Corte di Cassazione sentenza n. 20654 del 28 maggio 2012
SICUREZZA SUL LAVORO – INFORTUNIO SUL LAVORO – VALUTAZIONE DEI RISCHI – APPALTO – OMISSIONI DI UN DATORE DI LAVORO – CADUTA DALL’ALTO – NESSO DI CAUSA TRA EVENTO LESIVO E SUCCESSIVO DECESSO IN OSPEDALE IN SEGUITO AD INFEZIONE
massima
______________
Vi è la responsabilità del titolare di una ditta individuale che ometteva, per colpa, di cooperare con la ditta appaltatrice all’attuazione delle misure di prevenzione e di protezione dai rischi incidenti sull’attività lavorativa e di coordinare gli interventi di protezione e di prevenzione dei rischi cui erano esposti i lavoratori; di valutare adeguatamente i rischi lavorativi inerenti alle mansioni svolte dalla vittima che lo esponevano al pericolo di caduta e specificamente per aver omesso per colpa generica, di predisporre, lungo il colmo del tetto, una “tesata” tale da consentire ai lavoratori di rimuovere in sicurezza i lucernai.
_______________
FATTO
Con sentenza in data 12 aprile 2011, la Corte d’appello di Torino confermava la sentenza emessa il 29 maggio 2008 dal GIP del Tribunale di Torino, in esito a giudizio abbreviato, con la quale (Omissis) era stato ritenuto responsabile del delitto di cui all’art. 589 c.p., commi 1 e 2 (capo A) commesso in (Omissis) in danno di (Omissis) – deceduto in (Omissis) – perché, quale titolare dell’omonima ditta individuale esercente l’attività di copertura e di scopertura in eternit e datore di lavoro della vittima, ometteva, per colpa, di cooperare con la ditta appaltatrice all’attuazione delle misure di prevenzione e di protezione dai rischi incidenti sull’attività lavorativa e di coordinare gli interventi di protezione e di prevenzione dei rischi cui erano esposti i lavoratori; di valutare adeguatamente i rischi lavorativi inerenti alle mansioni svolte dallo (Omissis) che lo esponevano al pericolo di caduta e specificamente per aver omesso per colpa generica, di predisporre, lungo il colmo del tetto, una “tesata” tale da consentire ai lavoratori di rimuovere in sicurezza i lucernai. All’imputato si addebitava inoltre di aver omesso, per colpa, di predisporre impalcature, ponteggi od altre opere provvisionali anticaduta e di informare dettagliatamente lo (Omissis) sui rischi specifici esistenti nell’ambiente di lavoro ai quali era direttamente esposto per l’attività svolta e di impartirgli un’adeguata formazione. Il (Omissis) era stato ritenuto altresì responsabile del delitto previsto dall’art. 374 c.p., commi 1 e 2 (capo B) per aver artificiosamente immutato lo stato dei luoghi sottoposti a sequestro, installando sul colmo del tetto una “tesata” – invero non presente nei rilievi fotografici eseguiti nell’immediatezza dell’infortunio dalla P.G. ex art. 354 c.p.p. – alla quale l’operaio infortunato avrebbe dovuto agganciare la cintura di sicurezza; fatto commesso in (Omissis), in epoca successiva e prossima all’infortunio occorso il (Omissis). Per l’effetto, il prevenuto era stato condannato, per ciascun reato, alle pene ritenute di giustizia oltreché al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili, da liquidarsi in separata sede, fatta eccezione per le provvisionali alle stesse accordate.
Nel far luogo al rigetto dei motivi di gravame proposti dal difensore dell’imputato, la Corte d’appello, per quanto in questa sede rileva, ha ribadito, condividendo gli assunti motivazionali della sentenza di primo grado quanto all’affermazione della penale responsabilità per il delitto di omicidio colposo aggravato, la sussistenza del nesso di causa tra il fatto lesivo avvenuto in (Omissis) – e dovuto alle molteplici omissioni contestate al (Omissis) e connotate dagli accertati profili di colpa generica e specifica – ed il successivo decesso dell’operaio, verificatosi in (Omissis) a causa di un processo settico contratto durante la permanenza del paziente presso il Centro di riabilitazione di (Omissis) che “si è inserito nel processo causale che era stato instaurato dalla condotta dell’imputato come uno sviluppo non imprevedibile né atipico di questa” tantopiù che,nel caso di specie, non risultano accertati estremi di colpa dei medici che ebbero in cura l’infortunato nè è nota la causa della sepsi.
