CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 28 agosto 2013, n. 19175
Tributi – Società di fatto – Accertamento giudiziale – Effettiva beneficiaria delle operazioni – Responsabilità della persona fisica – Sussistenza – Irrogazione delle sanzioni – Legittimità
Svolgimento del processo
A seguito di p.v.c. redatto dalla Guardia di Finanza nei confronti della G.T.G. (in seguito G.T.), venivano notificati il 4-4-2004 a C.S.: 1) avviso di accertamento, con il quale l’Agenzia delle Entrate di Torino determinava induttivamente in euro 2.974.705,74 il reddito di Impresa della detta società, per l’anno di imposta 1999, con conseguente mancato versamento IRPEG, IRAP, IVA e sanzioni pecuniarie; 2) atto di contestazione per omessa presentazione, in violazione dell’art. 50, comma 6, L. 427/93, del modello INTRA 2 riepilogativo delle operazioni (acquisti e cessioni) intracomunitarie relative all’anno 1999.
In base al detto p.v.c. era emerso: che la G.T., con sede legale in Germania, aveva reale sede operativa e commerciale in Torino, presso la C. srl, ed era di fatto gestita e diretta da C.S., il quale aveva svolto siffatta attività presso la detta C. srl; che il responsabile legale della G.T. (tal Korexenidls Valentinos) era risultato irreperibile, e doveva pertanto considerarsi un mero prestanome; che la società tedesca appariva costituita al fraudolento scopo di simulare scambi comunitari di merce al fine di evadere l’IVA e di ricavare indebiti vantaggi; che, in particolare, le merci risultavano solo formalmente destinate all’esportazione in altri Paesi dell’Unione Europea (e dunque non assoggettate ad IVA ex D.L 331/1998), ma di fatto transitavano esclusivamente sul territorio nazionale.
La CTP di Torino rigettava i ricorsi proposti dal contribuente avverso i predetti atti.
Con sentenza 7/31/08, depositata il 16-4-2008, la CTR di Torino rigettava l’appello del contribuente.
In particolare, la CTR rilevava:
– che, In base alla verificata documentazione, era emerso che C.S. era amministratore di fatto della G.T. (In quanto presso la predetta C. srl l’attività amministrativa e contabile della G.T. risultava svolta direttamente dal C.) nonché soggetto ideatore ed autore delle violazioni contestate, dalle quali traeva esclusivo vantaggio; di conseguenza, il rapporto fiscale risultava non essere della società ma del C., sicché non poteva applicarsi al caso in questione l’art. 7 del D.L. 269/2003 (in base al quale le sanzioni amministrative relative al rapporto fiscale proprio di società con persona giuridica sono esclusivamente a carico della persona giuridica) e le violazioni addebitabili alla società dovevano ricadere automaticamente sul C., autore materiale delle violazioni stesse;
– che nessuna eccezione era stata sollevata in ordine all’omessa presentazione dei modelli INTRA 2, sicché non poteva che confermarsi la legittimità della sanzione irrogata con l’avviso di contestazione.
Avverso detta sentenza proponeva ricorso per Cassazione il contribuente, affidato a sei motivi resisteva con controricorso l’Agenzia.
Motivi della decisione
Con il primo motivo il contribuente deduceva – ex art. 360, comma 1°, n. 4 cpc – violazione dell’art. 112 cpc per omessa pronunzia in relazione alla dedotta questione dell’avvenuta modificazione-integrazione della motivazione degli atti impositivi nel corso del giudizio; al riguardo rilevava: che l’avviso di accertamento e l’atto di contestazione in questione era stati notificati ad esso contribuente quale presunto gestore di fatto della G.T., e quindi quale preteso autore materiale delle violazioni accertate nei confronti della detta società; che nel corso del giudizio l’Agenzia aveva mutato il titolo dell’originaria pretesa impositiva, sostenendo che la responsabilità del C. non fosse stata fatta valere soltanto sotto il profilo sanzionatorio, quale presunto autore materiale delle violazioni, bensì anche per le imposte accertate nei confronti della G.T., in quanto il C. era risultato essere stato il reale beneficiario delle operazioni contestate con gli atti impostivi; che esso contribuente aveva denunciato tale illegittima modificazione (o integrazione) dell’originaria motivazione, ma la CTR si era limitata ad avallare la tesi dell’Agenzia, omettendo di pronunciarsi con riguardo alla dedotta illegittimità delta predetta modificazione.
