CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 20 settembre 2013, n. 21561
Tributi – Contenzioso tributario – Procedimento – Esecuzione delle sentenze – Giudizio per l’ottemperanza – Sentenza da eseguire – Sentenza di ottemperanza – Modifica del titolo – Inammissibilità – Ordinanza di chiusura – Integrale esecuzione della sentenza – Necessità – Omissione – Mancato rimborso degli interessi sulle spese processuali – Violazione del giudicato – Impugnazione per cassazione – Ammissibilità
I. – Col primo motivo la ricorrente deduce (art. 360, n. 4, c.p.c.) la violazione e la falsa applicazione dell’art. 70 del d.lgs. n. 546-92. Sostiene di aver proposto l’istanza perché l’amministrazione aveva adempiuto solo parzialmente alla sentenza di ottemperanza. Questa difatti, previa nomina di commissario ad acta, aveva dichiarato l’obbligo di corrispondere alla ricorrente le spese di giudizio, liquidate nella decisione originaria, con i relativi interessi, oltre che le spese, pure maggiorate di interessi, relative al giudizio di ottemperanza. Mentre era stata infine corrisposta la sola sorte capitale.
Col secondo motivo la ricorrente deduce il vizio di omessa motivazione (art. 360, n.5, c.p.c.), in quanto la commissione tributaria regionale avrebbe mancato di indicare le ragioni poste a base del rigetto dell’istanza.
II. – Il primo motivo pone il quesito “se il giudice di merito, adito in via di ottemperanza dal contribuente per recuperare le spese di lite, possa legittimamente ai sensi dell’art. 70 d.lgs. n. 546/92 ottemperare l’ordine di condanna al pagamento di tali spese, maggiorate degli interessi (..> adottando i provvedimenti necessari al pagamento soltanto della quota capitale e non anche al pagamento degli interessi, pur quando lo stesso giudice di merito abbia precedentemente riconosciuto in sede di ottemperanza il diritto del contribuente ad ottenere il pagamento (non solo del capitale, ma anche) degli interessi”.
A disparte la fraseologia, il motivo, ridotto all’essenziale, devolve la questione del legittimo esercizio del potere di chiudere il procedimento di ottemperanza, laddove sia stato precedentemente riconosciuto il diritto del contribuente a ottenere il pagamento degli interessi sulle spese processuali e tale diritto non sia stato, all’esito, soddisfatto, in tale prospettiva esso è fondato nei limiti di seguito esposti.
III. – In base all’art. 70, 8° co., del d. lgs. n. 546-92, la commissione tributaria, eseguiti i provvedimenti di cui al 7° comma, adottati con la sentenza che definisce il giudizio di ottemperanza, e preso atto di quelli emanati ed eseguiti dal componente delegato o (per quanto qui rileva) dal commissario ad acta, “dichiara chiuso il procedimento con ordinanza”.
Da tale regola deve inferirsi che la chiusura del giudizio di ottemperanza suppone la necessaria adozione di un provvedimento a carattere ricognitivo dell’avvenuta esecuzione dei provvedimenti emessi con la sentenza che pronuncia sul ricorso in ottemperanza, e di quelli eventualmente adottati dal commissario ad acta.
Dalla natura e dalla funzione di tale ordinanza scaturiscono due conseguenze fondamentali.
La prima è che l’ordinanza non può mai contraddire il titolo e la statuizione di ottemperanza.
La seconda è che, laddove ciò faccia, smentendo l’attribuzione legislativa di provvedimento a carattere meramente ordinatorio, l’ordinanza deve ritenersi impugnabile per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost. (cfr. Cass. 3435-05), in ragione del distinto contenuto marcatamente decisorio assunto in concreto (di recente, v. anche Cass. n. 11352-12).
Deve anche rammentarsi la regola, improntata a eguale logica, secondo la quale il provvedimento, con il quale, nel giudizio di ottemperanza, la commissione tributaria adotta i provvedimenti indispensabili per l’ottemperanza in luogo dell’ufficio che li ha omessi – e nomina un commissario ad acta, al quale fissa un termine per i necessari provvedimenti attuativi -, ha natura sostanziale di sentenza, in tal modo essendo espressamente qualificato anche dall’art. 70, 7° co., cit. Consegue che il detto provvedimento non può essere successivamente modificato dal giudice che lo ha emesso, indipendentemente dalla qualificazione in concreto attribuitagli da quest’ultimo (v. Cass. n. 24196-06).
IV. – Nel caso di specie, era stato chiesto alla commissione tributaria regionale di sostituire il commissario ad acta ovvero e comunque di adottare i provvedimenti necessari per l’integrale esecuzione delle richiamate sentenze, in quanto le spese processuali erano state sì rimborsate, ma solo per la sorte capitale; e dunque in difformità dal titolo.
Con l’ordinanza impugnata, di contro, la commissione tributaria regionale ha ritenuto inammissibile il ricorso
in ragione del già avvenuto esaurimento de “gli interventi di propria competenza ai sensi dell’art. 70”.
In tal senso la commissione ha declinato il potere di controllo in ordine all’effettiva esecuzione dei provvedimenti di ottemperanza.
E ha errato due volte.
In primo luogo perché, invece, dall’art. 70, 8° co, si desume che quel potere le competeva esplicitamente, anche in rapporto alle decisioni adottate dal commissario ad acta.
in secondo luogo – e soprattutto – perché, così statuendo, la commissione tributaria regionale ha implicitamente disposto la chiusura del procedimento di ottemperanza in difetto del presupposto. Il quale si rinviene nel fatto che i provvedimenti indispensabili per l’ottemperanza, ivi compresi quelli emanati dal suddetto commissario, siano eseguiti.
Viceversa la commissione ha legittimato l’elusione di quanto stabilito in ordine all’obbligazione concernente le spese processuali, supponente – in base ai titoli l’integrale pagamento anche degli interessi.
V. – Ne discende che, accolto il ricorso in relazione al primo mezzo, la decisione va cassata con rinvio alla medesima commissione tributaria regionale, diversa sezione.
Questa provvederà alla verifica di sua competenza, quale giudice dell’ottemperanza, uniformandosi al principio – costante nella giurisprudenza di questa corte – che il ricorso per ottemperanza ha la funzione di ovviare all’inerzia della pubblica amministrazione rispetto al giudicato; donde la chiusura della fase di ottemperanza postula che si possa apprezzare l’avvenuta uniformazione dell’amministrazione all’obbligo processuale di attenersi alla statuizione contenuta nella sentenza da eseguire.
Il secondo motivo resta assorbito.
Il giudice di rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio svoltosi in questa sede di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo, assorbito il secondo, cassa l’ordinanza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla commissione tributaria regionale del Lazio.
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