Corte di Cassazione sentenza n. 176 del 07 gennaio 2013
LAVORO (RAPPORTO DI) – RETRIBUZIONE – RETRIBUZIONE CONTRIBUTIVA – AUMENTI PERIODICI – INDENNITA’ PREMIO DI SERVIZIO
massima
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La retribuzione contributiva, alla quale per i dipendenti degli enti locali, si commisura, a norma dell’art. 4 della L. 8 marzo 1968, n. 152, l’indennità premio di servizio, è costituita solo dagli emolumenti testualmente menzionati dall’art. 11, comma 5, legge cit., la cui elencazione ha carattere tassativo e la cui dizione «stipendio o salario» richiede un’interpretazione restrittiva, alla luce della specifica menzione, come componenti di tale voce, degli aumenti periodici, della tredicesima mensilità e del valore degli assegni in natura; conseguentemente non può assumere rilievo, ai fini della determinazione della suindicata indennità, l’indennità per le funzioni dirigenziali, anche se costituente parte fissa del globale trattamento retributivo del lavoratore, in quanto la stessa non fa parte degli emolumenti specificatamente indicati dalla norma e non può considerarsi come componente dello stipendio, nella locuzione usata dalla citata norma di previsione.
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte d’Appello di Bologna, con sentenza del 19.4-22.8.2007, confermò la pronuncia di primo grado che aveva condannato l’Inpdap alla riliquidazione, in favore di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), dell’indennità premio di servizio, con il computo nella base contributiva degli incrementi della cosiddetta “Indennità di qualificazione professionale e valorizzazione delle responsabilità”, previsti dall’art. 45, commi 3, 4 e 5 del CCNL per il Comparto Sanità.
A sostegno del decisum, per ciò che ancora qui rileva, la Corte territoriale osservò che l’assoggettamento a contribuzione degli incrementi dell’indennità di qualificazione professionale confermava la loro inclusione tra gli elementi stipendiali in base ai quali doveva essere calcolata l’indennità premio di servizio.
Avverso la suddetta sentenza della Corte territoriale l’Inpdap ha proposto ricorso per cassazione fondato su un unico motivo.
Gli intimati (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) non hanno svolto attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con l’unico motivo il ricorrente denuncia vizio di violazione di legge e di CCNL, deducendo che la tassatività della retribuzione contributiva, prevista dalla Legge n. 152 del 1968, non consente di includere nella base di calcolo dell’indennità premio di servizio anche gli emolumenti non espressamente contemplati.
2. La Legge n. 152 del 1968, art. 4, dispone che l’indennità premio di servizio è “pari a un quindicesimo della retribuzione contributiva degli ultimi dodici mesi, considerata in ragione dell’80% ai sensi del successivo art. 11, per ogni anno di iscrizione all’Istituto”; il successivo art. 11, intitolato “misura del contributo previdenziale”, dispone, al comma 1, che “il contributo dovuto per ogni iscritto ai fini del trattamento di previdenza è stabilito a decorrere dal primo marzo 1966, nella misura del 5 per cento della retribuzione contributiva annua considerata in ragione dell’80 per cento…”; la determinazione della retribuzione contributiva è fissata dal quarto comma dello stesso art. 11, ove si stabilisce che la retribuzione contributiva è costituita dallo stipendio o salario comprensivo degli aumenti periodici, della tredicesima mensilità e del valore degli assegni in natura, spettanti per legge o regolamento e formanti parte integrante ed essenziale dello stipendio stesso.
