Corte di Cassazione sentenza n. 20273 del 28 maggio 2012
SICUREZZA SUL LAVORO – SORVEGLIANZA SANITARIA – PONTEGGIO PRIVO DI PARAPETTI – MANCANZA DI VISITE MEDICHE – DATORE DI LAVORO EDILE E RESPONSABILITA’
massima
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Vi è la responsabilità del titolare di un’impresa edile per aver utilizzato un ponteggio metallico privo di parapetti per lavori da eseguirsi a quota maggiore di 2 metri sul livello del suolo, nonchè per avere impiegato i lavoratori senza valutare adeguatamente, in mancanza di visita medica, la loro idoneità alle mansioni svolte.
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Fatto
1. Con la sentenza impugnata il Tribunale di Siracusa ha affermato la colpevolezza di (Omissis) in ordine ai reati:
a) di cui al Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articoli 122 e 159;
b) di cui al Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 18, comma 1, lettera c) e articolo 55, a lui ascritti perchè, quale titolare dell’omonima impresa edile, utilizzava per lavori da eseguirsi a quota maggiore di 2 metri sul livello del suolo un ponteggio metallico privo di parapetti, nonchè per avere impiegato i lavoratori (Omissis) e (Omissis) senza valutare adeguatamente, in mancanza di visita medica, la loro idoneità alle mansioni svolte.
2. Avverso la sentenza ha proposto appello il difensore dell’imputato e l’impugnazione è stata trasmessa a questa Corte ai sensi dell’articolo 568 c.p.p., u.c..
Con un unico, articolato, motivo di impugnazione il ricorrente denuncia violazione di legge in ordine al trattamento sanzionatorio ed errata valutazione delle risultanze probatorie.
Si deduce che i fatti di cui all’imputazione sono stati commessi prima dell’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 81 del 2008, con la conseguenza che l’imputazione di cui al capo a) era prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 164 del 1956, articolo 24, comma 1 e articolo 77 e quella di cui al capo b) Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articolo 16, comma 2 e articolo 89. Le fattispecie previste dalle leggi precedentemente vigenti erano punite con sanzioni meno gravi rispetto alle analoghe ipotesi di reato contenute nel Decreto Legislativo n. 81 del 2008, con la conseguenza che ai fatti di cui all’imputazione dovevano essere applicate le disposizioni più favorevoli vigenti all’epoca della loro commissione.
Nel prosieguo si deduce che il giudice di merito ha erroneamente ritenuto (Omissis) e (Omissis) lavoratori dipendenti del (Omissis), trattandosi di persone che eseguivano i lavori autonomamente nel loro interesse, quali comodatali del terreno sul quale venivano eseguiti Interventi di manutenzione. Diritto
1. Il ricorso è manifestamente infondato.
2.1 Osserva la Corte in ordine al primo motivo di gravame che la pena stabilita dal giudice di merito per il più grave reato di cui al capo a) rientra nei parametri della previsione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 164 del 1956, articolo 77, comma 1, lettera a), in relazione all’articolo 24, comma 1, con riferimento alla pena pecuniaria, alternativamente prevista dalla norma, mentre l’aumento applicato per la continuazione è inferiore anche alle pene pecunia rie previste per le varie ipotesi di omissione del Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articolo 89.
Sicchè non sussiste alcuna violazione di legge nella determinazione della pena, mentre la richiesta di diminuzione della stessa è inammissibile in sede di legittimità.
2.2 Il secondo motivo è esclusivamente di merito e, peraltro, l’accertamento del fatto che i nominati (Omissis) e (Omissis) lavoravano alle dipendenze del (Omissis) ha formato oggetto di motivazione esaustiva, immune da vizi logici, che non costituisce motivo di censura in questa sede.
Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., u.c. con le conseguenze di legge.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè della somma di euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.
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