CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 29 gennaio 2014, n. 1859
Tributi – Imposte indirette – IVA – Ristrutturazione immobile concesso in comodato – Costi sostenuti dalla contribuente – Assoggetabilità ai fini Iva – Sussiste
Ritenuto in fatto
1. In data 20.12.96, veniva notificato alla società P.U. s.r.l. un avviso di rettifica emesso dall’Ufficio ai fini IVA per l’anno di imposta 1991, con il quale l’Amministrazione finanziaria disconosceva il diritto al rimborso di un credito di imposta, riportato dalla contribuente nella relativa dichiarazione annuale, relativo alle spese per la ristrutturazione di un immobile concesso in comodato alla predetta società dal proprio amministratore, con contratto del 19.4.89.
2. L’atto impositivo veniva impugnato dalla P.U. s.r.l. dinanzi alla CTP di Roma, che rigettava il ricorso. La CTR del Lazio, con sentenza n. 137/29/05, depositata il 24.3.06, accoglieva, peraltro, l’appello proposto dalla società, compensando le spese del giudizio.
2.1. Il giudice di seconde cure riteneva, invero, che i costi per la ristrutturazione suindicata fossero da considerarsi inerenti all’attività di impresa, e perciò detraibili, poiché relativi ad un’attività propedeutica a quella assoggettabile ad IVA, successivamente svolta dalla contribuente. La CTR riteneva, inoltre, che tale conclusione non fosse inficiata, trattandosi di due soggetti giuridici diversi, dalla coincidenza, nella stessa persona fisica, del comodante e dell’amministratore della società comodataria dell’immobile di proprietà del primo.
3. Per la cassazione della sentenza n. 137/29/05 ha proposto ricorso l’Agenzia delle Entrate articolando due motivi.
La contribuente ha replicato con controricorso.
Considerato in diritto
1. Con i due motivi di ricorso – che, per la loro evidente connessione, vanno esaminati congiuntamente l’Agenzia delle Entrate denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 19 del d.P.R. n. 633/72, 10 della L. 212/00, 1175 c.c. e 17 della Direttiva CEE n. 388/77, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., nonché la contraddittoria ed insufficiente motivazione su punti decisivi della controversia, in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c.
1.1. La CTR – a parere dell’Amministrazione – sarebbe in corsa nella violazione delle disposizioni succitate, laddove ha ritenuto – peraltro, con motivazione incongrua – che fossero inerenti all’attività di impresa, svolta dalla P.U. s.r.l., i costi dalla medesima affrontati per la ristrutturazione di un immobile concesso in comodato alla predetta società dal proprio amministratore, con contratto del 19.4.89. Il giudice di appello non avrebbe, difatti, adeguatamente valutato – a parere della ricorrente – che non avendo la contribuente posto in essere alcuna operazione imponibile ai fini IVA dal 1989 al 1993, tale isolata operazione – non diretta al mercato, sebbene prevista dall’atto costitutivo e dallo statuto sociale – oltre a costituire violazione del principio di buona fede sancito dagli artt. 1175 c.c. e 10 della L. n. 212/00, integrerebbe gli estremi dell’abuso del diritto, elaborato dalla giurisprudenza comunitaria.
1.2. Tale conclusione sarebbe – dipoi – confortata, secondo l’Amministrazione ricorrente, dall’ulteriore circostanza, anch’essa non adeguatamente valorizzata dalla CTR, della coincidenza, nella stessa persona fisica, del comodante e dell’amministratore della società comodataria dell’ immobile di proprietà del primo. Siffatta circostanza evidenzierebbe, infatti, contrariamente a quanto ritenuto dalla CTR, l’unico scopo dell’operazione, consistente nel procurare alla società un indebito credito di imposta.
2. Le censure sono infondate.
2.1. La Corte di Lussemburgo ha – per vero – più volte affermato al riguardo che, ai fini di stabilire se sia detraibile, o meno, ai sensi dell’art. 17 della sesta Direttiva n. 388/77, un’attività di acquisto o di ristrutturazione di un bene da adibire all’esercizio dell’impresa, deve aversi riguardo all’intenzione del soggetto passivo di imposta, confermata da elementi obiettivi, di utilizzare un bene o un servizio per fini aziendali. Tale intento consente, invero, di determinare se, nel momento in cui procede all’operazione a monte, detto soggetto passivo agisca come tale, e debba dunque poter beneficiare del diritto a detrazione dell’IVA dovuta o assolta per i detti beni e servizi (cfr. C. Giust.11.7.91, Lennartz, C-97/90; C. Giust. 8.6.00, Breitshol, C- 400/98; C. Giust. 19.7.12, C-334/10) .