Il motivo è infondato.
Per condiviso principio di questa Corte, invero, non è configurabile il vizio di omesso esame di una questione (connessa a una prospettata tesi difensiva), quando debba ritenersi che tale questione sia stata esaminata e decisa – sia pure con una pronuncia implicita della sua irrilevanza o infondatezza – in quanto superata e travolta, anche se non espressamente trattata, dalla incompatibile soluzione di altra questione, il cui solo esame comporti e presupponga, come necessario antecedente logico-giuridico, la detta irrilevanza o infondatezza (conf. Cass. 13649/2005; 11844/2006).
Nel caso di specie va ritenuto che la questione della modificazione-integrazione della motivazione dell’accertamento nei confronti del C. (da amministratore di fatto della G.T. a soggetto ideatore, autore ed esclusivo beneficiarla delle violazioni contestate) sia stata affrontata (anche se non espressamente trattata) dalla CTR; quest’ultima, invero, ha affermato che il C., oltre che amministratore di fatto, era anche “soggetto ideatore ed autore delle violazioni contestate, traendone esclusivo vantaggio”, con conseguenti responsabilità sanzionatorie e patrimoniali a suo carico, ed ha quindi confermato sul punto la sentenza della CTP, che, al riguardo, aveva precisato che, nella specie, “il rapporto fiscale risultava essere proprio del C. e non della società”, essendo quest’ultima una “persona giuridica creata artificiosamente, a fini illeciti, dalla persona fisica nel suo esclusivo interesse”; così statuendo la CTR ha implicitamente ritenuto infondata la detta questione della avvenuta modificazione-integrazione, costituendo il rigetto di tale eccezione il necessario presupposto logico-giuridico per potere esaminare la posizione del C. non solo quale amministratore fatto ma anche quale soggetto ideatore ed esclusivo beneficiario delle violazioni contestate.
Con il secondo e terzo motivo il contribuente deducendo – ex art. 360, comma 1 n. 4 cpc – violazione dell’art. 112 cpc per omessa pronuncia in relazione alla dedotta questione dell’incompetenza territoriale dell’Agenzia delle Entrate, Ufficio di Torino 1, rilevava che sia in primo grado sia in appello aveva sollevata eccezione di incompetenza territoriale, e quindi di carenza di potere impositivo, dell’Agenzia delle Entrate, Ufficio di Torino 1, in quanto il domicilio fiscale di esso contribuente era in Castiglione Torinese, e quindi nella competenza di altro Ufficio dell’Agenzia delle Entrate (precisamente: Agenzia di Chivasso); ciò a maggior ragione (terzo motivo) per il fatto che la CTR aveva ritenuto che il ricorrente fosse l’effettivo beneficiario delle violazioni contestate.
Anche detti motivi sono infondati.
AI riguardo valgono, invero, le stesse considerazioni di cui sopra, posto che la CTR, nel l’affrontare nel merito la legittimità degli avvisi in questione, non può non avere affrontato (anche senza espressa trattazione) e implicita mente risolto (nel senso dell’infondatezza) la dedotta questione della competenza territoriale dell’Agenzia delle Entrate.
Con il quinto motivo, da esaminarsi (insieme al sesto) con precedenza rispetto al quarto per motivi di ordine logico, il contribuente, deducendo – ex art. 360, comma 1° n. 5 cpc – omessa, insufficiente e contradditoria motivazione su fatto controverso e decisivo per il giudizio, sosteneva che la CTR non aveva enunciato le ragioni per le quali aveva ritenuto che l’esclusivo beneficiario delle operazioni contestate fosse li C.; al riguardo precisava che la CTR non aveva indicato la documentazione esaminata e non aveva enunciato le ragioni per le quali il presunto gestore di fatto di una società fosse automaticamente anche il reale beneficiario delle operazioni eseguite dalla società.
