Corte di Cassazione sentenza n. 18320 del 07 settembre 2011
PREVIDENZA ED ASSISTENZA – PENSIONI – PENSIONE AI SUPERSTITI – FIGLI – PENSIONE DI INVALIDITA’ – RIVERSIBILITA’ IN FAVORE DEI FIGLI MAGGIORENNI INABILI AL LAVORO – INABILITA’ AL LAVORO – ELEMENTO COSTITUTIVO DEL DIRITTO – CONSEGUENZE
massima
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In caso di morte del titolare di pensione di invalidità, la pensione di riversibilità spetta al coniuge ed ai figli minorenni, mentre ai figli superstiti maggiorenni spetta soltanto se essi siano riconosciuti inabili al lavoro e a carico del genitore al momento del decesso di quest’ultimo; l’inabilità al lavoro rappresenta pertanto un presupposto del diritto alla pensione di riversibilità del figlio maggiorenne e, quindi, un elemento costitutivo dell’azione diretta ad ottenerne il riconoscimento, con la conseguenza che la sussistenza di esso deve essere accertata anche d’ufficio dal giudice, a nulla rilevando che l’istituto previdenziale non abbia tempestivamente eccepito la carenza del suddetto presupposto.
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
A.G.P. ha chiesto il riconoscimento del proprio diritto alla pensione di riversibilità in conseguenza del suo stato di inabilità al momento del decesso della madre (avvenuto nel 2003).
Il Tribunale di Cagliari ha accolto la domanda con sentenza che è stata confermata dalla Corte di Appello di Cagliari, che ha respinto sia l’appello dell’I., che sosteneva l’inesistenza del diritto alla pensione di riversibilità dal momento che la madre della A.G.P. godeva a sua volta di trattamento di riversibilità e che la figlia non era stata riconosciuta inabile al momento della morte del padre (avvenuta nel 1981), sia l’appello incidentale della A.G.P., che chiedeva l’accertamento del proprio stato di inabilità fin dalla data della morte del padre, con conseguente attribuzione del diritto alla pensione di riversibilità dalla stessa data, ritenendo, su quest’ultimo punto, la novità della questione, che era stata introdotta solo in appello dalla A.G.P.
Avverso tale sentenza ricorre per cassazione l’I. con un unico motivo di ricorso cui resiste con controricorso la A.G.P., che ha proposto anche ricorso incidentale fondato su due motivi.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, deve disporsi la riunione dei ricorsi proposti contro la stessa sentenza, ex art. 335 c.p.c.
1. – Con l’unico motivo di ricorso l’I. denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 13 R.D.L. n. 636/1939, come sostituito dall’art. 2 della legge n. 218 del 1952 e modificato dall’art. 22 della legge n. 930 del 1965, sostenendo che non è consentito dalle suddette disposizioni di legge riconoscere la pensione di reversibilità sulla quota di pensione di reversibilità spettante al coniuge superstite dell’originario titolare in assenza dei prescritti requisiti alla data del decesso del predetto titolare, e chiedendo a questa Corte di stabilire “se al figlio inabile spetta la pensione di reversibilità della quota della pensione di reversibilità ottenuta dalla madre a seguito del decesso del di lei coniuge, qualora l’inabilità del figlio medesimo non sia accertata sussistente alla data del decesso del padre, titolare originario della pensione”.
2. – Con il primo motivo del ricorso incidentale si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 437 c.p.c. per avere la Corte territoriale ritenuto ammissibile l’appello proposto dall’I. e fondato su un’eccezione nuova, non proposta nel corso del giudizio di primo grado, quale quella che la “la ricorrente non era inabile al momento della morte del titolare del trattamento pensionistico principale e non può quindi far valere diritto alla reversibilità dell’indicato trattamento”.
3. – Con il secondo motivo del ricorso incidentale si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 13 R.D.L. n. 636/1939 e dell’art. 437 c.p.c, deducendo che la Corte territoriale, una volta ritenuto ammissibile l’appello dell’I., avrebbe dovuto ritenere ammissibile anche l’allegazione da parte della A.G.P. di fatti non specificamente dedotti in primo grado, quali erano quelli tendenti a dimostrare che lo stato di inabilità sussisteva già alla data del decesso del titolare della pensione diretta, e ciò per consentirle di rispondere al motivo di appello fondato su elementi nuovi e non esplicitati dall’Istituto nel giudizio di primo grado.
