CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 09 gennaio 2014, n. 199
Tributi – Agevolazioni tributarie – Credito d’imposta per investimenti in aree svantaggiate ex art. 8, della Legge n. 388/2000 – Omesso invio modulo CVS – Decadenza beneficio
Ritenuto in fatto
1. La J.P. e C. s.n.c. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania indicata in epigrafe, con la quale, in accoglimento dell’appello dell’Ufficio, è stata affermata la legittimità dell’avviso di recupero del credito d’imposta per investimenti in aree svantaggiate, previsto dall’art. 8 della legge n. 388 del 2000, indebitamente utilizzato dalla società per gli anni 2001 e 2002.
Il giudice a quo ha ritenuto che il termine del 28 febbraio 2003, stabilito (al fine della conservazione del beneficio) dall’art. 62 della legge n. 289 del 2002 per l’invio del c.d. modello CVS, che nella specie non era stato affatto trasmesso, fosse perentorio e non contrastasse con l’art. 3 dello Statuto del contribuente.
2. L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.
3. La ricorrente ha depositato memoria.
Considerato in diritto
1. Con il primo ed il secondo motivo, la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 3, commi 1 e 2, della legge n. 212 del 2000 (Statuto del contribuente), per avere il giudice d’appello escluso che la normativa in discussione (art. 8 della legge n. 388 del 2000, art. 62 della legge n. 289 del 2002) si ponga in contrasto con i principi di irretroattività delle norme tributarie e di divieto di disporre adempimenti a carico dei contribuenti con scadenza inferiore a sessanta giorni dalla loro previsione.
I motivi sono infondati, avendo questa Corte, con giurisprudenza ormai consolidata, affermato i seguenti principi di diritto:
a) in tema di contributi concessi sotto forma di credito d’imposta dall’art. 8 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 per l’effettuazione di nuovi investimenti nelle aree svantaggiate del Paese, l’inosservanza del termine – inizialmente individuato nel 31 gennaio 2003 dall’art. 1, comma 1, lett. a), n. 2, del d.l. 12 novembre 2002, n. 253, e poi definitivamente fissato al 28 febbraio 2003 dall’art. 62, primo comma, lett. e), della legge 27 dicembre 2002, n. 289 – entro il quale i soggetti che hanno conseguito il diritto al contributo anteriormente alla data dell’8 luglio 2002 devono comunicare all’Agenzia delle entrate i dati occorrenti per la ricognizione degli investimenti realizzati, comporta la decadenza dal beneficio, non assumendo alcun rilievo la circostanza che il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate sia stato emesso in data tale da non consentire al contribuente di disporre, rispetto alla predetta scadenza, del termine di sessanta giorni previsto dall’art. 3, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (c.d. Statuto del contribuente) per le norme che introducono adempimenti tributari, in quanto l’interessato è stato posto nella situazione giuridica oggettiva di conoscibilità della scadenza del termine per adempiere il suo onere di comunicazione fin dal 13 novembre 2002, data di pubblicazione del d.l. n. 253 del 2002, ed il predetto termine legale non è comunque superabile con una diversa previsione temporale di natura amministrativa (Cass. n. 19627 del 2009; conformi Cass. nn. 3578 e 16442 del 2009, 19127 del 2010);
b) l’art. 62, comma 7, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, che ha disposto l’abrogazione degli articoli 1 e 2 del d.l. n. 253 del 2002 prima della scadenza dei termini per la conversione in legge, facendo salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici già sorti, ha soltanto impedito la protrazione dell’efficacia provvisoria delle predette disposizioni fino al termine naturale della mancata conversione in legge, senza alcuna applicazione retroattiva di disposizioni tributarie, vietata dall’art. 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212; ne consegue che, in base alla clausola di salvezza degli effetti prodottisi nel vigore del decreto-legge non convertito, legittimamente l’Amministrazione finanziaria provvede al recupero del credito di imposta utilizzato dal contribuente in compensazione, nonostante la sospensione della fruizione disposta con il citato d.l. n. 253 del 2002 (Cass. n. 24251 del 2011);
c) più in generale, le norme della legge 27 luglio 2000 n. 212 (c.d. Statuto del contribuente), emanate in attuazione degli artt. 3, 23, 53 e 97 Cost. e qualificate espressamente come principi generali dell’ordinamento tributario, sono, in alcuni casi, idonee a prescrivere specifici obblighi a carico dell’Amministrazione finanziaria e costituiscono, in quanto espressione di principi già immanenti nell’ordinamento, criteri guida per il giudice nell’interpretazione delle norme tributarie (anche anteriori), ma non hanno rango superiore alla legge ordinaria; conseguentemente, non possono fungere da norme parametro di costituzionalità, né consentire la disapplicazione della norma tributaria in asserito contrasto con le stesse (Cass. n. 8254 del 2009, 8145 del 2011, 19692 del 2012, 10772 del 2013).
2. Con il terzo motivo, denunciando la violazione dell’art. 10 della citata legge n. 212 del 2000, la ricorrente chiede la disapplicazione delle sanzioni per obiettiva incertezza della normativa in esame.
Il motivo è inammissibile per novità della questione, che non risulta essere stata sollevata nei giudizi di merito e non può essere proposta per la prima volta in questa sede (Cass. n. 25676 del 2008).
3. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.
Sussistono giusti motivi, in considerazione dell’epoca in cui si è consolidata la richiamata giurisprudenza, per disporre la compensazione delle spese del presente giudizio di cassazione.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e compensa le spese.
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