CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 18 settembre 2013, n. 21313
Crediti di imposta – Il Centro di servizio operativo di Pescara, in sede di contenzioso, non ha legittimazione per gli atti che gli sono ascritti
Svolgimento del processo
G.A. impugnava il diniego del credito d’imposta, per investimenti in area svantaggiata, opposto dal Centro operativo di Pescara. La Commissione adita declinava la propria competenza, ma la decisione veniva ribaltata, con sentenza n. 96/35/06, depositata il 14.6.2006, dalla CTR della Campania, che rimetteva la causa ai primi giudici, osservando che, a seguito della soppressione dei centri di servizio e dell’istituzione di due soli centri operativi, la competenza territoriale a conoscere dell’impugnazione dei relativi atti andava individuata in riferimento all’ufficio periferico al quale competeva l’esercizio del potere impositivo, ex art. 31, co 2, del dPR n. 600 del 1973, e, nella specie, nella CTP di Napoli.
Per la cassazione di tale sentenza, ricorre l’Agenzia delle Entrate con due motivi.
Il contribuente resiste con controricorso.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo, deducendo la violazione e falsa applicazione degli artt. 4 e 10 del d.lgs. n. 546 del 1992, la ricorrente lamenta che, nell’affermare la competenza della CTP di Napoli, l’impugnata sentenza non ha tenuto conto che, in conseguenza del mutato assetto organizzativo dell’Agenzia, la titolarità di rapporti, poteri e competenze è stata attribuita al Centro Operativo di Pescara, al quale va, per l’effetto, riconosciuta la legittimazione ad causam e ad processum.
In conclusione, la ricorrente sottopone il seguente quesito di diritto:
“se si configuri una violazione del combinato disposto degli artt. 4 e 10 del d.lgs. n. 546 del 1992 nel caso in cui la c.t.r. ritenga sussistente la competenza territoriale del giudice nella cui circoscrizione ha sede l’Ufficio locale dell’Agenzia delle Entrate individuato in base al domicilio fiscale del ricorrente e non la competenza della commissione tributaria del luogo in cui ha sede il centro operativo dell’Agenzia delle Entrate che abbia emesso il provvedimento di diniego avverso il quale è proposto il ricorso”.
2. Col secondo motivo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 17, co 1, lett. a) della L n. 400 del 1988; 61, co 2, del d.lgs. n. 300 del 1999; 5 del d.lgs. n. 165 del 2001, nonché dell’art. 97 Cost., formulando il seguente quesito:
“se si configuri una violazione del combinato disposto degli artt. 17 comma 1 lett. a) della Legge n. 400/88, 61, comma 2 del D.lgs. n. 300/1999 e 5 D.lgs. n. 165/2001, nonché dell’art. 97 Cost. per il caso in cui il giudice, al fine di determinare la competenza territoriale, disapplichi il provvedimento generale di organizzazione del Direttore dell’Agenzia delle Entrate che attribuisce la competenza ad un ufficio legale”.
3. I motivi, che, per comodità espositive, vanno congiuntamente esaminati, sono infondati.
4. Questa Corte (Cass. n. 23003 del 2010, n. 21797 del 2011) ha già affermato il condivisibile principio, secondo cui in tema di diniego del credito d’imposta per investimenti in aree svantaggiate, ex art. 8, della L. n. 388 del 2000, opposto dal Centro operativo di Pescara (nell’ambito delle attribuzioni previste dal D.L. n. 138 del 2002, art. 10, comma 1, lett. b) – detto Centro ha potere di istruttoria, controllo ed eventuale riconoscimento del beneficio inerente al credito d’imposta, ma, contrariamente a quanto postulato dalla ricorrente col primo motivo, non ha alcun potere impositivo.
5. In sede contenziosa, il Centro non può, dunque, assumere la posizione di parte, stante il disposto dell’art 10 del d.lgs. n. 546 del 1992, vigente ratione temporis secondo cui in ipotesi di ricorso avverso i diniego di rimborso di somme erroneamente versate dal contribuente, ovvero il diniego di agevolazioni, “sono partì del processo dinanzi alle commissioni tributarie oltre al ricorrente l’ufficio del Ministero delle finanze o l’ente locale o il concessionario del servizio di riscossione che ha emanato l’atto impugnato o non ha emanato l’atto richiesto, ovvero, se l’ufficio è un Centro di servizio, l’Ufficio delle entrate del Ministero delle finanze al quale spettano le attribuzioni sul rapporto controverso”. Pertanto, il Centro di servizio, è in linea generale, privo di legittimazione in relazione ad atti ad esso ascrivibili, spettando quella sostanziale del rapporto tributario all’ufficio delle entrate titolare dello stesso (cfr. anche Cass. n. 3342 del 2013, e giurisprudenza ivi richiamata, che pone in evidenza come la legittimazione processuale di tali centri non possa recuperarsi in virtù del richiamo di cui al d.lgs. n. 546 del 1992, art. 20, co 3 -che fa salvo quanto disposto dal dPR n. 787 del 1980, art. 10, in materia di centri di servizio- atteso che ciò attiene esclusivamente ai ricorsi contro il ruolo, formato ai sensi dell’art. 7 del medesimo dPR n. 787 del 1980, ed a quelli proposti contro i provvedimenti di rimborso contenenti errori o duplicazioni addebitabili al solo centro di servizio).
6. Il provvedimento di organizzazione del Direttore dell’Agenzia del 7 dicembre 2001, che ha soppresso i centri di servizio ed attivato i centri operativi, determinandone le modalità di esercizio dell’azione di accertamento, nonché gli adempimenti specifici, non è idoneo a mutare tale quadro normativo trattandosi di un atto amministrativo che non può sostituirsi a precise disposizioni di normativa primaria (V. pure Cass. SU. n. 18508 del 2003).
7. Del resto, le norme invocate col secondo motivo autorizzano, bensì, la potestà regolamentare dell’Ufficio ed il potere di assunzione delle opportune determinazioni organizzative al fine di perseguire un risultato conforme al principio costituzionale di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa, ma non introducono la competenza per territorio esclusiva della commissione di Pescara, né una deroga alla regola generale che radica tale competenza con riferimento al domicilio fiscale del contribuente, il quale, opinando con la ricorrente, subirebbe, per contro, un indubbio aggravio della sua posizione con conseguente vulnus al pieno esercizio del diritto di difesa (cfr. Cass. n. 23003 del 2010 cit),
8. Il ricorso va, in conclusione, rigettato.
9. In considerazione del fatto che la giurisprudenza si è consolidata in epoca successiva alla proposizione del ricorso, le spese del presente giudizio vanno interamente compensate tra le parti.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e compensa le spese.
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