Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Sentenza 23 luglio 2013, n. 17875
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 12-4-1995 (OMISSIS), proprietario di alcune unita’ immobiliari site nel Condominio di via (OMISSIS), conveniva dinanzi al Tribunale di Milano tale Condominio, impugnando la delibera assunta dall’assemblea condominiale in data 15-3-1995, nella parte in cui aveva ripartito su base millesimale tra i condomini una prima quota di spese per opere straordinarie. Con altro atto di citazione notificato il 20-6-1996 l’attore impugnava anche la successiva delibera assembleare assunta in data 15-5-1996, con la quale era stata ripartita a consuntivo tra i condomini, sempre su base millesimale, l’intera spesa sostenuta per i menzionati lavori di manutenzione straordinaria. In entrambi gli atti di citazione, l’attore contestava il criterio di ripartizione adottato, in quanto contrastante con la legge e con il regolamento condominiale.
A seguito della riunione dei due procedimenti, con sentenza depositata il 10-2-2004 il Tribunale di Milano rigettava le domande attoree.
Il (OMISSIS) proponeva appello avverso la predetta decisione.
Con sentenza depositata il 1-7-2006 la Corte di Appello di Milano, in accoglimento del gravame e in riforma della sentenza di primo grado, annullava le due delibere assembleari impugnate, nella parte avente ad oggetto la ripartizione delle spese riguardanti le opere svolte nel complesso condominiale. La Corte territoriale, in particolare, rilevava che, per effetto della strutturazione del complesso condominiale in questione, le due palazzine poste sul fondo del cortile interno, in una delle quali (quella che prosegue sul lato destro) erano ubicate le unita’ immobiliari di proprieta’ del (OMISSIS), dovevano considerarsi del tutto separate ed autonome, sia strutturalmente che funzionalmente, dal corpo di fabbrica principale.
Di conseguenza, mentre poteva affermarsi che una parte delle spese in questione, quali quelle riguardanti il decoro architettonico (fregi ornamentali, targhette citofoniche, lampade a braccio) della facciata o dello stabile principale, fossero di carattere comune a tutto il complesso condominiale, doveva escludersi il carattere comune per le spese concernenti la conservazione di muri e coperture, la posa dei portoni, il rifacimento dei pluviali riguardanti l’edificio principale, non aventi alcun riflesso diretto sulla porzione autonoma costituita dalle due palazzine poste sul fondo del cortile interno, costituenti per la loro struttura e funzione un condominio parziale ex articolo 1123 c.c., comma 3.
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso il Condominio di via (OMISSIS), sulla base di tre motivi, successivamente illustrati da una memoria.
Il (OMISSIS) ha resistito con controricorso.
All’udienza del 7-11-2012 la Corte ha assegnato al Condominio termine per il deposito della delibera assembleare di autorizzazione dell’Amministratore a stare in giudizio.
Il ricorrente ha ottemperato a tale ordinanza, depositando verbali assembleari del 31-10-2006 e del 7-11-2012.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1) Con il primo motivo, articolato in due censure, il ricorrente denuncia: a) violazione e falsa applicazione degli articoli 1117, 1123, 1138 e 1372 c.c.; b) omessa o insufficiente motivazione riguardo ai criteri di ripartizione delle spese per la manutenzione e conservazione dei beni comuni previsti dal regolamento condominiale di origine contrattuale.
Con la prima censura, sostiene che la Corte di Appello ha erroneamente ritenuto che alcune delle spese oggetto delle delibere impugnate non dovessero essere imputate al (OMISSIS) secondo il criterio del valore della quota millesimale di proprieta’ ex articolo 1123 c.c., comma 1, bensi’ secondo il criterio sancito dall’articolo 1123 c.c., comma 3. Deduce che la Corte territoriale, nel ritenere che l’unita’ immobiliare dell’attore costituisce un condominio parziale, ha omesso di
considerare che le opere straordinarie oggetto delle delibere assembleari impugnate riguardavano beni comuni, alla stregua dell’articolo 1117 c.c. e degli articoli 3, 4 e 8 del regolamento condominiale di natura contrattuale. In ogni caso, rileva che, anche a voler ritenere che i lavori riguardassero beni inidonei a servire la proprieta’ del (OMISSIS), non potrebbero essere applicati i criteri di ripartizione delle spese condominiali previsti dall’articolo 1123 c.c., comma 3, non essendo cio’ consentito dal regolamento condominiale contrattuale, che prevede altro criterio, correttamente seguito dalle delibere impugnate.