2.2. In adesione a tale indirizzo della giurisprudenza comunitaria, questa Corte ha, del pari, ripetutamente statuito che un’operazione economica isolata non diretta al mercato, compiuta da una società commerciale, quand’anche l’atto costitutivo o lo statuto sociale prevedano che il sodalizio possa compiere operazioni di acquisto, ristrutturazione, vendita e locazione d’immobili, di per se sola non può valere a dare consistenza ad un’attività imprenditoriale capace di giustificare l’inerenza dell’operazione passiva all’attività svolta.
La previsione statutaria relativa a tali attività riveste, infatti, ai fini della detraibilità del tributo assolto sulle operazioni passive, un valore meramente indiziario circa l’inerenza dei relativi costi all’effettivo esercizio dell’impresa, ai sensi dell’art. 19, co. 1 del d. P.R. 633/72; salvo che la società dimostri o che l’operazione, apparentemente singola, non sia isolata e che sia inserita in una specifica attività imprenditoriale, oppure che essa s’inserisca in una attività immobiliare vera e propria, così che – in ambedue i casi – sia destinata, almeno in prospettiva, a generare un lucro in proprio favore. E’ necessario, in altri termini, che risulti comprovato – da parte del contribuente sul quale incombe il relativo onere – l’intento del medesimo di finalizzare l’acquisto o la ristrutturazione dell’immobile all’espletamento dell’attività economica dichiarata, giacché anche un’operazione isolata, se prodromica all’esercizio effettivo dell’attività di impresa, può essere considerata ai fini della detrazione dell’IVA assolta a monte, pure in difetto di operazioni attive (cfr. Cass. 2300/05; 7808/08; 7344/11; 4157/13).
2.3. Orbene, nel caso di specie, la P.U. s.r.l. è una società immobiliare nel cui oggetto sociale – stando allo stesso ricorso dell’Agenzia delle Entrate (p. 6) rientrano anche l’attività di restauro e di ristrutturazione degli immobili.
L’attività posta in essere nel caso concreto, è avvenuta a seguito di un contratto di comodato stipulato tra la società e l’amministratore della stessa P.U. s.r.l., L.C., in data 19.4.89, con il quale quest’ultimo concedeva in godimento alla società un immobile di sua proprietà di quattro piani, allo stato grezzo, con l’obbligo per la comodataria di renderlo abitabile per adibirlo all’attività prevista dall’atto costituivo e dallo statuto. Terminata la ristrutturazione, la P.U. s.r.l. esponeva in dichiarazione un credito di £. 104.346.000, che veniva disconosciuto dall’Amministrazione, poiché ritenuto non inerente all’attività di impresa.
2.4. Ebbene, dall’esame dell’impugnata sentenza, si evince, senza ombra di dubbio, che l’attività di locazione immobiliare – rientrante nell’oggetto sociale della P.U. s.r.l. – fu da quest’ultima effettivamente intrapresa negli anni successivi al 1991, epoca in cui ebbero termine i lavori di ristrutturazione, comportando, quindi, a decorrere dall’anno 1994, come riconosciuto dalla stessa Agenzia delle Entrate, un progressivo aumento dei ricavi assoggettati ad IVA. Ne discende, sulla scorta dei principi suesposti, che il disconoscimento del credito relativo alle spese di ristrutturazione di detto immobile – come correttamente ritenuto dal giudice di appello – non può considerarsi legittimo, attesa l’evidente finalizzazione di tale operazione al futuro esercizio dell’attività di impresa prevista dall’atto costitutivo e dallo statuto sociale.
2.5. E’ appena il caso di soggiungere, poi, che – attesa l’innegabile diversità dì soggetti sussistente tra la società contribuente (società di capitali dotata di personalità giuridica) ed il suo amministratore (persona fisica) – la circostanza che il contratto di comodato, prodromico alla ristrutturazione dell’immobile, sia intercorso tra gli stessi, contrariamente all’assunto dell’Amministrazione finanziaria non riveste alcun significato ai fini della dimostrazione di un intento elusivo dell’IVA, che sarebbe implicito nell’essere il L. “sostanzialmente parte del citato contratto di comodato”. L’alterità dei due di soggetti, infatti, rende del tutto giustificabile un interesse economico contrapposto degli stessi, idoneo a giustificare il contratto sul piano economico-giuridico, atteso che, in siffatta ipotesi, mentre il comodatario ottiene il diritto di disporre di detto appartamento al fine di utilizzarlo per la propria attività economica per la durata del contratto, senza essere tenuto a pagare un canone di locazione, il proprietario, dal canto suo, recupera l’appartamento ristrutturato alla fine del contratto medesimo (C. Giust. 26.9.13, Serebryannay vek, C-283/12).
3. Per tutti i motivi esposti, pertanto, il ricorso non può che essere rigettato.
4. Le spese del presente giudizio vanno poste a carico della ricorrente, nella misura di cui in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna la ricorrente alle spese del presente giudizio, che liquida in € 3.500,00, oltre ad € 200,00 per esborsi ed accessori di legge.
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