CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 06 agosto 2013, n. 18730
Lavoro – Previdenza e assistenza – Contributi assicurativi – Professione forense – Cassa di previdenza e assistenza – Controlli incrociati con l’amministrazione finanziaria
Svolgimento del processo
L’avv. (…) proponeva opposizione avverso la cartella esattoriale con cui gli era stato intimato il pagamento dei contributi previdenziali dovuti alla Cassa forense per gli anni 1987, 1996, 2001 e 2002. Il Tribunale accoglieva l’opposizione e annullava la cartella limitatamente ai contributi relativi all’anno 1987.
Impugnava la Cassa forense per dedurre che erroneamente era stato applicato il termine di prescrizione quinquennale anziché quello decennale e che l’avv. (…) aveva presentato una istanza di condono pure per l’anno 1987 senza apporre clausole di riserva, precludendosi la possibilità di esperire un’azione di accertamento negativo del debito.
Con sentenza depositata il 25 febbraio 2008 la Corte di appello di Napoli, accogliendo il gravame, rigettava integralmente l’opposizione. Osservava che, ai sensi dell’art. 19, in relazione agli artt. 17 e 23 della legge n. 576/80, occorreva distinguere tra dichiarazione omessa e dichiarazione non veritiera; che nel primo caso (dichiarazione omessa o non inviata) non è ravvisabile un dies a quo del termine, mentre nel secondo caso (dichiarazione resa ed inviata, ma non conforme al vero) la prescrizione prende a decorrere dal momento della trasmissione della dichiarazione alla Cassa previdenziale; che la legge n. 335/95 non aveva innovato quanto alle regole sulla decorrenza della prescrizione e, pertanto, l’art. 19 della legge n. 576/80 continuava a trovare applicazione; che nel caso di specie, quanto all’anno 1987, non vi era prova dell’invio, da parte dell’avv. (…) alla Cassa, della dichiarazione (cd. mod. 5, contenente l’indicazione del volume di affari) e dunque non poteva ritenersi maturata la prescrizione.
Per la cassazione di tale sentenza l’avv. W. A. propone ricorso sulla base di cinque motivi.
Resiste con controricorso la Cassa forense che propone a sua volta ricorso incidentale condizionato, affidato a due motivi.
Motivi della decisione
Con il primo motivo del ricorso principale l’avv. (…) denuncia error in procedendo per omessa integrazione del contraddittorio in appello con l’Esattoria Comunale di Napoli, parte del giudizio di primo grado, in violazione dell’art. 331 cod. proc. civ., come sancito dall’art. 24, comma 5, del d.lgs. n. 46 del 1999.
Con il secondo motivo eccepisce la nullità della cartella esattoriale per omessa previa notifica dell’ordinanza ingiunzione prevista per le sanzioni amministrative dalla legge n. 689/81 art. 35, comma 7.
Con il terzo motivo denuncia falsa applicazione delle norme sulla prescrizione del credito contributivo.
Con il quarto motivo prospetta l’incostituzionalità dell’art. 19 comma 2 della legge n. 576/80 per contrasto con l’art. 24 Cost., in quanto la mancanza di una precisa disciplina sulla decorrenza del termine prescrizionale in caso di omessa dichiarazione lascerebbe alla Cassa la facoltà di esigere i contributi a distanza di molti anni, in violazione del diritto di difesa e del principio di certezza del diritto.
Con il quinto motivo censura la sentenza per motivazione insufficiente circa “un punto decisivo della controversia cioè se nel caso di specie deve ritenersi valida l’applicazione dell’art. 19, secondo comma, legge n. 576 del 1980 laddove la Cassa chiede il pagamento dei contributi, sanzioni ed interessi per ipotetica omessa dichiarazione Mod./5 avvenuta oltre il decennio dalla richiesta”.