Con la seconda censura il ricorrente deduce che la Corte di Appello ha omesso di prendere in esame la decisiva questione della validita’ ed applicabilita’ delle clausole del regolamento condominiale contrattuale disciplinanti la ripartizione delle spese sostenute per le parti comuni.
La denuncia di violazione di legge si conclude con la formulazione dei seguenti quesiti di diritto, ai sensi dell’articolo 366 bis c.p.c., applicabile ratione temporis al ricorso in esame: 1) Dica la Corte se determinati beni – indicati in proprieta’ comune a tutti i condomini dall’articolo 1117 c.c. (quali i muri perimetrali, le facciate, le coperture e i pluviali), non espressamente citati tra le parti previste di proprieta’ comune da un regolamento condominiale contrattuale, ma neppure attribuiti da detto regolamento (ne’ da altro titolo) all’uso esclusivo di alcuno dei condomini, destinati strutturalmente e materialmente all’uso da parte di tutti i condomini- debbano essere considerati parti comuni, non costituendo detto regolamento titolo idoneo a superare la presunzione di comunione ex articolo 1117 c.c., e a negare la natura comune dei beni previsti da tale norma; 2) “Dica la Corte se l’assemblea condominiale, nel deliberare la ripartizione delle spese relative a lavori straordinari per la manutenzione di parti comuni, sia tenuta ad osservare il disposto del regolamento condominiale contrattuale, che espressamente prevede che tutti i condomini debbano concorrere alla manutenzione delle cose e dei servizi comuni in proporzione al valore delle rispettive proprieta’ espresso in millesimi ed in base alle tabelle di riparto spese allegate e parte integrante del regolamento contrattuale stesso, e cio’ anche indipendentemente dalla concreta utilizzazione e dall’utilita’ effettiva che ciascun condomino possa trarre da dette parti comuni”.
2) Il motivo, nella parte in cui deduce che le opere oggetto delle delibere assembleari impugnate riguardavano beni comuni ai sensi dell’articolo 1117 c.c., in quanto destinati strutturalmente e materialmente all’uso da parte di tutti i condomini, si basa su una ricostruzione dello stato reale dei luoghi diversa rispetto a quella effettuata dalla Corte di Appello, la quale, con apprezzamento in fatto non sindacabile in sede di legittimita’, in quanto sorretto da una motivazione immune da vizi logici e giuridici, ha ritenuto che i muri, gli sporti, i portoni, le scale, le porte, le coperture riguardanti il corpo di fabbrica principale, in funzione del quale sono stati effettuati per la gran parte i lavori di manutenzione sul riparto dei cui costi si controverte, sono parti non organicamente riferibili alle palazzine
sostanzialmente autonome e separate poste in fondo al cortile e non costituiscono, pertanto, beni di proprieta’ comune.
A tali convincimento il giudice del gravame e’ pervenuto sulla base di argomentazioni congrue ed esaurienti, con le quali, all’esito di una dettagliata descrizione della situazione dei luoghi, fondata sull’esame dei rilievi fotografici e planimetrici acquisiti, ha posto in evidenza che, per effetto della strutturazione del complesso condominiale in oggetto, le due palazzine poste sul fondo del cortile interno, in una delle quali (quella che prosegue sul lato destro) sono allocate le unita’ immobiliari di proprieta’ dell’appellante, devono considerarsi del tutto separate ed autonome, sia strutturalmente che funzionalmente, dal corpo di fabbrica principale. Di qui l’affermazione secondo cui, mentre poteva ritenersi che una parte delle spese in questione, quali quelle riguardanti il decoro architettonico (fregi ornamentali, targhette citofoniche, lampade a braccio) della facciata o dello stabile principale, fossero di carattere comune a tutto il complesso condominiale, doveva escludersi il carattere comune per le spese concernenti la conservazione di muri e coperture, la posa dei portoni, il rifacimento dei pluviali riguardanti l’edificio principale, non aventi alcun riflesso diretto sulla porzione autonoma costituita dalle due palazzine poste sul fondo del cortile interno, costituenti per la loro struttura e funzione un condominio parziale ex articolo 1123 c.c., comma 3.
