Corte di Cassazione sentenza n. 189 del 07 gennaio 2013
SICUREZZA SUL LAVORO – MISURE DI PREVENZIONE – INFORTUNIO SUL LAVORO – RESPONSABILITA’ CIVILE DEL DATORE DI LAVORO: IN GENERE – SICUREZZA SOCIALE
massima
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In ossequio al dettato normativo dell’art. 2087 c.c. e dell’art. 4 del D.Lgs. n. 626/1994, costituisce precipuo dovere del datore di lavoro tutelare, mediante l’adozione di adeguate misure di sicurezza e con l’impiego di idonei mezzi di protezione, l’integrità fisica dei dipendenti.
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FATTO
1. A seguito di opposizione a decreto penale di condanna e al termine del dibattimento, il Tribunale di Pordenone con sentenza del 28/2/2012, previa assoluzione dal reato contestato al capo B (del Decreto del Presidente della Repubblica n. 547 del 1955, articoli 41 e 389), ha condannato il sig. (Omissis) alla pena di 6.000,00 euro di ammenda in relazione ai reati previsti dai capi A (del Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articoli 4 e 89) e C (del Decreto del Presidente della Repubblica n. 303 del 1956, articoli 20 e 58), accertati il (Omissis) e unificati sotto il vincolo della continuazione.
2. Avverso tale decisione il sig. (Omissis) ha proposto ricorso tramite i Difensori, in sintesi lamentando:
Vizio di motivazione ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lettera e) e errata applicazione di legge ex art. 606 c.p.p., lettera b) per avere il giudicante erroneamente valutato le fonti di prova acquisite in atti, risultando le dichiarazioni testimoniali (Omissis) del tutto generiche e risultando smentite da teste a difesa ( (Omissis)) le accuse circa l’assenza di impianti d’aspirazione e di una valutazione dei rischi, con conseguente omessa applicazione della disposizione contenuta nell’art. 533 c.p.p.
DIRITTO
1. Il ricorso risulta manifestamente infondato e caratterizzato da sostanziale genericità, e come tale inammissibile ai sensi degli artt. 581 e 591 c.p.p.
2. Dal momento che il ricorso è incentrato su argomentazioni che attengono alla valutazione del materiale probatorio, debbano trovare qui applicazione i principi interpretativi in tema di limiti del giudizio di legittimità e di definizione dei concetti di contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, nonchè in tema di travisamento del fatto che sono contenuti nelle sentenze delle Sez. Un., n. 2120, del 23 novembre 1995-23 febbraio 1996, Fachini, rv 203767, e n. 47289 del 2003, Petrella, rv 226074. In tale prospettiva di ordine generale va, dunque, seguita la costante affermazione giurisprudenziale del principio secondo cui è “preclusa al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti” (fra tutte: Sezione Sesta Penale, sentenza n. 22256 del 26 aprile-23 giugno 2006, Bosco, rv 234148).
3. A ciò si aggiunga che il Tribunale si è fatto carico dell’esame della versione difensiva e delle prove addotte a sostegno, cosi non incorrendo nel vizio di carenza di motivazione, e ha dato conto in modo non illogico delle ragioni per cui la testimonianza del verbalizzante e il materiale documentale acquisito confermano l’esistenza di carenze di impianti e misure di prevenzione rispetto agli obblighi di legge, carenze tali da integrare i reati contestati ai capi A e C, ma non quello contestato al capo B.
In presenza di motivazione del giudice di merito che risulti coerente coi dati processuali presi in esame e immune da vizi logici, questa Corte non può che rilevare come il contenuto del ricorso esuli dalle ipotesi previste dall’art. 606 c.p.p.
4. Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, nonchè al versamento della somma di euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.
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