Con i quesiti di diritto formulati in calce al ricorso chiede a questa Corte “.. .se l’atto di appello è nullo in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4, avendo omesso la notifica all’Esattoria Comunale di Napoli, parte del giudizio di primo grado; se è applicabile l’art. 19 comma 2, legge n. 576 del 1980 che esclude il termine di prescrizione decennale nel caso di omessa dichiarazione; se in caso di omessa dichiarazione ultradecennale la Cassa può applicare contributi, sanzioni ed interessi iscrivendo le somme a ruolo senza la preventiva ordinanza ingiunzione così come prevista dagli artt. 13, 14 e 18 legge 689/81; se i contributi, le sanzioni e le somme aggiuntive in caso di presunta omessa dichiarazione ultradecennale sono dovute”.
La Cassa forense propone ricorso incidentale condizionato con cui lamenta violazione degli artt. 1324 e 1326 cod. civ. in riferimento alle delibera del Comitato dei delegati della Cassa del 25 luglio 2002, regolativa del condono previdenziale (art. 360 cod. proc. civ., n. 3), e chiede a questa Corte di chiarire se la sottoscrizione di domanda di condono previdenziale, non accompagnata né seguita da alcuna clausola di riserva, debba intendersi significativa, a partire dal momento in cui è pervenuta a conoscenza legale del destinatario (nella specie, della Cassa di previdenza forense), di riconoscimento di debito e dunque indicativa di rinuncia (per fatto concludente) alla contestazione dell’esistenza del debito stesso.
Con il secondo motivo la Cassa denuncia vizio di motivazione sul medesimo punto, per avere la Corte di appello affermato, in modo del tutto apodittico, che la domanda di condono avanzata in corso di giudizio non poteva costituire implicita rinuncia al giudizio in corso ed avere ritenuto, in modo contraddittorio ed illogico, che pure a fronte di una domanda di condono non poteva emettersi declaratoria di cessazione della materia del contendere mancando la prova del pagamento, mentre ben potrebbe esservi un riconoscimento di debito seppure non seguito dall’adempimento.
Il ricorso principale va respinto, restando assorbito l’incidentale condizionato.
Preliminarmente, deve rilevarsi la non perfetta corrispondenza tra i motivi e i quesiti formulati, con la conseguenza che devono ritenersi inammissibili tanto i motivi non supportati da corrispondenti quesiti di diritto, tanto i quesiti che vertono su questioni che non trovano adeguato riscontro nei motivi.
Quanto al denunciato error in procedendo di cui al primo motivo, deve rilevarsi il difetto di autosufficienza del ricorso (art. 366 cod. proc. civ.), avendo il ricorrente prospettato in modo del tutto apodittico – senza alcun rinvio ad atti del procedimento dai quali potere desumere la fondatezza del propri assunti – che il concessionario fu parte del giudizio di opposizione e che non fu evocato in secondo grado dalla Cassa appellante. In ogni caso, deve osservarsi che nel giudizio di opposizione a cartella esattoriale conseguente alla formazione del ruolo dei crediti degli enti previdenziali (nella specie della Cassa nazionale di previdenza ed assistenza forense) il concessionario – soggetto destinatario del pagamento, ma non contitolare del diritto di credito – non assume la qualità di contraddittore necessario, per cui l’adempimento della notifica anche nei suoi confronti del ricorso in opposizione, richiesta dall’art. 24, comma quinto, del d.lgs. n. 46 del 1999, assolve alla funzione di una mera denuntiatio litis, per portare a sua conoscenza la pendenza della controversia, ma non costituisce una vocatio in ius (Cass. n. 9113 del 2007).
Il secondo motivo, che si traduce nel terzo quesito di diritto, introduce una questione nuova, non trattata nella sentenza impugnata e come tale inammissibile in questa sede.
Il motivo vertente sul regime prescrizionale – e specificamente sul dies a quo del termine – è infondato, avendo il giudice di appello deciso la controversia in conformità all’indirizzo giurisprudenziale di questa Corte in materia, dal quale non vi è motivo di discostarsi in mancanza di valide ragioni, neppure espresse, nel ricorso all’esame.