Tali conclusioni si pongono in linea con i principi enunciati dalla giurisprudenza, che ritiene configurabile la fattispecie del condominio parziale “ex lege” tutte le volte in cui un bene risulti, per obiettive caratteristiche strutturali e funzionali, destinato al servizio e/o al godimento in modo esclusivo di una parte soltanto dell’edificio in condominio, oggetto di un autonomo diritto di proprieta’, venendo in tal caso meno il presupposto per il riconoscimento di una contitolarita’
necessaria di tutti i condomini su quel bene (Cass. 28-4-2004 n. 8136; Cass. 10-10-2007 n. 21246; Cass. 24-11-2010 n. 23851); con la conseguente applicabilita’, in tal caso, del criterio di ripartizione di spese previsto dall’articolo 1123 comma 3 c.c., per l’ipotesi in cui le cose, gli impianti ed i servizi comuni siano destinati a servire una parte soltanto del fabbricato. E’ evidente, infatti, che non possono ricomprendersi nel novero delle cose comuni previste dall’articolo 1117 c.c., quelle parti che per le loro caratteristiche strutturali servano soltanto all’uso e al godimento di una parte del complesso immobiliare (v. Cass. Sez. Un. 7-7-1993 n. 7449).
Le ulteriori deduzioni svolte con il motivo in esame, partendo dal presupposto della natura contrattuale del regolamento condominiale e della conseguente possibilita’ per il medesimo di derogare ai criteri legali di riparto delle spese condominiali, pongono una questione che non risulta trattata nella sentenza impugnata e che il ricorrente non ha dedotto di aver prospettato nel giudizio di merito. Tale questione, pertanto, richiedendo accertamenti di fatto (in ordine
alla natura contrattuale del regolamento) esulanti dai poteri di cognizione attribuiti alla Corte di Cassazione, non puo’ essere fatta valere per la prima volta in sede di legittimita’. Nel giudizio di cassazione, infatti, e’ preclusa alle parti la prospettazione di nuove questioni di diritto o nuovi temi di contestazione che postulino indagini ed accertamenti di fatto non compiuti dal giudice del merito (Cass. 13-9-2007 n. 19164).
I rilievi esposti si riflettono negativamente anche sull’adeguatezza dei due quesiti di diritto formulati, i quali per un verso si basano su una descrizione dello stato dei luoghi difforme rispetto a quello accertato dal giudice di appello, caratterizzato dalla mancanza di ogni collegamento strutturale e funzionale tra le parti e i servizi dell’edificio principale interessati dai lavori oggetto delle delibere impugnate, e per altro verso presuppongono la natura contrattuale del regolamento condominiale, rimasta estranea al thema decidendi del giudizio di merito. Entrambi i quesiti, pertanto, non appaiono rispondenti ai requisiti richiesti dall’articolo 366 bis c.p.c..
Si rammenta, al riguardo, che, ai sensi della menzionata disposizione di legge, il quesito inerente ad una censura in diritto – dovendo assolvere alla funzione di integrare il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio giuridico generale – non puo’ essere meramente generico e teorico, ma deve essere calato nella fattispecie concreta, per mettere la Corte in grado di poter comprendere, dalla sua sola lettura, l’errore asseritamene compiuto dal giudice di merito e la regola applicabile (v. Cass. 7-3-2012 n. 3530; Cass. 25-7-2008 n. 20454; Cass. 14-2-2008 n. 3519).
Nella specie, i quesiti posti appaiono meramente teorici e non risolutivi, in quanto, essendo del tutto disancorati dal percorso argomentativo seguito nella sentenza impugnata, non focalizzano questioni di diritto essenziali ai fini della decisione.
3) Con il secondo motivo il ricorrente lamenta vizi di motivazione.
Deduce che la Corte di Appello ha omesso ogni considerazione in ordine alle spese relative alla manutenzione del cortile condominiale, degli impianti elettrico e fognario e dell’androne, costituenti anch’essi oggetto del giudizio, e ha ritenuto che l’unita’ immobiliare del (OMISSIS) ha natura di condominio parziale sulla base di una descrizione dei luoghi difforme dal reale. Rileva, infatti, che dalla planimetria e dalle fotografie prodotte emerge con evidenza che la proprieta’ del
(OMISSIS) non e’ una costruzione autonoma, bensi’ parte integrante dell’edificio condominiale, di cui costituisce la propaggine estrema; che detta unita’ e’ allacciata a impianti elettrico, fognario e di scarico delle acque meteoriche comuni; che l’accesso all’unita’ immobiliare del convenuto puo’ avvenire solo tramite il portone, l’androne ed il cortile condominiali; che la facciata di tale unita’ immobiliare e’ la continuazione della facciata interna dell’edificio condominiale,
e ne ha identico aspetto e colore.