Tale essendo il quadro normativo di riferimento, deve rilevarsene la sostanziale incompatibilità con una nozione omnicomprensiva di retribuzione utile ai fini della liquidazione dell’indennità in questione; costituisce infatti orientamento consolidato di questa Corte quello per cui nel vigente ordinamento, in materia di retribuzione dovuta al prestatore di lavoro, non esiste un principio generale e inderogabile di omnicomprensività, sancito, invece, dal legislatore solo con riguardo ad alcuni emolumenti (come, ad esempio, l’indennità di anzianità e il trattamento di fine rapporto, a riguardo del quale è, peraltro, consentita deroga da parte della contrattazione collettiva). Come argomentato dalle Sezioni Unite di questa Corte, che hanno composto il contrasto di orientamenti in materia (cfr., Cass., SU, n. 3673/97), se la norma di cui alla Legge n. 152 del 1968, art. 11, non fosse improntata ad una ratio negativa dell’omnicomprensività, ossia se con la menzione di stipendio e salario si fosse inteso designare il complessivo trattamento retributivo del lavoratore, ingiustificata ed incoerente risulterebbe la specifica menzione degli aumenti periodici, della tredicesima mensilità e del valore degli assegni in natura come elementi dello stipendio o del salario da ricondurre nell’ambito della retribuzione contributiva.
La circostanza che il legislatore del 1968 abbia avvertito l’esigenza di includere nello stipendio o nel salario, da valere quale “retribuzione contributiva” utile al computo dell’indennità premio di servizio, soltanto gli aumenti periodici, la tredicesima mensilità e gli assegni in natura, e non anche altri emolumenti seppure aventi carattere indubbiamente retributivo, significa esclusione dallo stipendio o salario, ai fini anzidetti (ossia dalla retribuzione contributiva), di ogni altra voce del trattamento retributivo globale del lavoratore non espressamente menzionata.
Tale orientamento ermeneutico è stato in prosieguo seguito da numerose pronunce della Sezione Lavoro (cfr., ex plurimis, Cass., nn. 10160/2001; 681/2003; 9901/2003; 15906/2004; 18999/2010) ed al medesimo, condividendolo, il Collegio intende dare qui continuità.
3. Il CCNL Comparto Sanità 1994 – 1997, all’art. 40, prevede che la struttura della retribuzione si compone del “trattamento fondamentale” (stipendio tabellare; retribuzione individuale di anzianità, ove acquisita; indennità integrativa speciale) e del “trattamento economico collegato alla posizione di lavoro ed alla produttività”, comprendente varie voci retributive fra cui anche l’indennità prevista dall’art. 45.
4. Ne discende, alla luce dei principi sopra ricordati, che l’indennità di qualificazione professionale e valorizzazione delle responsabilità, prevista dall’art. 45 del CCNL per il Comparto Sanità, non va ricompresa nella retribuzione contributiva utile al computo dell’indennità premio di servizio. Va quindi enunciato il seguente principio di diritto: “La retribuzione contributiva, alla quale, per i dipendenti degli enti locali, si commisura, a norma della Legge 8 marzo 1968, n. 152, art. 4, l’indennità premio di servizio, è costituita solo dagli emolumenti testualmente menzionati dall’art. 11, comma 5, della legge medesima, la cui elencazione ha carattere tassativo e la cui dizione “stipendio o salario” richiede un’interpretazione restrittiva, alla luce della specifica menzione, come componenti di tale voce, degli aumenti periodici di anzianità, della tredicesima mensilità e del valore degli assegni in natura; ne consegue che non possono assumere rilievo, ai fini della determinazione della suindicata indennità, gli incrementi dell’indennità di qualificazione professionale e valorizzazione delle responsabilità (art. 45 CCNL Comparto Sanità 1994-1997), in quanto detta indennità non fa parte degli emolumenti specificamente indicati dalla norma e i relativi incrementi non possono considerarsi come componente dello stipendio, nella locuzione usata dalla citata norma di previsione”.
Essendosi la Corte territoriale discostata dal suddetto principio il motivo, e con esso il ricorso che sul medesimo si fonda, vanno accolti.
5. Per l’effetto la sentenza impugnata deve essere cassata; stante l’avvenuta proposizione in sede di appello, da parte dei lavoratori, di un gravame incidentale condizionato, come tale ritenuto assorbito dalla Corte territoriale e sul quale non vi è stata quindi ancora pronuncia, va disposto il rinvio al Giudice designato in dispositivo, che deciderà conformandosi al suindicato principio di diritto e provvedere altresì sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Firenze.
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