CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 08 maggio 2013, n. 19708
Tributi – Reati fiscali – Evasione fiscale – Presunzioni utilizzabili per l’accertamento – Versamenti bancari ingiustificati – Insufficienza nel processo penale
Ritenuto in fatto
1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Trento ha confermato parzialmente la sentenza del Tribunale di Trento in data 28/06/2011, con la quale S.M. era stato dichiarato colpevole del reato di cui agli art. 110, 81 cpv. c.p. e 8 del D. Lgs n. 74/2000, a lui ascritto per avere, in concorso con altri, al fine di consentire alla società K.T. S.r.l, di evadere te imposte, emesso numerose fatture per operazioni inesistenti della D.M. LIMITED in favore della K.T. nel periodo compreso tra il 2003 ed il 2008. Il giudice di primo grado aveva, però, dichiarato la prescrizione del reato relativo alle fatture emesse nell’anno 2003.
Secondo l’accertamento dei giudici di merito le fatture di cui all’imputazione avevano ad oggetto commissioni su estero derivanti da contratto di agenzia, fatture per concessione del diritto di utilizzo del marchio K.T., fatture per analisi di mercato.
La complessa vicenda vede coinvolto il S.M. a titolo di concorso nella emissione delle fatture per avere ricevuto da tale R.F., amministratore legale della D.M. Limited e della D. Consultadoria Economica e Marketing Lda, entrambe con sede a Londra, procura speciale per procedere all’acquisto del 70% delle quote sociali della K.T., nonché per il rapporto fiduciario con gli amministratori delle due società. E’ da precisare che K.A., amministratore della K.T., che aveva utilizzato le predette fatture aveva definito il procedimento penale a suo carico con il rito dei patteggiamento. In particolare, le fatture aventi ad oggetto commissioni su estero derivanti da contratto di agenzia si riferivano alla commercializzazione dei prodotti della ditta A.C. International. I giudici di merito hanno affermato la fittizietà delle fatture in questione per l’irragionevolezza del contratto di agenzia, essendo stato accertato che la K.T. aveva sempre proceduto ad acquisti diretti dalla A.C. International, senza alcuna intermediazione, risultando anzi legata alla stessa da un rapporto di esclusiva per la commercializzazione dei suoi prodotti. La partecipazione del S.M. al reato afferente a dette fatture era provata, oltre che dagli elementi di fatto già indicati, dal ritrovamento presso il suo studio di una bozza del contratto di agenzia con l’indicazione delle clausole che avrebbe dovuto contenere per essere funzionale al suo reale scopo di consentire la sottrazione di somme dalla base imponibile. Con riferimento al contratto di utilizzazione del marchio la prova della simulazione era data dal fatto che il marchio della K.T. era già utilizzato dalla società prima della stipula del predetto contratto tra le medesima e la D. e del deposito del medesimo marchio da parte della D. Limited presso l’Ufficio tutela della proprietà intellettuale del Lichtenstein. Il coinvolgimento del S. nell’operazione era provato dal rinvenimento di alcuni fax intercorsi tra l’imputato ed il K. in tema dì fissazione di percentuali in modo da ottenere determinati importi e di redazione della fatture relative all’operazione che avrebbe dovuto emettere la D.. La Corte territoriale ha rigettato I motivi di gravame con i quali l’appellante aveva contestato il carattere fittizio delle fatture, sostenendo l’effettività delle relative operazioni, nonché contestato il coinvolgimento del S..
La sentenza, però, ha escluso il concorso dell’imputato nell’emissione di una fattura per una prestazione di consulenza cosiddetta “spot” da parte del F. alla K.T. e lo ha conseguentemente assolto dalla relativa imputazione, rideterminando la pena nella misura ritenuta di giustizia.
2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso l’imputato, tramite il difensore, che la denuncia con tre mezzi di annullamento.
2.1 Erronea applicazione degli art. 1 e 8 del D. Lgs n. 74/2000 e vizi di motivazione con riferimento alla ritenuta inesistenza oggettiva delle prestazioni fatturate dalla D.M. Ltd alla K.T. S.r.l.