La prima doglianza e’ infondata, in quanto il giudice del gravame, nell’individuare le spese per le quali era stata effettuata un’erronea ripartizione, ha implicitamente ritenuto la validita’ dei criteri di riparto relativi alle altre spese previste nelle due delibere assembleari impugnate.
Le censure mosse per sostenere che la proprieta’ del (OMISSIS) costituisce parte integrante dell’edificio condominiale, attraverso la formale denuncia di vizi di motivazione, si risolvono nella sostanziale richiesta di una valutazione delle risultanze processuali diversa rispetto a quella compiuta dal giudice del gravame, il quale, sulla base di una puntuale disamina della documentazione (fotografie e rilievi planimetrici) versata in atti, ha accertato che l’edificio in cui sono ubicate le unita’ immobiliari di proprieta’ del (OMISSIS) costituisce una costruzione separata ed autonoma, sia strutturalmente che funzionalmente, rispetto al corpo di fabbrica principale. In tal modo, si sollecita a questa Corte l’esercizio di poteri di cognizione che non le competono, rientrando l’accertamento dei fatti e la valutazione delle prove nei compiti istituzionali riservati al giudice di merito.
4) Con il terzo motivo il ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione dell’articolo 1117 c.c., articolo 1123 c.c., comma 3, articoli 61 e 62 disp. att. c.c..
Sostiene che, contrariamente a quanto affermato dalla Corte di Appello, i muri perimetrali e quelli portanti interni dell’edificio condominiale presentano un evidente collegamento strutturale, materiale e funzionale con l’unita’ (OMISSIS); che i tubi pluviali, raccogliendo le acque meteoriche e convogliandole negli scarichi comuni, hanno funzione protettiva delle coperture e dei muri perimetrali, e sono quindi funzionali alla conservazione di beni comuni anche alla proprieta’
(OMISSIS); che il portone condominiale che si apre sulla via (OMISSIS) e’ l’unico accesso all’immobile condominiale e all’unita’ del (OMISSIS), e viene espressamente indicato nell’articolo 3 del regolamento condominiale come “di proprieta’ comune e indivisibile” di tutti i condomini, al pari dell’androne, del cortile, delle scale e dei locali di portineria. Deduce, pertanto, che nella specie non puo’ configurarsi l’esistenza di un condominio parziale, e non e’ conseguentemente applicabile il disposto dell’articolo 1123 c.c., comma 3, in quanto tale norma presuppone che determinate cose, impianti e servizi non appartengano a tutti i partecipanti il condominio e non siano, percio’, utilizzati da alcuni di essi, ai quali non sono necessari. Nel Condominio di via (OMISSIS), inoltre, allo stato non e’ possibile prevedere la legittima possibilita’ di uno scioglimento, seppure parziale, in aderenza al dettato degli articoli 61 e 62 disp. att. c.c..
Il quesito di diritto posto e’ se, in presenza di parti comuni di un immobile condominiale, le quali – sia in forza di un regolamento condominiale contrattuale, che per la loro specifica funzione di essere necessarie per l’utilizzazione ed il godimento di tutte le parti esclusive dell’immobile medesimo – sono in rapporto di contitolarita’ e di accessorieta’ necessaria con le parti esclusive, che non consente lo scioglimento del condominio ex articoli 61 e 62 disp. att. c.c., si debba escludere la legittima configurazione di un condominio parziale, ai sensi dell’articolo 1123 c.c., comma 3.
Anche tale motivo deve essere disatteso.
Le deduzioni svolte per negare l’autonomia dell’unita’ del (OMISSIS) rispetto al complesso condominiale e alle parti comuni si basano, ancora una volta, sull’esistenza di un collegamento strutturale, materiale e funzionale tra i due corpi di fabbrica, che la Corte di Appello ha escluso con apprezzamento in fatto non sindacabile in questa sede, in quanto sorretto da una motivazione adeguata e immune da vizi logici e giuridici.
I rilievi inerenti alla impossibilita’ di scioglimento del condominio ex articoli 61 e 62 disp. att. c.c., sono inammissibili, introducendo una questione nuova, non prospettata nel giudizio di merito.
Ne discende altresi’ l’inadeguatezza del quesito di diritto posto, il quale, presupponendo una situazione fattuale difforme rispetto a quella accertata dal giudice di appello e investendo nuovi temi d’indagine (inerenti alla natura contrattuale del regolamento condominiale e alla impossibilita’ di scioglimento del condominio), si palesa astratto e non decisivo rispetto alla specifica fattispecie dedotta in giudizio.
5) Per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese sostenute dal resistente nel presente grado di giudizio, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in euro 3.700,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.
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