Corte di Cassazione sentenza n. 21850 del 05 giugno 2012
SICUREZZA SUL LAVORO – PRODUZIONE DI CEMENTO – INFORTUNIO – LAVORATORE INVESTITO DA UNA BETONIERA PROCEDENTE A MARCIA INDIETRO
massima
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È procedibile d’ufficio secondo il disposto dell’art. 590 c.p., dovendosi ritenere commesso con violazione delle norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il reato di lesioni colpose in danno di un soggetto-lavoratore, il quale veniva investito dalla betoniera intenta a procedere a marcia indietro, che così operava su indicazione del capo cantiere della ditta di produzione di cemento.
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FATTO
Con sentenza del 12 febbraio 2009 il Tribunale di Trapani in composizione monocratica dichiarava (Omissis) e (Omissis) colpevoli in ordine al reato di lesioni colpose in danno di (Omissis) e li condannava, il (Omissis), alla pena di euro 619 di multa, la (Omissis) alla pena di mesi 2 di reclusione e alla pena di euro 2000 di ammenda per i reati contravvenzionali concernenti la violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro a lei contestati.
I fatti riguardavano l’incidente occorso all’interno dell’azienda “3 P Costruzioni”, la cui legale rappresentante era la (Omissis), al marito della stessa, (Omissis), il quale veniva investito dalla betoniera intenta a procedere a marcia indietro condotta dal (Omissis), che così operava su indicazione dello stesso (Omissis), capo cantiere della ditta di produzione di cemento.
Avverso la sopra indicata sentenza proponevano appello i difensori degli imputati.
La Corte di appello di Palermo, con sentenza del 3.10.2011, oggetto del presente ricorso, in parziale riforma della sentenza emessa nel giudizio di primo grado, dichiarava non doversi procedere nei confronti di (Omissis) in ordine alle contravvenzioni che le erano state contestate perché estinte per intervenuta prescrizione; rideterminava quindi la pena inflitta alla stessa in euro 619 di multa; confermava nel resto e condannava il (Omissis) al pagamento delle spese del grado.
Avverso la predetta sentenza (Omissis), a mezzo del suo difensore, proponeva ricorso per Cassazione, chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi:
1) violazione dell’art. 178 c.p.p., lettera c). Lamentava sul punto il ricorrente che il processo era stato fissato per l’udienza dell’8.01.2010. In tale data, essendo restati gli imputati contumaci, era presente in udienza il difensore di fiducia del (Omissis), avv. (Omissis). L’udienza veniva rinviata al giorno 3 maggio 2011. In tale data peraltro l’udienza veniva ancora rinviata al 3 ottobre 2011. Osservava il ricorrente che dal verbale dell’udienza del 3 maggio non risultavano presenti i difensori di fiducia e che non risultava effettuata la notifica del rinvio né agli imputati, né ai difensori che, quindi, erano rimasti assenti alla successiva udienza del 3 ottobre, con grave violazione del diritto di difesa.
2) Violazione di legge e difetto di motivazione in relazione all’art. 590 c.p.p., comma 3. Lamentava il ricorrente che il giudice non avrebbe verificato l’attendibilità della persona offesa (Omissis) che, comunque, aveva vari ruoli (capo cantiere, datore di lavoro, marito della (Omissis)). L’incidente sarebbe avvenuto per un inaspettato e non previsto comportamento del capocantiere (persona offesa) che, invece di restare in piedi, come era corretto, in tutta sicurezza, sulla piattaforma sita in cima alla betoniera, all’ultimo momento, mentre la betoniera retrocedeva, e mentre l’imputato era nell’assoluta impossibilità di vederlo, imprudentemente si piegava per “infilare” il capo nell’imboccatura della betoniera. Il (Omissis) quindi si era limitato ad adempiere all’ordine del (Omissis) di andare a marcia indietro, sapendo che, per prassi consolidata, il (Omissis) si trovava in piedi sulla piattaforma.
Tali doglianze erano invero contenute nell’atto di appello, ma erano rimaste completamente ignorate.
3) Violazione di legge in relazione all’art.590 c.p., in quanto il suo comportamento sarebbe comunque caratterizzato da colpa generica, e non già da violazione di specifiche norme sulla sicurezza del lavoro, e quindi il reato di lesioni colpose contestatogli sarebbe perseguibile a querela della persona offesa, querela che non era stata proposta.
4) Violazione di legge in relazione all’art. 175 c.p., in quanto, avuto riguardo ai parametri di cui all’art. 133 c.p., avrebbe dovuto essergli concesso il beneficio della non menzione.
DIRITTO
Osserva la Corte che il terzo motivo di ricorso è fondato.
L’art. 590 c.p.p., u.c., dispone infatti che “il delitto (di lesioni colpose) è punibile a querela della persona offesa, salvo nei casi previsti nel primo e secondo capoverso, limitatamente ai fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all’igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale”. Ne consegue che la procedibilità di ufficio ha carattere oggettivo e non riguarda la posizione del colpevole, bensì il riferimento del fatto addebitato alla violazione di norme disciplinanti gli infortuni sul lavoro (cfr, sul punto, Cass., Sez.4, Sent. n. 37666 del 2.07.2004, Rv.229151).
Tanto premesso si osserva che nella fattispecie che ci occupa, come emerge chiaramente dalla lettura del capo di impugnazione e della sentenza impugnata, a (Omissis) è stato contestato il reato di lesioni colpose in danno di (Omissis) a titolo di colpa generica, essendo stata contestata la violazione del Decreto Legislativo n. 626 del 1994, artt. 21 e 22 soltanto alla coimputata (Omissis), né è risultata da parte dell’odierno ricorrente la violazione di specifiche norme in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro. Pertanto il reato ascritto all’odierno ricorrente è procedibile a querela della persona offesa, che invece non risulta essere stata proposta e quindi la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio nei confronti di (Omissis) perché l’azione penale non avrebbe potuto essere promossa per mancanza di querela.
In conseguenza di tale decisione gli ulteriori motivi di ricorso proposti devono ritenersi assorbiti.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (Omissis) perché l’azione penale non avrebbe potuto essere promossa per mancanza di querela.
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