Corte di Cassazione sentenza n. 19126 del 20 settembre 2011
SICUREZZA SUL LAVORO – DATORE DI LAVORO – APPALTO PRIVATO – RESPONSABILITÀ DI UN DIRETTORE DEI LAVORI E INTERRUZIONE DELL’ATTIVITÀ
massima
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La responsabilità prevista dall’art. 1669 c.c. in capo all’appaltatore nei confronti del committente e dei suoi aventi causa, in realtà, trova applicazione anche verso il progettista, il direttore dei lavori e, perfino, verso il committente se questi ha provveduto alla costruzione dell’immobile con propria gestione diretta, ovvero sorvegliando personalmente l’esecuzione dell’opera, rendendo l’appaltatore un nudus minister. Ne consegue che la norma de qua si applica anche al venditore-costruttore, ovvero al venditore di unità immobiliari che ne abbia curato direttamente la costruzione, ancorché i lavori siano appaltati ad un terzo, nonché a quanti abbiano collaborato nella costruzione e/o nella fase di direzione dei lavori in parola.
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Fatto
Nel maggio del 2006 C. I. propose appello avverso la sentenza con la quale il tribunale di Trento, accogliendone la domanda risarcitoria proposta nei confronti della sas Gruppo Edile G. e di R. F., la aveva di converso rigettata nei confronti, tra gli altri, di P. D..
La corte di appello di Trento accolse l’impugnazione, il D ritenendo il corresponsabile del grave infortunio di cui era rimasto vittima l’appellante nel corso dell’esecuzione di lavori di ristrutturazione e demolizione di un fabbricato.
La sentenza è stata impugnata dal D con ricorso per cassazione sorretto da un unico, complesso motivo di doglianza, illustrato da memoria.
Resiste con controricorso C. I..
Diritto
Il ricorso è fondato.
La denuncia, con il primo e unico motivo di censura, del vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo coglie, difatti, nel segno.
Le circostanze di fatto – puntualmente riportate in seno al motivo in esame in ossequio al principio dell’autosufficienza del ricorso – ricostruite nella loro diacronica e sinergica significazione, non possono condurre, se non in modo illogico e contraddittorio, alle conclusioni cui giunge la corte d’appello giuliana. Nessuna condotta men che prudente e men che diligente, difatti, poteva essere legittimamente ascritta al direttore dei lavori, volta che:
– il D. nonostante la assoluta carenza del potere, nell’ambito di un appalto privato, di ordinare la sospensione dei lavori, potendo egli “soltanto manifestare il suo dissenso alla prosecuzione astenendosi dal continuare a dirigerli”, come condivisibilmente affermato da questa corte con la sentenza n. 15798 del 2003 – onde l’erroneità in diritto della pronuncia oggi impugnata nel ritenere viceversa esistenti e violati tali poteri, senza alcuna indagine circa la loro fonte, normativa o negoziale -aveva segnalato l’inesistenza delle necessarie condizioni per la prosecuzione dell’opera con missiva 29.7.1999, contestualmente disponendo proprio la (non prevista e non dovuta) sospensione dei lavori (la stessa sentenza ne dà conto, contraddittoriamente con il restante impianto motivazionale, al folio 23);
– il contenuto di tale missiva -ritualmente riprodotto in ricorso – dà prova della rilevata, ritenuta e dichiarata illegittimità delle condizioni di realizzazione dell’opera da parte del D., con puntuale e analitica specificazione delle violazioni di legge in materia di sicurezza e organizzazione del lavoro compiute e a compiersi, e con contestuale invito alla committenza ad attivarsi urgentemente per un incontro;
– la manifestazione del proprio esplicito dissenso da parte del direttore dei lavori, in uno con la già disposta sospensione (sia pur ultra vires et onera sua), e l’altrettanto esplicito avviso al committente dell’opera integra, completa ed esaurisce l’orbita degli incombenti facenti capo a P. D., onde l’impredicabilità tout court di una sua qualsivoglia responsabilità (non a caso mai considerata in sede penale, ove egli non ebbe giammai ad assumere la veste né di indagato né di imputato).
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto la corte, decidendo, come è in suo potere, nel merito della odierna vicenda processuale, assolve P. D. dalla responsabilità risarcitoria ascrittagli.
Motivi di equità inducono alla compensazione delle spese di entrambi i giudizi, di appello e di cassazione.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso e decidendo nel merito assolve dalla responsabilità risarcitoria.
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