alla dichiarazione del fallimento solo perché alcuni degli incarichi erano ancora in corso a quella data. In tal modo il Tribunale ha finito con il contraddire, nei fatti, il principio di diritto, conforme alla giurisprudenza di legittimità, cui pure dichiara di attenersi, per il quale, ai fini del calcolo del biennio di cui all’art. 2751 bis, n. 2, c.c., non rileva la data della dichiarazione del fallimento (o del pignoramento), bensì quella della conclusione della prestazione professionale. Infatti alcuni dei vari incarichi espletati dall’avv. P. erano stati portati a termine in epoca anteriore al biennio precedente la dichiarazione di fallimento, ma non per questo il relativo compenso non godeva – per quanto appena detto – del privilegio.
3. – Il motivo è infondato.
Per comprenderne le ragioni occorre considerare la ratio del limite biennale del privilegio in esame.
Cass. Sez. I n. 569 del 1999 (richiamata anche dal ricorrente), nel confermare l’orientamento giurisprudenziale poi consolidatosi, secondo cui il biennio di cui all’art. 2751 bis, n. 2, c.c. decorre non dal momento del pignoramento o della dichiarazione di fallimento del debitore, bensì dal momento in cui l’incarico professionale è stato portato a termine o è comunque cessato, allorché il credito dell’onorario è divenuto liquido ed esigibile, e che, dato il carattere unitario dell’esecuzione dell’incarico e dei relativi onorari – in particolare per gli avvocati – il privilegio copre anche il corrispettivo dell’attività svolta prima del biennio anteriore alla cessazione, ha chiarito che il limite biennale risponde “anche all’esigenza di contemperare l’interesse del creditore privilegiato con quello degli altri creditori e, in particolare, all’esigenza di evitare che il creditore privilegiato, forte del suo diritto di prelazione, possa, ritenendosi sufficientemente garantito, continuare a maturare crediti nei confronti del debitore, erodendo così, con una prelazione non oggetto di pubblicità, la garanzia patrimoniale generica degli altri creditori”.
Continuare a maturare crediti nei confronti del medesimo debitore vuol dire assumere da lui altri incarichi professionali; dunque il profilo della pluralità degli incarichi ha un rilievo essenziale ai fini della giustificazione del limite temporale di cui all’art. 2751 bis, n. 2, cit. Non è conseguentemente corretto, pur dovendosi riconoscere l’autonomia dei vari incarichi e dei conseguenti rapporti giuridici, ragionare come se quella pluralità non esistesse e considerare, come fa il ricorrente, ciascun incarico avulso dal suo contesto plurale. Così facendo, del resto, si finisce col privare di qualsiasi operatività il limite del biennio previsto dalla legge, almeno con riguardo agli onorari di avvocato (ma si rammenta che la distinzione tra onorari e diritti di procuratore è venuta meno con il D.M. 20 luglio 2012, n. 140): se, infatti, ciascun incarico viene considerato per se stesso e se giustamente, come si è visto, anche gli onorari relativi all’attività di esecuzione del medesimo svolta in epoca precedente al biennio anteriore alla sua conclusione sono assistiti dal privilegio, di fatto quel limite non opera (non a caso, perciò, il ricorrente pretende il privilegio per tutti indistintamente gli onorari maturati nella sua ben più che biennale attività in favore della società fallita).
La verità è che, invece, quel limite opera proprio con riferimento alle ipotesi di pluralità di incarichi professionali, nelle quali il biennio non può decorrere che dal momento della cessazione del complessivo rapporto professionale composto dai distinti rapporti originati dai plurimi incarichi: in altri termini, “gli ultimi due anni prestazione” di cui parla la norma in esame sono gli ultimi in cui si è svolto (non già l’unico o ciascuno dei plurimi rapporti corrispondenti ai plurimi incarichi ricevuti, bensì) il complessivo rapporto professionale, sicché restano fuori dalla previsione del privilegio i corrispettivi degli incarichi conclusi in data anteriore al biennio precedente la cessazione del complessivo rapporto.
Il Tribunale perciò non ha violato l’art. 2751 bis, n. 2, c.c. Dando rilievo alla data della dichiarazione del fallimento della società debitrice non ha fatto altro che individuare in essa il momento di cessazione del complessivo rapporto professionale tra la società e il professionista suo creditore.
4. – Il ricorso va pertanto respinto.
Le spese processuali, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese processuali, liquidate in € 3.200,00, di cui € 3.000,00 per compensi di avvocato, oltre accessori di legge.
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