Corte di Cassazione sentenza n. 21344 del 15 ottobre 2011
CONTRATTO COLLETTIVO DI LAVORO – CONTRATTI POSTCORPORATIVI: (INTERPRETAZIONE) – CONTROVERSIE DI LAVORO E PREVIDENZA – PROCEDIMENTO
massima
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Nel procedimento di accertamento pregiudiziale della validità, efficacia ed interpretazione dei contratti ed accordi collettivi nazionali di cui all’art. 420 bis cod. proc. civ., la sentenza della Corte di cassazione resa all’esito del procedimento reca, per i giudici di merito diversi da quello che ha pronunciato la sentenza impugnata in cassazione, un vincolo procedurale, nel senso che questi, ove non intendano uniformarsi alla pronuncia della Corte, devono provvedere, ma con sentenza emessa ai sensi dell’art. 420 bis cod. proc. civ., in modo da consentire alle parti il ricorso immediato in cassazione e la verifica, da parte del giudice di legittimità, della correttezza della diversa opzione interpretativa seguita.
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IN FATTO ED IN DIRITTO
Con ricorso al Tribunale, giudice del lavoro, di Napoli depositato in data 24.3.2003, S.A., premesso di prestare la propria attività lavorativa alle dipendenze della R. s.p.a. con il profilo professionale di Capo Stazione Sovrintendente inquadrato nella 8A categoria, chiedeva, in considerazione dell’attività svolta, il riconoscimento del diritto all’inquadramento nella 9ª categoria con il profilo professionale di Capo Settore Stazioni, e la condanna della società datoriale al pagamento delle differenze retributive.
Con sentenza in data 8.2/23.3.2007 il Tribunale adito accoglieva la domanda.
Avverso tale sentenza proponeva appello la R. s.p.a lamentandone la erroneità sotto diversi profili e chiedendo il rigetto delle domande proposte da controparte con il ricorso introduttivo.
La Corte di Appello di Napoli, con sentenza in data 25.1/9.3.2010, accoglieva il gravame rigettando la domanda proposta dal lavoratore con il ricorso introduttivo del giudizio.
Avverso questa sentenza propone ricorso per cassazione S.A. con due motivi di impugnazione.
Resiste con controricorso la società intimata.
Il ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis, co. 2, c.p.c.
Col primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 2103 c.c. in relazione all’art. 116 c.p.c. ed al CCNL dei Ferrovieri 1990/92; violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 c.c. in relazione al CCNL dei Ferrovieri del 1990/92; omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia ed incongrua valutazione delle risultanze istruttorie, in riferimento all’art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c, per avere la Corte di merito non correttamente interpretato il contenuto delle declaratorie contrattuali.
Col secondo motivo di ricorso lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 115, co. 2, c.p.c, in riferimento all’art. 360, n. 3, c.p.c, per avere la Corte territoriale ritenuto che la tratta ferroviaria sulla quale prestava servizio esso ricorrente fosse “notoriamente” secondaria, facendo riferimento ad una inesatta nozione di fatto notorio.
Il Consigliere relatore ha depositato relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c, che è stata comunicata al Procuratore Generale e notificata ai difensori costituiti.
Il ricorso è improcedibile a causa del mancato deposito del contratto collettivo in forma integrale, avendo parte ricorrente depositato solo stralci, seppure ampi, della normativa contrattuale indicata.
Invero, dopo alcune perplessità (Cass. sez. lav., 4.8.2008 n. 21080, per cui l’onere di depositare i contratti e gli accordi collettivi sui quali il ricorso si fondava era riferito sia alle norme collettive della cui violazione il ricorrente si doleva attraverso le censure mosse alla sentenza impugnata, sia ad ogni altra norma collettiva utile per l’interpretazione delle prime, sempre però che essa appartenesse alla causa per essere stata dedotta e prodotta nei precedenti gradi di merito), la giurisprudenza maggioritaria di questa Corte (Cass. sez. lav., 11.2.2008 n. 6432, Cass. sez. lav., 5.2.2009 n. 2855, Cass. sez. lav., 2.7.2009 n. 15495) si è orientata nel senso che è necessario il deposito del testo integrale del contratto.
Ciò in primo luogo in forza del dettato letterale dell’art. 369 secondo comma n. 4 cod. proc. civ. (come modificato dall’art. 7 del D.Lgs. 2.2.2006 n. 40), il quale prevede che gli atti processuali, i documenti e i contratti o accordi collettivi su cui il ricorso si fonda devono essere depositati insieme al ricorso a pena di improcedibilità, norma che non sembra prevedere deroghe, consentendo il deposito solo di stralci del contratto collettivo da interpretare.
Al riguardo conviene innanzi tutto richiamare i rilievi già svolti da questa Corte sul punto nei giudizi ex art. 420 bis cod. proc. civ., per decidere se essi possano valere anche quando non si tratta di quella speciale procedura, ma del normale ricorso per cassazione, ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ., in cui si assume che la sentenza impugnata abbia violato o falsamente applicato i contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro.
E’ stato precisato (Cass. sez. lav., 21.9.2007 n. 19560) che, in sede di applicazione dell’art. 420 bis c.p.c, la Corte di legittimità – nell’enunciare, in funzione nomofilattica, un principio – è tenuta ad operare come se l’oggetto del suo esame fosse una norma giuridica e non, invece, un negozio di natura privatistica.