La giurisprudenza di questa Corte è nel senso dell’applicabilità della nuova disciplina della prescrizione quinquennale di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 3, alle contribuzioni dovute alle casse di previdenza privatizzate dei liberi professionisti (ex plurimis, Cass. nn. 4153 e 23643 del 2006).
La legge n. 576 del 1980 (applicabile alla fattispecie ratione temporis, prima della modifiche apportate dalla legge n. 141 del 1991), art. 17, primo comma, prevede l’obbligo di tutti gli iscritti agli albi degli avvocati e dei procuratori nonché i praticanti procuratori iscritti alla Cassa di comunicare alla Cassa con lettera raccomandata, da inviare entro trenta giorni dalla data prescritta per la presentazione della dichiarazione annuale dei redditi, l’ammontare del reddito professionale di cui all’articolo 10 dichiarato ai fini dell’IRPEF per l’anno precedente nonché il volume complessivo d’affari di cui all’articolo 11 dichiarato ai fini dell’IVA per il medesimo anno, prescrivendo che la comunicazione deve essere fatta anche se le dichiarazioni fiscali non sono state presentate o sono negative. Ai sensi della L. n. 576 del 1980, art. 19, comma 2, “per i contributi, gli accessori e le sanzioni dovuti o da pagare ai sensi della presente legge, la prescrizione decorre dalla data di trasmissione alla Cassa, da parte dell’obbligato, della dichiarazione di cui agli artt. 17 e 23”.
La questione se tale norma sia sopravvissuta alla nuova disciplina del termine di prescrizione, di cui alla L. n. 335 del 1995, quale norma speciale previgente non espressamente modificata, è stata risolta da questa Corte con sentenza 6 settembre 2007, n. 18698, la quale ha affermato che la legge n. 335/95 ha unificato la durata dei termini di prescrizione dei contributi previdenziali, ma non anche le regole in ordine alla decorrenza dei medesimi. Pertanto, non è incisa dalla predetta legge la previgente disposizione di cui all’art. 19, secondo comma, della legge 20 settembre 1980, la quale, per la previdenza forense, dispone che la prescrizione inizia a decorrere dalla trasmissione alla Cassa Nazionale di Assistenza e Previdenza Forense della dichiarazione di cui agli artt. 17 e 23 della stessa legge n. 576 (e, segnatamente, della cd. denuncia “Mod. 5”, contenente l’indicazione del volume d’affari). La precedente sentenza 13.12.2006 n. 26621 aveva affermato che il termine di prescrizione è divenuto quinquennale anche per le gestioni dei liberi professionisti e la sentenza 15.3.2006 n. 5622 aveva ribadito che la prescrizione dei contributi dovuti alla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense è quinquennale dall’1.1.1996.
Va pure aggiunto che, ai sensi della successiva disciplina regolamentare, la Cassa ha il diritto di richiedere in ogni momento ai competenti uffici delle Imposte Dirette e dell’IVA informazioni sulle singole dichiarazioni degli iscritti agli albi e sui relativi accertamenti definitivi. Di tale facoltà la Cassa si è avvalsa nella specie, apprendendo delle eccedenze IRPEF e IVA a seguito di controlli incrociati. La stessa legge n. 576 del 1980, art. 18, comma 7, considera la possibilità della Cassa di giovarsi “in ogni tempo” della conoscenza degli imponibili legittimamente acquisita ai fini della riscossione. Tale previsione tuttavia non incide sulla disciplina della prescrizione di cui all’art. 19 della medesima legge.
