Corte di Cassazione sentenza n. 19167 del 18 maggio 2012
SICUREZZA SUL LAVORO – OMISSIONI DI UN DATORE DI LAVORO – DIRETTIVA NON RISPETTATA – INFORTUNIO AL LAVORATORE – DPI – SCARPE ANTINFORTUNISTICA CON SUOLE ANTISCIVOLO
massima
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Vi è la responsabilità del legale rappresentante di un’azienda per infortunio ad un dipendente: quest’ultimo stava collaborando alle operazioni di scarico di legname portato all’interno dell’azienda con un vagone ferroviario. Egli, in particolare, si era portato all’interno dello stesso vagone e si trovava al di sopra di tondelli di legno resi viscidi dalla pioggia ed di in tale situazione scivolava rimanendo incastrato con la gamba destra nello spazio tra due tronchi, così riportando lesioni alla caviglia ed al ginocchio.
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FATTO-DIRITTO
1. Il Tribunale di Pordenone ha affermato la penale responsabilità dell’imputato in epigrafe in ordine al reato di lesioni colpose commesso con violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro in danno del dipendente (Omissis). La pronunzia è stata confermata dalla Corte d’appello di Trieste.
Secondo quanto ritenuto dei giudici di merito il lavoratore infortunato stava collaborando alle operazioni di scarico di legname portato all’interno dell’azienda con un vagone ferroviario. Egli, in particolare, si era portato all’interno dello stesso vagone e si trovava al di sopra di tondelli di legno resi viscidi dalla pioggia; ed di in tale situazione scivolava rimanendo incastrato con la gamba destra nello spazio tra due tronchi, così riportando lesioni alla caviglia ed al ginocchio. Di qui l’addebito colposo nei confronti del legale rappresentante dell’azienda per non aver cautelato il rischio.
2. Ricorre per cassazione l’imputato.
Si lamenta che l’argomentazione del giudice di merito si esprime con frasi dubbiose ed incerte che conducono ad una ricostruzione del fatto non chiara o determinata in modo impreciso. Si mette addirittura in dubbio l’esistenza della direttiva in ordine alle modalità di esecuzione delle operazioni di scarico in presenza di legname bagnato. Il dubbio riemerge ulteriormente quando si ipotizza che la stessa direttiva, se c’era, non fosse fatta rispettare o fosse fatta rispettare senza rigore. Tale situazione di incertezza avrebbe dovuto condurre a pronunzia assolutoria.
Si deduce altresì che imputazione viene genericamente mossa a carico dell’imputato nella veste di legale rappresentante della società, senza che venga addebitata alcuna concreta condotta omissiva. D’altra parte, il tema della valutazione dei rischi sul quale la Corte d’appello incentra la motivazione non era stato neppure riportato nel capo di imputazione, né ha formato oggetto di accertamento dibattimentale. La questione viene esaminata e valorizzata per la prima volta nella pronunzia d’appello. La sentenza, d’altra parte, trascura che l’imputato è ottantenne, non frequenta l’azienda, sicché l’obbligo di vigilanza può essere semmai posto a carico del preposto o di chi comunque sovraintendeva alle operazioni in questione. Conclusivamente la condotta omissiva che fonda la responsabilità non può in alcun modo essere fatta gravare sul ricorrente.
3. Il ricorso è infondato.
La sentenza pone in luce che il lavoratore indossava scarpe antinfortunistiche con suola antiscivolo che tuttavia non erano idonee a cautelare il rischio di scivolamento. La Corte d’appello ritiene, alla luce delle dichiarazioni dell’ufficiale di polizia giudiziaria operante e del teste (Omissis) che cooperava nelle operazioni di scarico del legname, che esisteva una generica direttiva di evitare la presenza di personale sulle cataste di legname bagnate, ma essa non era in concreto fatta rispettare ed era comunque sconosciuta al lavoratore, sebbene questi operasse nell’azienda da circa due anni. La detta direttiva, d’altra parte, non era riportata nel documento di valutazione dei rischi, non era stata oggetto di formazione dei lavoratori; e soprattutto nessuna concreta opera di vigilanza veniva posta in essere per assicurarne l’osservanza. In conclusione, in ambito aziendale si è operato con leggerezza, lasciando alla discrezionalità degli addetti di stabilire in quali situazioni non fosse opportuno salire sui tronchi. In tale contesto fattuale, considerato che si era in una piccola azienda che vedeva la costante presenza del datore di lavoro, a questi deve essere mosso l’addebito di non aver posto in essere la necessaria e doverosa attività di costante vigilanza in ordine alla corretta gestione del rischio di scivolamento.
Tale apprezzamento si sottrae alle indicate censure. Con valutazione logicamente coerente e conforme ai principi il giudice di merito considera che non si è in presenza di una contingenza isolata che può essere fatta gravare sul preposto; bensì di un modo complessivamente trascurato di gestire lo specifico rischio, che deve essere fatto gravare sul soggetto istituzionalmente garante della sicurezza, il datore di lavoro, che avrebbe dovuto efficacemente e concretamente disciplinare l’esecuzione delle operazioni in questione in presenza di condizioni atmosferiche negative, ed avrebbe dovuto altresì assicurarne la corretta e costante osservanza.
Il ricorso deve essere conseguentemente rigettato. Segue per legge la condanna al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.