Ricorre per cassazione il difensore del (Omissis) avverso la sentenza, invocandone l’annullamento. Deduce due distinte censure per vizi motivazionali in riferimento alle due imputazioni.
Con il primo motivo si duole il ricorrente dell’omessa motivazione in ordine alla ritenuta responsabilità del prevenuto quanto al delitto di frode processuale (capo B). La Corte d’appello di Torino, ad avviso del ricorrente, ha totalmente omesso di pronunziarsi in merito a detto addebito, pur investita da specifici motivi di gravame, neppure richiamando per relationem le argomentazioni esposte dal Giudice di prime cure onde confutare le doglianze della difesa. Con la seconda censura denunzia il ricorrente la manifesta illogicità della motivazione in punto alla responsabilità dell’imputato in relazione al delitto di omicidio colposo. La Corte distrettuale avrebbe erroneamente omesso di considerare, in applicazione dell’art. 41 c.p. -, comma 2 (secondo il quale l’interruzione del nesso eziologico si verifica, non solo nel caso in cui l’evento sia determinato da una serie causale del tutto autonoma, ma anche in presenza di una sequenza causale non completamente avulsa dall’antecedente, ma connotata da caratteristiche assolutamente anomale ed eccezionali) che, nella concreta fattispecie, l’evento mortale non poteva che trovare causa esclusiva e determinante nella patologia settica. Invero, stante il processo di guarigione in atto ed il rilevante lasso di tempo intercoso tra la dimissione del paziente dal reparto di neurochirurgia ed il ricovero presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale di (Omissis), l’insorgenza delle problematiche cliniche riconducibili alle infezioni avevano integrato un processo eziologico non riconducibile a quello antecedente.
Con memoria depositata in cancelleria anteriormente all’odierna udienza, il difensore delle parti civili, assumendo che entrambi i motivi del ricorso proposto dall’imputato attengono a censure di merito, insiste per la declaratoria di inammissibilità con condanna dell’imputato alla rifusione delle spese del presente giudizio.
DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è fondato.
Come sostenuto dal ricorrente, la Corte distrettuale, pur investita da specifici ed articolati motivi di gravame proposti in punto a responsabilità dell’imputato in relazione all’addebito di cui all’art. 374 c.p. (capo B), riportati nell’atto d’appello depositato in data 30 settembre 2008, a partire dalla terzultima pagina, ha effettivamente omesso ogni valutazione al riguardo. Nella motivazione della sentenza compaiono fugaci e limitatissimi accenni al delitto di frode processuale a proposito unicamente (cfr. fgl. 11 e segg.) della trattazione del tema della pena. Ne discende quindi che, in presenza del denunziato vizio di omessa motivazione, la sentenza impugnata deve esser annullata limitatamente all’imputazione di cui all’art. 374 c.p. con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Torino, ad ogni conseguente effetto.
Inaccoglibile è invece la seconda censura dedotta con la quale, in buona sostanza, la difesa ripropone la tesi dell’asserita interruzione del nesso eziologico tra le condotte colpose omissive ascritte al (Omissis) e l’evento letale subito dal dipendente (Omissis), per effetto della sopravvenienza, quale causa imprevedibile ed eccezionale, di un processo settico di origine nosocomiale dal paziente contratto nella fase terminale della degenza ospedaliera, conseguente all’infortunio.
Ebbene rileva il Collegio che, con argomentazioni perfettamente in linea con il prevalente e consolidato orientamento interpretativo del disposto dell’art. 41 c.p., comma 2, più volte riaffermato dalla giurisprudenza di legittimità, i Giudici di merito hanno già congruamente ed esaustivamente dato contezza della infondatezza di siffatta tesi. Invero, fermo il principio della cd. equivalenza delle cause o della conditio sine qua non (sul quale è imperniata la disciplina normativa del nesso eziologico), la cause sopravvenute in tanto possono giudicarsi atte ad interrompere il nesso di causa con la precedente azione od omissione poste in essere dall’imputato in quanto diano luogo ad una sequenza causale completamente autonoma da quella determinata dall’agente ovvero ad una linea di sviluppo dell’azione precedente, del tutto autonoma ed imprevedibile ovvero ancora nel caso in cui si prospetti un processo causale non totalmente avulso da quello antecedente, ma caratterizzato da un percorso completamente atipico, di carattere assolutamente anomalo ed eccezionale ovverosia integrato da un evento che non si verifica se non in fattispecie del tutto imprevedibili, tali non essendo,ad esempio,come ritenuto dalla giurisprudenza di legittimità, l’eventuale errore del medico (cfr. Sez. 4 n. 11779/1997; Sez. 4 n. 41293/2007; Sez. 5 n. 17394/2005).