Con il sesto motivo il contribuente deducendo – ex art. 360, comma 1° n. 5 cpc – insufficiente motivazione su fatto controverso e decisivo per il giudizio, rilevava che la CTR non aveva spiegato l’iter logico in base al quale aveva ritenuto il C. gestore di fatto della G.T., essendosi invero solo limitata ad affermare che dalla documentazione esaminata (peraltro non specificamente indicata) si poteva desumere che presso la C. srl l’attività amministrativa e commerciale della G.T. era svolta direttamente dal C..
Siffatti motivi sono infondati.
La CTR, condividendo quanto in grado d’appello controdedotto dall’Agenzia (e riportato a pag. 7 della impugnata sentenza), ha, invero, chiarito le ragioni In base alle quali ha ritenuto il C. gestori di fatto della G.T. e reale esclusivo beneficiario delle operazioni eseguite dalla società; la CTR giustificato siffatta conclusione in base all’esame della documentazione esaminata (specifica indicata: fatture fornitori e clienti, documenti bancari e commerciali, documenti vari e fax), dalla quale ha desunto sia che presso la C. srl l’attività amministrativa e commerciale della G.T. era svolta direttamente dal C. sia che all’indirizzo della C. medesima trovavano il proprio recapito numerose aziende riconducibili al C., coinvolte tutte quante in illeciti scambi comunitari, specificamente descritti, allo scopo finale di simulare acquisti e cessioni intracomunitarie da – e nei confronti di – operatori nazionali, ai fine di evadere il pagamento dell’imposte; dal che, l’ovvia conseguenza della affermata gestione di fatto della G.T. da parte del C. e l’esclusivo vantaggio nella detta gestione tratto da quest’ultimo.
Con il quarto motivo il contribuente, deducendo – ex art. 360, comma 1 n. 3 cpc – violazione e falsa applicazione dell’art. 7 D.L. 269/2003 (secondo cui le sanzioni amministrative relative al rapporto fiscale proprio di società od enti con personalità giuridica sono esclusivamente a carico della persona giuridica”), rilevava che erroneamente la CTR aveva ritenuto non applicabile al caso di specie detta disposizione sulla base del fatto che il rapporto fiscale in questione non era della società ma del C. (in quanto quest’ultimo era ideatore ed autore delle violazioni contestate); al riguardo sosteneva che il rapporto fiscale non è attribuibile al soggetto ideatore ed autore delle violazioni bensì al soggetto giuridico oggetto dell’imposizione tributaria, cioè (nella specie) alla società.
Il motivo è infondato.
Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la CTR ha ritenuto non applicabile il cit art. 7, affermando che il rapporto fiscale in questione era con il C. e non con la società, in quanto ha riscontrato che il C. era non solo ideatore ed autore delle violazioni, ma anche esclusivo beneficiario delle stesse; sul punto, la CTR ha confermato la sentenza della CTP, che, al riguardo, come detto, aveva precisato che, nella specie, “il rapporto fiscale risultava essere proprio del C. e non della società”, essendo quest’ultima una “persona giuridica creata artificiosamente, a fini illeciti,dalla persona fisica nel suo esclusivo interesse”.
Siffatta impostazione appare corretta in quanto il menzionato art. 7 intende regolamentare le ipotesi in cui vi sia una differenza tra trasgressore e contribuente, e, in particolare, l’ipotesi di un amministratore di una persona giuridica che, in forza del proprio mandato, compie violazioni nell’interesse della persona giuridica medesima; nel caso di specie, invece, essendo (come detto: v. motivi precedenti) il C. esclusivo beneficiario delle violazioni contestate, non sussiste detta differenza, atteso che quest’ultimo è, al tempo stesso, trasgressore e contribuente, e la persona giuridica è una mera fictio, creata nell’esclusivo interesse della persona fisica.
In conclusione, pertanto, il ricorso va rigettato.
Le spese di lite relative al presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dei compensi di lite relativi ai presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi euro 20.000,00, oltre spese prenotate a debito.
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