CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 17 maggio 2013, n. 21172
Reati contro la fede pubblica – Omissiva autocertificazione del proprio reddito – Percezione indebita ai danni dello Stato – Falso ideologico
Ritenuto in fatto
1- Con sentenza in data 9/7/2012, la Corte di appello di Palermo, confermava la sentenza del Tribunale di Palermo, in data 2/12/2010, che aveva condannato F.G. alla pena di mesi nove di reclusione ed €. 200,00 di multa per i reati di falso ideologico in atto pubblico e truffa in danno di ente pubblico per aver riscosso delle provvidenze a favore del suo nucleo familiare sulla base di una omissiva autocertificazione del proprio reddito.
2. a Corte territoriale respingeva le censure mosse con l’atto d’appello, in punto di riqualificazione dei fatti nell’ipotesi criminosa di cui all’art. 316 ter cod. pen. e confermava le statuizioni del primo giudice, ritenendo accertata la penale responsabilità dell’imputato in ordine ai reati a lui ascritti, ed equa la pena inflitta.
3. Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato per mezzo del suo difensore di fiducia, sollevando tre motivi di gravame con i quali deduce:
1) violazione di legge perché il fatto rientra nell’ipotesi di reato di cui all’art. 316 ter. Cod. pen.
2) Violazione di legge in relazione al giudizio di bilanciamento delle circostanze;
3) Violazione di legge per mancata dichiarazione di prescrizione dei reati.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è fondato quanto al primo motivo.
2. A seguito di un ambio dibattito giurisprudenziale questa Corte è prevenuta alla conclusione che integra la fattispecie di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato (art. 316 ter cod. pen.) – e non il reato di falso ideologico in atto pubblico (art. 483 cod. pen.) – la condotta di colui che, al fine di ottenere l’erogazione dell’assegno del nucleo familiare, previsto dall’art. 65 L. n. 448 del 1998, redige false dichiarazioni in ordine al proprio reddito, considerato che il reato di cui all’art. 316 ter cod. pen. è posto a tutela della libera formazione della volontà della P.A. – con riguardo ai flussi di erogazione e distribuzione delle risorse economiche, al fine di impedirne la scorretta attribuzione e l’indebito conseguimento, sanzionando l’obbligo di verità delle informazioni e delle notizie offerte dal soggetto richiedente il contributo – e che in esso resta assorbito il reato di cui all’art. 483 cod. pen., contenendone tutti gli elementi costitutivi, dando così luogo ad una fattispecie complessa, assorbimento che si realizza anche quando la somma indebitamente percepita dal privato, non superando la soglia minima del valore economico dell’erogazione, integri la mera violazione amministrativa ai sensi dell’art. 316 ter, comma secondo, cod. pen. ( Sez. 5, Sentenza n. 6641 del 29/01/2009 Ud. (dep. 16/02/2009 ) Rv. 243339). Tale indirizzo è stato definitivamente confermato dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 7537 del 16/12/2010, Pizzuto (Rv. 249105) anche con riferimento al reato di cui all’art. 640, 2 comma, cod. pen.
3. Di conseguenza, riqualificati i fatti alla luce dell’art. 316 ter cod. pen., si impone l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, in quanto il fatto non costituisce illecito penale, essendo la somma irrogata inferiore al limite di cui al comma secondo del medesimo articolo. Gli atti devono essere trasmessi al Prefetto di Palermo competente per l’irrogazione della sanzione amministrativa ivi prevista.
P.Q.M.
Qualificati i fatti come art. 316 ter, secondo comma cod. pen., annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non è previsto dalla legge come reato ed ordina trasmettersi gli atti al Prefetto di Palermo competente per la sanzione amministrativa.
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