Corte di Cassazione sentenza n. 2201 del 31 gennaio 2011
TARSU – SE IL TAR ANNULLA LE TARIFFE – AL CONTRIBUENTE IL RIMBORSO PARZIALE DELLA TARSU PAGATA
massima
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La caducazione della delibera tariffaria a seguito di pronuncia del TAR comporta la necessità di applicare il regime impositivo precedentemente in vigore. L’annullamento della delibera, infatti, non fa venir meno il potere impositivo del Comune. Al contribuente, pertanto, non è riconosciuto il rimborso dell’intera somma versata, ma solo la parte in più di tributo dovuta in forza delle delibere annullate.
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La T. s.r.l. proponeva appello avverso la sentenza della commissione tributaria provinciale di Genova, con la quale era stato respinto il ricorso, nei confronti del Comune di Genova, avverso il diniego di rimborso di ta.r.s.u. relativa a locali adibiti ad attività artigianali, per gli anni 2002 e 2003.
In appello la società depositava sentenze del T.A.R. Liguria, con le quali erano state annullate delibere di determinazione della tariffa applicata.
Disattesa l’eccezione di inammissibilità dell’appello, la commissione tributaria regionale della Liguria rigettava il gravame, con la seguente motivazione:
– contrariamente a quanto sostenuto dalla T., l’area doveva ritenersi tassabile;
– quanto alle conseguenza dell’annullamento pronunciato dal TAR, l’effetto retroattivo di tale annullamento non comportava l’obbligo di restituzione dell’intero tributo versato, stante l’esistenza dello stesso ma, al più quella parte dovuta in più in forza delle delibere annullate;
– la domanda di restituzione delle intere somme pagate doveva, quindi, essere rigettata, né poteva disporsi il rimborso della differenza non dovuta, non essendo stata formulata alcuna domanda in tal senso.
Avverso tale sentenza la Teknit ha proposto ricorso per cassazione, al quale il Comune ha resistito con controricorso, proponendo, altresì, ricorso incidentale, al quale ha, a sua volta, resistito la T.con controricorso.
p. 2. I motivi del ricorso principale.
2.1. Col primo motivo, denunciando omessa o contraddittoria motivazione; violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 69; in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., nn. 3 e 5, la ricorrente deduce che erroneamente la commissione regionale ha dichiarato dovuta la tassa, nonostante l’annullamento degli atti presupposti. La “esistenza della tassa” sarebbe un concetto di dubbia correttezza giuridica: infatti, nel ricorso introduttivo e dinanzi al TAR si discuteva soltanto della legittimità di specifici atti amministrativi.
Deduce, inoltre, la ricorrente che erroneamente il giudice d’appello avrebbe ritenuto che avrebbe potuto spettare al contribuente solo la parte in più di tributo dovuta in forza delle delibere annullate.
In realtà, essendo stata l’intera tassa pretesa quantificata in base alla tariffa annullata, l’intera somma pagata avrebbe dovuto essere rimborsata.
A conclusione del motivo viene formulato il seguente principio di diritto: “Si chiede pertanto a codesta Ecc.ma Corte di chiarire se l’annullamento della tariffa sulla base della quale il comune ha determinato nei confronti del contribuente, in forza dell’art. 69 cit., la propria pretesa tributaria a titolo di Tarsu, sia idonea ad inficiare la pretesa stessa facendo pertanto venir meno il relativo obbligo di pagamento”.
2.2. Col secondo motivo, denunciando violazione e/o falsa applicazione degli artt. 99 e 112 cod. proc. civ., e omessa pronuncia; in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 4, la ricorrente lamenta che la commissione non abbia ritenuto di poter accogliere parzialmente la domanda di rimborso, e cioè limitatamente alla differenza in più dovuta in forza delle tariffe annullate, limitandosi a prospettare in modo ipotetico tale possibilità. Ciò perché, in base ai principi generali, nella domanda di rimborso dell’intero doveva considerarsi compresa quella di rimborso parziale, a meno che lo stesso ricorrente non vi avesse espressamente rinunziato. D’altra parte, tale possibilità rientrava nella competenza delle commissioni tributarie, le quali si devono sostituire all’amministrazione nell’esercizio dei poteri impositivi.
In ogni caso, non era necessaria una specifica domanda della ricorrente.
Sotto il predetto profilo la sentenza è, quindi, viziata da omessa pronuncia.
Viene, pertanto, enunciato il seguente quesito di diritto:
“Si chiede pertanto a codesta Ecc.ma Corte di chiarire se, nei caso di acclarata illegittimità della determinazione del tributo (nella specie per l’annullamento della relativa tariffa), l’onere di allegare eventuali fatti o criteri che legittimerebbero una quantificazione diversa (e inferiore) ricada, in base alle norme processuali e, segnatamente, al principio della domanda, sul contribuente ovvero sull’ente impositore”.
