Corte di Cassazione sentenza n. 19163 del 18 maggio 2012
SICUREZZA SUL LAVORO – VIGILANZA – DIRIGENTE E PREPOSTO – INFORTUNIO SUL LAVORO – ESECUZIONE MANUALE DELLE PROCEDURE DI SBLOCCO DI UN APPARATO MECCANICO – RESPONSABILITA’ CAPO REPARTO
massima
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Vi è la responsabilità di un capo reparto della manutenzione elettrica di uno stabilimento industriale per aver consentito l’esecuzione manuale delle procedure di sblocco di un apparato meccanico, che avrebbe invece dovuto aver luogo attraverso l’uso di apposita manovella: in tal modo, invece, un lavoratore riportava lesioni ad una mano a causa dell’improvviso avvio dell’apparato.
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FATTO-DIRITTO
1. Il Tribunale di Gela ha affermato la penale responsabilità dell’imputato in epigrafe in ordine ai reato di lesioni colpose gravissime commesso con violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro in danno del dipendente di (Omissis). La pronunzia è stata riformata dalla Corte d’appello di Caltanissetta che ha emesso sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione.
All’imputato, nella veste di capo reparto della manutenzione elettrica di uno stabilimento industriale, è stato mosso l’addebito di aver consentito l’esecuzione manuale delle procedure di sblocco di un apparato meccanico, che avrebbe invece dovuto aver luogo attraverso l’uso di apposita manovella; con la conseguenza che il lavoratore riportava lesioni ad una mano a causa dell’improvviso avvio dell’apparato.
2. Ricorre per cassazione l’imputato assumendo che vi erano le condizioni per emettere pronunzia assolutoria nel merito ai sensi dell’art. 129 c.p.p. Infatti dalla consulenza tecnica prodotta dalla difesa emerge che la manovella di cui si discute è concepita per essere utilizzata solo quando l’apparato sia in funzione mentre allorché il congegno sia in manutenzione e l’apposito carter sia rimosso, la manovella stessa non può essere utilizzata; sicché viene meno in radice l’addebito colposo che ha fondato l’affermazione di responsabilità.
3. Il ricorso è manifestamente infondato. La pronunzia impugnata, contrariamente a quanto dedotto, pur in presenza delle condizioni per emettere sentenza dichiarativa dell’estinzione del reato a causa della prescrizione, ha fatto corretta applicazione del richiamato art. 129, adottando diffusa motivazione volta a dimostrare l’inesistenza delle condizioni di evidenza della prova tali da giustificare una pronunzia liberatoria nel merito. In particolare, quanto alla questione dedotta nel ricorso per cassazione, si pone in luce che il dato di decisivo rilievo è che il sinistro è stato determinato dall’improvviso sbocco del motore probabilmente dovuto proprio all’intervento del lavoratore infortunato, che aveva introdotto la sua mano nell’ingranaggio per sbloccarlo. Se ne è tratta la conseguenza che non può essere escluso l’addebito mosso all’imputato, di aver consentito l’esecuzione meramente manuale dell’operazione e cioè l’inserimento dell’arto tra i congegni; mentre la delicatezza del contesto avrebbe richiesto l’utilizzo di una manovella o comunque di altro strumento equipollente che avrebbe potuto consentire di fare girare la ruota dentata ovvero di sbloccarla senza necessità di introdurre la mano nei congegni. Tale argomentazione è con tutta evidenza appropriata all’onere motivazionale suggerito dal ridetto art. 129.
Il gravame è quindi inammissibile. Segue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di euro 1.000 a titolo di sanzione pecuniaria, non emergendo ragioni di esonero.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000 in favore della cassa delle ammende.
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