Più recentemente, questa Corte, nell’affrontare specificamente la questione della decorrenza del termine prescrizionale nel caso di omessa dichiarazione, ha affermato che “l’art. 19 della legge 20 settembre 1980, n. 576, che contiene la disciplina della prescrizione dei contributi, dei relativi accessori e dei crediti conseguenti a sanzioni dovuti in favore della Cassa Nazionale Forense, individua un distinto regime della prescrizione a seconda che la comunicazione dovuta da parte dell’obbligato, in relazione alla dichiarazione di cui agli artt. 17 e 23 della stessa legge, sia stata omessa o sia stata resa in modo non conforme al vero, riferendosi solo al primo caso l’ipotesi di esclusione del decorso del termine prescrizionale, mentre, quanto alla seconda fattispecie, il decorso del termine è da intendersi riconducibile al momento della data di trasmissione all’anzidetta cassa previdenziale della menzionata dichiarazione (Cass. sent. n. 9113 del 2007; conf. Cass. ord. n. 6259 del 2011).
Nella sentenza n. 9113 del 2007 è stato osservato che la disciplina in esame contiene la chiara distinzione tra “comunicazione omessa” e “comunicazione non conforme al vero”, e consente quindi di riferire solo alla prima, avuto riguardo alla disposizione dell’art. 19, l’ipotesi di esclusione del decorso del termine prescrizionale. A tale conclusione interpretativa — che viene condivisa e ribadita in questa sede – questa Corte è giunta attraverso una interpretazione sistematica delle diverse disposizioni della legge citata e del regolamento attuativo, osservando come sia stata tenuta distinta dal legislatore l’ipotesi delle comunicazione omessa (o incompleta) dalla “comunicazione non conforme al vero”.
Nella sentenza n. 20219 del 2012 le Sezioni Unite di questa Corte, nel pronunciare in materia di sanzioni disciplinari, hanno osservato che “la ratio finale dell’obbligo imposto dalla L. 20 settembre 1980, n. 576, art. 17, è di consentire alla Cassa di riscuotere i contributi obbligatori (…) e in relazione ai quali – nonché agli accessori e alle sanzioni dovuti o da pagare ai sensi della presente legge – la prescrizione decorre dalla data di trasmissione alla Cassa, da parte dell’obbligato, della dichiarazione di cui agli artt. 17 e 23 (L. n. 576 del 1980, art. 19, comma 2). Conseguentemente coloro che sono obbligati a renderla possono provvedervi sempre (Decreto del 22 maggio 1997, art. 14, comma 1, precitato, Cass. 6259 del 2011); la Cassa ha il diritto di ottenere in ogni momento, in via di accertamento sostitutivo del predetto obbligo contributivo e di controllo “dai competenti uffici delle imposte dirette e dell’IVA le informazioni relative alle dichiarazioni e gli accertamenti definitivi concernenti tutti gli avvocati e procuratori nonché i pensionati” (L. n. 576 del 1980, art. 17, comma 8), e può giovarsi in ogni tempo “ai fini della riscossione della conoscenza degli imponibili legittimamente acquisita” (art. 18, comma 7, della stessa legge)”.
E’ inammissibile l’eccezione di incostituzionalità dell’art. 19 legge n. 576 del 1980, priva del relativo quesito di diritto. In tema di ricorso per cassazione, la prospettazione di una questione di costituzionalità, essendo funzionale alla cassazione della sentenza impugnata e postulando la prospettazione di un motivo che giustificherebbe tale effetto una volta accolta la questione medesima, suppone necessariamente che, a conclusione dell’esposizione del motivo così finalizzato, sia indicato il corrispondente quesito di diritto previsto dall’abrogato art. 366-bis cod. proc. civ. (ove applicabile “ratione temporis”), indipendentemente dalla rilevabilità d’ufficio della questione di costituzionalità e dall’ammissibilità del ricorso che prospetti soltanto un dubbio di costituzionalità (Cass. S.U. 24 gennaio 2013 n. 1707).
Il motivo vertente su vizio di motivazione attiene a questione interpretativa di diritto, mentre nessun vizio logico è prospettato in ordine alle questioni di fatto prese in esame e valutate dal giudice di appello. Il motivo è dunque inammissibile.
Le spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, sono poste a carico della parte soccombente.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale, assorbito l’incidentale. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in euro 2.000,00 per compensi e in euro 50,00 per esborsi, oltre accessori di legge.
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