CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 15 novembre 2013, n. 21606
Fallimento ed altre procedure concorsuali – Fallimento – Società e consorzi – Società con soci a responsabilità illimitata – Fallimento della società e dei soci – Fallimento di società personale – Reclamo proposto dalla società e dal socio illimitatamente responsabile – Soccombenza – Ricorso per cassazione – Legittimazione attiva in proprio anche del socio – Sussistenza – Fondamento.
Svolgimento del processo
Il Tribunale di Firenze, con sentenza del 28 aprile 2010, negò l’omologazione del concordato preventivo proposto dalla A.F.M. di R.I. & C. s.a.s. e dichiarò, su istanza della creditrice U.F.F. s.p.a., il fallimento della società debitrice e della sua socia accomandataria dott.ssa R.I..
La Corte d’appello di Firenze ha dichiarato inammissibile, in quanto tardivo, il reclamo proposto dalle fallite, osservando che: il termine per reclamare ai sensi dell’art. 183, primo comma, legge fallim. (come sostituito dall’art. 16, comma 6, d.lgs. 12 settembre 2007, n. 169) avverso il decreto relativo all’omologazione del concordato è quello di 10 giorni previsto in generale per i procedimenti camerali dal codice di rito; l’applicazione di tale termine resta ferma anche allorché, ai sensi del secondo comma del richiamato art. 183, con il medesimo reclamo sia impugnata, oltre al decreto, anche la contestuale sentenza di fallimento; nella specie, invece, l’atto di reclamo era stato depositato il 18 giugno 2010 pur essendo stata la sentenza del Tribunale notificata, a istanza della cancelleria, il 20 e il 26 maggio precedenti rispettivamente alla dott.ssa I. e alla società fallita.
Le soccombenti hanno proposto ricorso per cassazione articolando un solo motivo di censura. Hanno resistito con controricorso il curatore del fallimento e la creditrice istante U.F.F. s.p.a. Le ricorrenti hanno anche presentato memoria.
Motivi della decisione
1. – Con l’unico motivo di ricorso, denudando violazione di norme di diritto, si sostiene che il termine per impugnare la sentenza era invece di trenta giorni, come previsto dall’art. 18 legge fallim., e dunque il reclamo era tempestivo.
2. – In via preliminare va brevemente osservato, in risposta alle corrispondenti eccezioni di inammissibilità del motivo sollevate dalla controricorrente U.F.F. s.p.a., che la ricorrenti hanno posto la questione di cui sopra in termini chiarissimi; né è esatto che con il ricorso non venga contestata anche l’affermazione della Corte d’appello secondo cui, pur ammettendo che la sentenza di fallimento sia reclamabile nel termine di trenta giorni, comunque il termine di dieci giorni resterebbe applicabile per l’impugnazione del decreto di diniego dell’omologazione: nella prospettazione delle ricorrenti, infatti, è l’unitario reclamo avverso i due provvedimenti contestuali del tribunale ad essere reclamabile entro il termine di trenta giorni.
Va altresì respinta l’eccezione di difetto di legittimazione della dott.ssa I. a ricorrere per cassazione in proprio, in quanto asseritamente non legittimata ad impugnare la sentenza dichiarativa del fallimento della società e non oppostasi alla dichiarazione del proprio fallimento. Ai fini della legittimazione a ricorrere per cassazione, infatti, è sufficiente essere rimasti soccombenti nel giudizio a quo, come indubbiamente è nella specie avvenuto per la ricorrente.
3. – Nel merito, poi, il motivo di ricorso è fondato.
Questa Corte, con la sentenza n. 4304/2012, ha già avuto occasione di affermare che il reclamo cui fa riferimento il secondo comma dell’art. 183, cit., è quello disciplinato dall’art. 18 legge fallim., proponibile nel termine di trenta giorni dalla notifica della sentenza dichiarativa del fallimento, onde anche la contestuale impugnazione del decreto di diniego dell’omologazione deve essere proposta nel medesimo termine; e ha quindi concluso che lo stesso reclamo avverso il decreto di omologazione, o comunque non associato all’impugnazione della sentenza di fallimento, ai sensi de primo comma dell’art. 183, è soggetto al medesimo termine di trenta giorni, non potendo il termine per impugnare variare a seconda del contenuto del provvedimento impugnato o della circostanza della contestuale impugnazione di altro provvedimento.
La prima parte di detto ragionamento riguarda appunto la questione che ci occupa e va senz’altro confermata, militando in suo favore evidenti ragioni di ordine sistematico e logico.
Il più volte richiamato art. 183 non contiene alcuna specifica previsione circa il regime del reclamo cui fa riferimento. Per individuare tale regime occorre muovere dalla considerazione che la sentenza dichiarativa di fallimento non muta natura per il fatto di essere emessa contestualmente al diniego di omologazione del concordato preventivo; è pertanto naturale, in difetto di specifiche previsioni di legge, che essa sia impugnabile, come tutte le sentenze di fallimento, con il reclamo di cui all’art. 18 legge fallim., soggetto al termine di trenta giorni dalla notificazione della sentenza stessa ai sensi dell’art. 17. E va da sé che, se questo è il termine per impugnare la sentenza, non può essere soggetta a termine diverso la necessariamente contestuale e strettamente connessa impugnazione del decreto di diniego dell’omologazione del concordato. Non residua, dunque, alcuno spazio per l’applicazione della disciplina generale dei procedimenti camerali prevista dal codice di procedura civile.
3. – La sentenza impugnata va quindi cassata con rinvio al giudice indicato in dispositivo, il quale si atterrà al seguente principio di diritto: l’unitario reclamo avverso la sentenza dichiarativa del fallimento conseguente al diniego di omologazione del concordato preventivo e avverso il contestuale decreto di diniego dell’omologazione va proposto nel termine di trenta giorni decorrente, per il debitore, dalla notificazione della sentenza.
Il giudice di rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Firenze in diversa composizione.
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