CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 25 luglio 2013, n. 18091
Lavoro subordinato e lavoro autonomo – Co.co pro e tirocinio – Vincolo di subordinazione
Svolgimento del processo
Con sentenza del 20/5 – 26/11/09 la Corte d’appello di Roma ha respinto l’impugnazione proposta da L.P. A., M. A. e D. S. avverso la sentenza del giudice del lavoro del Tribunale di Roma che aveva rigettato la loro domanda diretta alla declaratoria di nullità, per simulazione di un rapporto unitario di lavoro subordinato, dei tre distinti contratti di tirocinio, di collaborazione coordinata e continuativa e di fornitura di lavoro temporaneo intercorsi separatamente ed in momenti successivi l’uno dall’altro con la A.P. s.p.a, della quale avevano chiesto la condanna al ripristino del rapporto ed al pagamento delle relative differenze retributive. Nel confermare la sentenza gravata la Corte territoriale ha spiegato che alla luce delle risultanze documentali sarebbe stato onere delle ricorrenti, dalle medesime non assolto, quello di fornire elementi utili per dimostrare che le modalità attuative del rapporto avevano di fatto travalicato i limiti dettati dalla formale regolamentazione voluta dalle parti e che nemmeno erano emersi elementi atti a far presumere che la subordinazione esistesse fin dall’inizio per il solo fatto che non mutando le attività lavorative i rapporti erano stati diversamente qualificati nel tempo per volontà consapevole dei contraenti.
Per la cassazione della sentenza propongono ricorso le lavoratrici di cui in epigrafe, le quali affidano l’impugnazione ad un solo motivo di censura articolato in più punti.
Resiste con controricorso la W.K.I. s.r.L, già P. s.p.a. Le parti depositano memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
Motivi della decisione
Preliminarmente va respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso per tardività della sua notifica, cosi come formulata dalla difesa della società intimata, posto che le istanti erano state autorizzate con provvedimento presidenziale del 17/12/2010 a riattivare il procedimento notificatorio il cui mancato esito favorevole nei termini di legge era dipeso dal fatto che le ricorrenti avevano tentato di eseguirlo nell’ultimo giorno utile, allorquando era già deceduto il difensore domiciliatario della controparte.
Ricorrevano, invero, nella fattispecie le condizioni affinché le istanti venissero autorizzate a ripetere la notifica non essendo alle medesime imputabile la circostanza venutasi a creare della scomparsa del difensore della loro controparte, anche se tale evento si era verificato in epoca non prossima alla scadenza del termine per l’esecuzione della notifica in esame, ed avendo le stesse provveduto in un tempo ragionevole a chiedere l’autorizzazione di cui trattasi. Infatti, giova ricordare che questa Corte (Cass sez. 5 n. 9114 del 6/6/2012) ha già avuto modo di precisare che in tema di notificazione degli atti processuali, quando la stessa debba avvenire in un termine perentorio e non si concluda positivamente per circostanze non imputabili al richiedente, la parte istante, dopo aver appreso l’esito negativo del procedimento notificatorio, ha l’onere di attivarsi tempestivamente, entro un termine rispettoso del principio della ragionevole durata del processo, per evitare decadenze.
Con un solo articolato motivo le ricorrenti si dolgono della violazione e falsa applicazione dell’art. 8 della legge n. 196/1997, degli artt. 1344, 2094, 2697 cod. civ., degli artt. 414 e 416 c.p.c. e dell’art. 36 della Costituzione, nonché della carenza, dell’insufficienza e della contraddittorietà della motivazione. Anzitutto, le ricorrenti contestano il metodo di indagine seguito dai giudici d’appello, vale a dire la separata disamina dei tre distinti contratti di tirocinio, di collaborazione continuativa e coordinata e di fornitura temporanea di lavoro intercorsi in epoche diverse con l’intimata; le medesime si lamentano, inoltre, della mancata considerazione di quegli elementi indiziari, a loro giudizio gravi ed incontestati, che se valutati nel loro insieme avrebbero reso contezza della dedotta unitarietà del rapporto, quali il loro stabile inserimento nell’organizzazione aziendale, la continuità della prestazione per oltre tre anni, l’assenza di rischio, la percezione di un compenso fisso mensile, la mera prestazione di mezzi e non di risultato, nonché l’obbligo di presenza e di osservanza di un orario prestabilito. Le stesse lavoratrici lamentano, altresì, la mancata ammissione della prova testimoniale tesa a dimostrare l’insussistenza degli elementi tipici delle diverse tipologie contrattuali di lavoro utilizzate dalla parte datoriale e l’erronea valutazione, da parte della Corte di merito, dei loro principi regolatori. Il ricorso è infondato.