Si è aggiunto, nella sentenza citata, per quanto attiene specificamente ai poteri della Corte di Cassazione, che nell’interpretazione del contratto, essa non è condizionata dalle domande delle parti e dal loro comportamento, potendo ricercare liberamente all’interno del contratto collettivo (da depositarsi ex art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4) ciascuna clausola – anche se non oggetto dell’esame delle parti e del primo giudice – comunque ritenuta utile alla interpretazione.
Di conseguenza non si dubita che in quei procedimenti sia necessario depositare il contratto collettivo nella sua interezza (Cass. sez. lav., 16.7.2009 n. 16619).
Ritiene il Collegio che alla stessa conclusione si debba pervenire in relazione all’ambito dell’interpretazione che compete alla Corte nel caso in cui venga proposto ordinario ricorso per cassazione ex art. 360, co. 1, n. 3 cod. proc. civ.
Ed invero il procedimento ex art. 420 bis c.p.c. trova necessario fondamento nella nuova formulazione dell’art. 360 n. 3, e nulla autorizza a ritenere che, nell’un caso, l’analisi della contrattazione collettiva debba essere più limitata rispetto a quanto previsto per l’altro. Se pur è infatti innegabile che la interpretazione resa ex art. 420 bis, oltre avere effetto anticipatorio, abbia una maggiore forza cogente, stante il disposto dell’art. 146 bis disp. att. c.p.c. in cui, richiamando l’art. 64 co. 7 del D.Lgs n. 165 del 2001, si sancisce l’influenza della decisione della Corte in altri processi in cui si controverta sulla medesima questione, tuttavia nessuna disposizione diversifica il processo interpretativo da applicare in caso di ricorso normale ed in caso del ricorso per saltum. Infatti la nomofilachia, cui le nuove norme sono finalizzate, sarebbe pregiudicata ove si ritenesse che, nell’un caso, l’interpretazione debba essere astretta alle clausole contrattuali esaminate nei gradi di merito, mentre, nell’altro, la interpretazione si possa svolgere a tutto campo, reperendo nel contratto altre clausole, non esaminate, che però potrebbero risolvere ogni margine di incertezza.
Se fosse infatti precluso alla Corte, anche in sede di ricorso ordinario, di applicare il criterio sistematico, interpretando le clausole le une per mezzo delle altre, la decisione che ne sortirebbe sarebbe sicuramente meno affidabile e meno “resistente” rispetto ad altri interventi, sentenze rese ex art. 420 bis c.p.c, che si possono invece giovare di questo fondamentale criterio ermeneutico.
Deve ritenersi pertanto che la norma di cui all’art. 369, comma 2, n. 4, c.p.c, imponga alla parte un onere di produzione che ha per oggetto il contratto nel suo testo integrale.
La disposizione infatti si riferisce ai “contratti o accordi collettivi”, senza fornire alcun elemento che possa consentire di effettuare una produzione parziale, limitata a singole clausole, singoli articoli, o parti di articoli del contratto.
La scelta legislativa è coerente con i principi generali dell’ordinamento, che certo non consentono a chi invoca in giudizio un contratto, di produrre al giudice solo una parte del documento.
È coerente altresì con i canoni di ermeneutica contrattuale dettati dagli artt. 1362 c.c. e segg., in particolare, con la regola denominata dal codice “Interpretazione complessiva delle clausole”, secondo la quale “le clausole del contratto si interpretano le une per mezzo delle altre, attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso dell’atto” (art. 1363 c.c.).
La scelta legislativa è poi coerente con i criteri di fondo dell’intervento legislativo in cui si inserisce (D.Lgs. 2.2.2006 n. 40 e relativa legge delega) volto a potenziare la nomofilachia della Corte di cassazione.
Deve di conseguenza affermarsi il principio di diritto per cui la produzione di meri stralci del contratto collettivo nazionale di lavoro non corrisponde alla prescrizione di cui all’art. 369 secondo comma n. 4 cod. proc. civ.
E tale principio è stato, di recente, ribadito con la sentenza n. 20075/10 dalle Sezioni Unite di questa Corte, investite della problematica con ordinanza in data 17.3.2010 nel ricorso iscritto al R.G. al n. 3277/09.
Entrambi i motivi del ricorso vanno pertanto ritenuti improcedibili, ove si osservi che anche il secondo motivo, in relazione al quale parte ricorrente ha svolto in particolare i propri rilievi con la memoria depositata, afferisce al contenuto del contratto collettivo in parola. Ed invero la questione del “maggior rilievo” delle funzioni svolte, del “particolare rilievo” dei contenuti specialistici, come pure della “rilevante entità e/o complessità” delle unità organiche, hanno espressa attinenza alle declaratorie contrattuali relative alla qualifica reclamata; da ciò consegue ulteriormente che la “notorietà” del fatto relativo al carattere secondario della tratta sulla quale operava il ricorrente era pur sempre collegata al contenuto della predetta declaratoria contrattuale circa la necessità che l’unità organizzativa cui era preposto l’interessato fosse di rilevante entità e complessità: il che riconduce tutta la vicenda nell’ambito del contratto collettivo nazionale di settore.
Segue a tale pronuncia la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di giudizio che si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio di cassazione, che liquida in euro 30,00 per esborsi, oltre euro 2.000,00 (duemila) per onorari, oltre spese generali, IVA e CPA come per legge.
Così deciso in Roma, il 21 settembre 2011.
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