Nel caso concreto, come opportunamente sottolineato dai Giudici di merito sulla base delle acclarate emergenze di fatto – difettando peraltro l’accertamento di qualsivoglia colpa dei medici curanti – sia l’infezione contratta dal paziente relativamente alle ferite chirurgiche prodotte dai delicatissimi e plurimi interventi chirurgici resisi necessari a seguito delle gravi lesioni craniche con emorragia meningea subite in conseguenza dell’infortunio sia la polmonite di origine verosimilmente nosocomiale integrano altrettante complicanze nient’affatto eccezionali od anomale nè tantomeno di rarissima ed imprevedibile verificazione, trattandosi di eventualità purtroppo frequentemente verificabili in ambito ospedaliero tantopiu in danno di organismi (quale quello dell’infortunato (Omissis)) significativamente indebolito dalla lunga spedalizzazione e quindi defedato, come tale maggiormente esposto a siffatte complicanze. Sicché deve concludersi che conditio sine qua non dell’evento (ovvero prima, ineludibile condizione dell’evento) non poteva che risultare il complesso delle omissioni colpose ascritte all’imputato quale riconosciuto responsabile dell’infortunio occorso al dipendente.
La soccombenza dell’imputato in relazione all’addebito contestato al capo A ex art. 589 c.p. legittima la condanna alla rifusione delle spese in favore delle costituite parti civili che ex actis – unitariamente e complessivamente – si liquidano in euro 750, oltre IVA, CPA e spese generali, come per legge.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla imputazione di cui all’art. 374 c.p., con rinvio ad altra Sezione della Corte d’appello di Torino.
Rigetta nel resto il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione in favore delle costituite parti civili delle spese di questo giudizio che ex actis liquida in euro 750,00, oltre IVA, CPA e spese generali, come per legge.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 23 agosto 2019, n. 21683 - In materia di rapporto di lavoro a tempo determinato, l'art. 3 d.lg. 368/2001, che sancisce il divieto di stipulare contratti di lavoro subordinato a termine per le imprese che non abbiano effettuato…
- CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 11529 depositata il 7 aprile 2020 - In tema di infortuni sul lavoro, il conferimento a terzi della delega relativa alla redazione del documento di valutazione dei rischi, non esonera il datore di lavoro…
- CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 7093 depositata il 1° marzo 2022 - In tema di prevenzione degli infortuni, il datore di lavoro è tenuto a redigere e sottoporre ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto dall'art. 28 del…
- CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 36538 depositata il 27 settembre 2022 - In tema di prevenzione degli infortuni, il datore di lavoro, avvalendosi della consulenza del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, ha l'obbligo giuridico…
- Corte di Cassazione, sezione penale, sentenza n. 13320 depositata il 22 marzo 2018 - Il conferimento a terzi della delega relativa alla redazione del documento di valutazione dei rischi non esonera il datore di lavoro dall'obbligo di verificarne l'adeguatezza…
- CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 26331 depositata il 12 luglio 2021 - Le disposizioni di sicurezza perseguono infatti il fine di tutelare il lavoratore anche dagli infortuni derivanti da sua colpa, onde l'area di rischio da gestire comprende il…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Antiriciclaggio: i nuovi 34 indicatori di anomalia
L’Unità di Informazione Finanziaria (UIF) con il provvedimento del 12 maggio 202…
- La non vincolatività del precedente deve essere ar
La non vincolatività del precedente deve essere armonizzata con l’esigenza di ga…
- Decreto Lavoro: le principali novità
Il decreto lavoro (decreto legge n. 48 del 4 maggio 2023 “Misure urgenti p…
- Contenuto dei contratti di lavoro dipendenti ed ob
L’articolo 26 del decreto legge n. 48 del 4 maggio 2023 ha introdotti impo…
- Contratto di lavoro a tempo determinato e prestazi
L’articolo 24 del decreto legge n. 48 del 4 maggio 2023 ha modificato la d…