Invero, con argomentazione adeguata ed immune da vizi di carattere logico-giuridico, la Corte d’appello ha spiegata che le tre tipologie contrattuali consapevolmente scelte dalle parti erano perfettamente rispondenti alle esigenze effettive di ogni singola negoziazione, nel senso che era stata documentata per il contratto di tirocinio l’esistenza di un progetto formativo con designazione del tutore e degli obiettivi, che il regime fiscale e contributivo applicato ai compensi erogati in misura forfettaria annuale in un secondo momento rispondeva alle forme della collaborazione autonoma propria del contratto di collaborazione continuativa e coordinata e che, infine, il richiamo alla specifica causale dell’aumento temporaneo dell’attività, connessa alla implementazione del nuovo sistema informativo denominato “SAP”, di cui al contratto collettivo nazionale di categoria, così come indicata espressamente nel contratto di fornitura, garantiva la effettività di quest’ultimo.
Inoltre, con congrua motivazione in punto di fatto, come tale sottratta ai rilievi di legittimità, la Corte di merito ha chiarito che per ognuno dei tre contratti le modalità di svolgimento dell’attività lavorativa non erano incompatibili con le rispettive regolamentazioni, la qual cosa, unitamente ai dati documentali presenti in atti, rendeva superflua la generica richiesta di prova testimoniale su circostanze, oltretutto, pacifiche.
Orbene, non va dimenticato che “in tema di giudizio di cassazione, la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti (salvo i casi tassativamente previsti dalla legge). Conseguentemente, per potersi configurare il vizio di motivazione su un asserito punto decisivo della controversia, è necessario un rapporto di causalità fra la circostanza che si assume trascurata e la soluzione giuridica data alla controversia, tale da far ritenere che quella circostanza, se fosse stata considerata, avrebbe portato ad una diversa soluzione della vertenza. Pertanto, il mancato esame di elementi probatori, contrastanti con quelli posti a fondamento della pronunzia, costituisce vizio di omesso esame di un punto decisivo solo se le risultanze processuali non esaminate siano tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia probatoria delle altre risultanze sulle quali il convincimento è fondato, onde la “ratio decidendi” venga a trovarsi priva di base.” (Cass. Sez. 3 n. 9368 del 21/4/2006; in senso conf. v. anche Cass. sez. lav. n. 15355 del 9/8/04).
Nella fattispecie, la Corte d’appello ha attentamente valutato con argomentazioni logiche e ben motivate in ordine ai riscontri eseguiti, immuni da vizi giuridici, l’ampio materiale istruttorio raccolto, per cui le doglianze appena riferite non ne scalfiscono la relativa “ratio decidendi”. Il ricorso va, pertanto, rigettato.
Le spese di lite del presente giudizio seguono la soccombenza delle ricorrenti e vanno liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna le ricorrenti alle spese del giudizio nella misura di € 2000,00 per compensi professionali e di € 50,00 per esborsi, oltre accessori di legge.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 28 ottobre 2020, n. 23768 - In tema di contratto di lavoro a progetto, il regime sanzionatorio articolato dall'art. 69 del d.lgs. n. 276 del 2003, pur imponendo in ogni caso l'applicazione della disciplina del rapporto di lavoro…
- MINISTERO ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA - Nota 29 gennaio 2019, n. 1285 - Scadenza Tirocinio - Validità Temporale Tirocinio
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 05 luglio 2019, n. 18091 - Non è di ostacolo all'applicazione delle agevolazioni "prima casa" la circostanza che l'acquirente dell'immobile sia al contempo proprietario d'altro immobile (acquistato senza agevolazioni nel…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 21999 depositata il 12 luglio 2022 - In tema di contratto di lavoro a progetto, la definizione legale di cui al D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 61, richiede la riconducibilità dell'attività ad un progetto o programma specifico -…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 15 novembre 2019, n. 29761 - E' legittimo l'accertamento fondato sui predetti fattori - indice, provenienti da parametri e calcoli statistici qualificati, restando a carico del contribuente, posto nella condizione di difendersi…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 06 novembre 2019, n. 28564 - In tema di imposte sui redditi, l'accertamento del reddito con metodo sintetico (cd. redditometro), ex art. 38 d.P.R. n. 600 del 1973, non impedisce al contribuente di dimostrare, attraverso idonea…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Processo tributario: travisamento della prova
In ordine all’omesso esame di un fatto decisivo il Supremo consesso (Cass….
- Unico 2023: compilazione del quadro RU per i credi
La compilazione del quadro RU della dichiarazione dei redditi 2023 per l’i…
- Si può richiedere il rimborso del credito d’
Il credito relativi a versamenti per imposta non dovuto se esposto in dichiarazi…
- L’avvocato deve risarcire il cliente per il
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 26464 depositata il 13 settembre…
- In caso di fallimento della società cedente, il cu
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 19806 depositata il 12 luglio 20…