4. – Il quesito di cui all’unico motivo del ricorso principale deve trovare risposta nel principio già affermato da questa Corte (cfr. ex plurimis Cass. n. 11999/2002), ed al quale il Collegio intende dare continuità, secondo cui “in tema di pensione ai superstiti, a norma dell’art. 22 legge n. 903 del 1965, il diritto a pensione di reversibilità spetta, alla morte del pensionato o dell’assicurato, iure proprio, a ciascuno dei soggetti individuati dalla citata norma, in ragione dei rapporti con il defunto e in relazione alla situazione in cui si trova al momento del decesso di quest’ultimo; deve pertanto escludersi che sia prevista la trasmissibilità del diritto a pensione di reversibilità e, in particolare, deve escludersi che, alla morte del titolare di pensione di reversibilità, detta pensione venga ulteriormente attribuita ai superstiti di quest’ultimo”.
Alla stregua del principio sopra enunciato, il ricorso deve pertanto trovare accoglimento con la cassazione della sentenza impugnata.
5. – Il ricorso incidentale è infondato in entrambi i motivi. Questa Corte ha, infatti, già affermato che in caso di morte del titolare di pensione di invalidità, la pensione di reversibilità spetta al coniuge e ai figli minorenni, mentre ai figli superstiti maggiorenni spetta soltanto se essi siano riconosciuti inabili al lavoro e a carico del genitore al momento del decesso di quest’ultimo; l’inabilità al lavoro rappresenta pertanto un presupposto del diritto alla pensione di reversibilità del figlio maggiorenne e, quindi, un elemento costitutivo dell’azione diretta ad ottenerne il riconoscimento, con la conseguenza che la sussistenza di esso deve essere accertata anche d’ufficio dal giudice, a nulla rilevando che l’istituto previdenziale non abbia tempestivamente eccepito la carenza del suddetto presupposto (Cass. n. 1367/98, Cass. n. 2204/81). Sulla stessa linea, anche se in tema di invalidità civile, è stato affermato che nei giudizi volti al riconoscimento del diritto a pensione o ad assegno di invalidità civile, il requisito reddituale, al pari dei requisiti sanitari e di quello socio-economico (ed. in collocazione la lavoro), costituisce elemento costitutivo del diritto, la cui sussistenza va verificata anche d’ufficio ed è preclusa solo dalla relativa non contestazione, ove la situazione reddituale sia stata specificamente dedotta, nonché dal giudicato, nel caso in cui non sia stato proposto sul punto specifico motivo di appello (cfr. Cass. n. 16395/2008).
Nella specie, la A.G.P. avrebbe, dunque, dovuto dimostrare di avere dedotto l’esistenza dei fatti costitutivi della domanda, ed in particolare della sussistenza del requisito dello stato di inabilità alla data del decesso del padre, già con l’atto introduttivo del giudizio di primo grado, mentre, come si apprende dalla esposizione dei fatti contenuta nella sentenza impugnata, si è limitata, con il ricorso introduttivo, ad allegare che lo stato di inabilità sussisteva al momento della morte della madre. Devono quindi ritenersi pienamente conformi alle norme di diritto sia la statuizione con cui la Corte territoriale ha (implicitamente) ritenuto l’ammissibilità dell’appello proposto dall’I. sia quella con cui ha ritenuto la novità delle questioni introdotte per la prima volta in appello dalla A.G.P.
6. – In definitiva, deve essere accolto il ricorso principale e respinto quello incidentale.
7. – La cassazione della sentenza impugnata per violazione di norme di diritto comporta la decisione nel merito della causa (art. 384, comma 2, c.p.c), non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, con la conseguente pronuncia di rigetto dell’originaria domanda.
8. – In considerazione anche della tardività dell’allegazione, da parte dell’I., della carenza del requisito della inabilità al lavoro, si ravvisano giusti motivi per compensare tra le parti le spese dei giudizi di merito. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi, accoglie il ricorso principale, rigetta quello incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e, decidendo nel merito, rigetta la domanda; compensa le spese dei gradi del giudizio di merito e condanna la A.G.P. al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 15,00 oltre € 2.000,00 per onorari, oltre IVA, CPA e spese generali.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 26 maggio 2011.
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