3.3. Col terzo motivo la ricorrente denuncia violazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 67, comma 3; omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione; in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., nn. 3 e 5.
Lamenta che, nel giudizio di merito, era stata invocata la previsione regolamentare che annoverava i rifiuti prodotti da lavorazione industriale tra i rifiuti speciali tossici o nocivi, e che tali rifiuti non erano soggetti a tassazione, dovendo essere smaltiti a cura e spese del contribuente, a meno che non vi sia stata assimilazione ai rifiuti ordinari urbani (D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 22). Sul punto la commissione tributaria regionale si era limitata ad affermare che il fatto di produrre rifiuti speciali era irrilevante, senza porsi il problema dell’assimilazione.
Viene pertanto enunciato il seguente principio di diritto:
“Si chiede pertanto se le aree ove si producono rifiuti speciali (nella specie industriali) rientrino nel presupposto della Tarsu indipendentemente dalla legittima assimilazione di tali rifiuti a quelli urbani”.
p. 3. Il motivo del ricorso incidentale.
Denunciando violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 17, comma 1, art. 51, comma 1 e art. 330 cod. proc. civ., comma 1, il Comune ripropone la questione d’inammissibilità dell’appello, essendo lo stesso pervenuto al domicilio eletto oltre il termine perentorio, mentre era avvenuta nei termini solo la notifica presso l’Avvocatura civica, e non nel domicilio eletto. Quindi erroneamente la commissione regionale aveva ritenuto la validità della notifica “presso la sede legale del Comune”.
MOTIVI DELLA DECISIONE
4.1. Preliminarmente deve essere disposta la riunione dei ricorsi, proposti nei confronti della stessa sentenza.
4.2. Il primo motivo del ricorso principale è infondato. La caducazione della delibera tariffaria a seguito di pronuncia del giudice amministrativo comporta la necessità di applicare il regime impositivo precedentemente in vigore. L’annullamento della delibera, infatti, non fa venir meno il potere impositivo del Comune. Non si tratta, quindi, di un inammissibile esercizio di pretesa da indebito arricchimento, che può verificarsi soltanto in totale assenza del potere impositivo. Il Collegio richiama le sentenze della Sezione n. 18123/09 e 8870/2010 e, per un’ipotesi di annullamento giurisdizionale di un atto presupposto dal quale consegua una carenza di potere impositivo, la sentenza n. 16937/07.
4.3. Merita, invece, accoglimento il secondo motivo. L’applicabilità del regime impositivo vigente al momento della delibera tariffaria sulla quale gli atti impugnati si sono fondati comportava il dovere del giudice tributario di dichiarare dovuto il rimborso della differenza in più versata in base al nuovo regime. Si richiama, anche in proposito, la già citata sentenza n. 15123/09. La domanda di rimborso dell’intero tributo pagato doveva, infatti, ritenersi comprensiva del diritto al rimborso della minore somma, una volta che il ricorrente aveva invocato, quale causa pretendi, l’annullamento giurisdizionale della delibera tariffaria. Non era necessaria, pertanto, una specifica domanda.
Più in generale si deve osservare che – secondo una consolidata giurisprudenza della Corte – il processo tributario non è di mero annullamento, essendo attribuiti al giudice anche poteri decisori sul rapporto tributario. Nella specie, quindi, s’impone al giudice di individuare la disciplina applicabile, osservando le regole di ripartizione dell’onere probatorio in materia di tarsu (sentenza n. 17703/04 e successiva, conforme giurisprudenza).
4.4. Il terzo motivo è inammissibile, avendo la commissione tributaria regionale richiamato, sul punto, la statuizione del giudice di primo grado, nella quale si prendeva atto dell’avvenuta assimilazione dei rifiuti speciali quelli urbani, statuizione che non viene censurata dalla ricorrente.
4.5. Quanto alla censura svolta nel ricorso incidentale, la stessa è inammissibile, non avendo la difesa del Comune formulato il prescritto quesito di diritto, come stabilito dall’art. 366 bis cod. proc. civ.
4.6. L’accoglimento del secondo motivo di ricorso comporta la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio ad altra Sezione della commissione tributaria regionale della Liguria. I giudici di rinvio dovranno applicare il regime impositivo previgente alle delibere tariffarie annullate del giudice amministrativo osservando le regole in materia di ripartizione dell’onere probatorio, disponendo il rimborso della parte di tributo non dovuto, e decidere anche sulle spese di questa fase.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione riunisce i ricorsi; accoglie il secondo motivo del ricorso principale, rigetta il primo motivo e dichiara inammissibile il terzo; rigetta il ricorso incidentale; cassa in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese di questa fase, ad altra sezione della commissione tributaria regionale della Liguria.
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