Si osserva che l’affermazione dei giudici di merito in ordine alla inesistenza delle operazioni per le quali sono state emesse le fatture è esclusivamente fondata su un giudizio di irragionevolezza economica delle stesse. Peraltro, non è contestato che la K.T. S.r.l. abbia effettivamente corrisposto le commissioni per le quali è stata rilasciata fattura. Si sostiene, poi, che proprio nel regime di esclusiva che risulta provato tra la K.T. S.r.l. e la A. risiede la ragione delle commissioni imposte in favore dell’agente monomandatario, prima provvisoriamente rappresentato dalla società cipriota A.M. e poi definitivamente dalla D.M. Ltd, di cui era amministratore il F..
Egualmente è stato accertato che il F. aveva effettivamente registrato il marchio commerciale della K.T. a nome della D. per concederlo poi in uso dietro compenso alla stessa K.T. con la conseguente esistenza delle relative operazioni. I fatti di cui all’Imputazione, pertanto, non rientrano nella fattispecie della falsa fatturazione, bensì nell’ipotesi dell’elusione fiscale secondo la definizione contenuta nell’art. 37 bis del DPR n. 600/973.
2.2 Errata applicazione dell’art. 110 c.p., e vizi di motivazione in ordine al ritenuto concorso dell’imputato nella emissione delle fatture per operazioni inesistenti.
Si contesta che il rapporto fiduciario che intercorreva tra il S. ed il F. possa costituire elemento di prova del concorso dell’imputato nell’emissione di fatture per operazioni inesistenti. Neanche il rinvenimento della copia dì un contratto di agenzia in inglese, nel quale peraltro non è menzionata la K.T. S.r.l,. può assumere spessore probatorio della consapevole partecipazione dell’imputato alla creazione del meccanismo suppostamele fraudolento elaborato dal F., ma documenta solo l’esistenza di normali scambi di pareri tra i due professionisti sui profili di correttezza contabile di un’operazione lecita. Analoga irrilevanza probatoria deve essere attribuita alla consulenza prestata dal S.M. nell’ambito del contratto di concessione in uso del marchio commerciale di K.T. S.r.l. registrato dalla D.M. Ltd. Proprio da tale consulenza emerge l’irrilevanza causate dell’apporto del S.M., in quanto le parti decisero di fatturare un importo diverso e maggiore rispetto a quello consigliato dall’imputato.
Si conclude affermando che le stesse ragioni che hanno indotto la Corte territoriale ad escludere la responsabilità del S. con riferimento alla fattura relativa ad attività di consulenza avrebbero dovuto indurre i giudici di merito ad escludere qualsiasi riscontro probatorio anche con riferimento alle altre imputazioni.
2.3 Omessa declaratoria da parte della Corte territoriale della prescrizione relativa alle fatture emesse prima del 9 settembre 2004.
Considerato in diritto
1. Il ricorso non è fondato
2. Osserva pregiudizialmente la Corte in ordine al terzo motivo di gravame che l’ultima emissione di fatture per operazioni inesistenti relative all’anno 2004 è stata effettuata il 24 ottobre 2004.
Orbene, è stato già reiteratamente affermato da questa Corte che il reato relativo all’intera annualità si considera commesso nella data dell’ultima emissione delle fatture per ciascun anno, stante il carattere unitario della fattispecie in relazione a ciascun anno di imposta ex art 8, comma 2, del D. Lgs n. 74/2000 (sez. 3, 18/04/2002 n. 20787; sez. 3, 14/01/2010 n. 6264).
Con decorrenza dall’emissione dell’ultima fattura del 2004 alla data della pronuncia della Corte territoriale, pertanto, non si era ancora verificata la prescrizione del reato relativo all’emissione di fatture per operazioni inesistenti in detto anno di imposta.
3. Anche i primi due motivi di ricorso, che sotto vari profili sono al limite dell’ammissibilità, risolvendosi prevalentemente nella contestazione dell’accertamento di merito, sono infondati.
Non è conferente il riferimento della difesa del ricorrente all’ipotesi dell’elusione fiscale, prevista dall’art. 73 bis del DPR n. 600/1973, in quanto la fattispecie dell’emissione di fatture per operazioni inesistenti, sanzionata dall’art. 8 del D. Lgs n. 74/2000, si caratterizza per la sua assoluta tipicità, mentre il fenomeno dell’elusione fiscale si caratterizza per I’effettività delle operazioni negoziali o degli altri comportamenti diretti ad aggirare obblighi o divieti previsti dall’ordinamento tributario e ad ottenere riduzioni di imposte o rimborsi altrimenti indebiti.
Non appare dubbio tuttavia che anche i fatti di elusione fiscale possono assumere valore indiziario in relazione al reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti, così come correttamente valutati dai giudici di merito nel caso in esame.
Orbene, le sentenze di merito, le cui motivazioni si integrano per l’uniformità della decisione, danno ampiamente conto, con motivazione immune da vizi logici, delle ragioni della ritenuta inesistenza delle operazioni di cui alle false fatturazioni.
Ed, infatti, con riferimento alle singole categorie di operazioni inesistenti (commissioni su estero derivanti da contratto di agenzia; diritti di concessione per l’utilizzo del marchio K.T. S.r.l.; attività di analisi di mercato), i giudici di merito hanno indicato, oltre a fatti che potrebbero essere ricondotti ad ipotesi di elusione fiscale, del cui valore indiziario già si è detto, ulteriori elementi di prova (assenza di qualsiasi documentazione delle operazioni; dichiarazioni del K., già titolare della A. Italia S.r.l.; pregressa disponibilità del logo da parte della K.T., oggetto dell’asserito pagamento di diritti di sfruttamento, utilizzato peraltro solo nella corrispondenza; predisposizione delle relative fatture d’accordo con il S.; totale inesistenza di un’attività di analisi di mercato per la quale sono state emesse le corrispondenti fatture).
Né risulta essere stato mai provato, nella sede di merito l’effettivo pagamento delle prestazioni di cui alle predette fatture.
Su tali punti il ricorrente si limita sostanzialmente a prospettare una diversa valutazione delle risultanze probatorie, inammissibile in sede di legittimità.
4. Anche la contestazione in ordine al concorso del S. nella commissione del reati ha natura fattuale ovvero corrisponde ad una diversa valutazione delle risultanze probatorie.
Anche sul punto, peraltro, le sentenze di merito hanno evidenziato una serie di elementi probatori ed indiziari, da cui è stato desunto, con motivazione immune da vizi logici, che la condotta del ricorrente non è riconducibile ad una mera attività di consulenza, essendo stati indicati univoci elementi del suo pieno coinvolgimento nella attività concernente l’emissione delle false fatturazioni (documentazione rinvenuta nello studio del S. ed altro).
5. La Corte, però, rileva che attualmente risulta prescritto il reato relativo all’emissione di fatture per operazioni inesistenti nell’anno di imposta 2004, sicché la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio limitatamente a detto reato.
Non occorre, invece, rinviare al giudice di merito per la determinazione della pena in ordine al reato continuato residuo, potendo questa Corte procedere direttamente alla eliminazione dell’aumento dì pena afferente al reato prescritto ai sensi dell’art. 620, comma 1 lett. t), c.p.p..
La sentenza impugnata, infatti, ha indicato puntualmente l’aumento dì pena per la continuazione, già ridotta per il rito, in mesi uno e giorni venti di reclusione, sicché da detto aumento può essere eliminato quello di giorni venti di reclusione, tenuto conto che residuano i reati di emissione di fatture per ulteriori tre annualità.
Il ricorso va rigettato nel resto.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata senza rinvio limitatamente alle fatture emesse nell’anno 2004 perché il reato è estinto per prescrizione ed elimina la relativa pena di giorni venti di reclusione. Rigetta nel resto il ricorso.
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