CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 27 settembre 2013, n. 22172
Tributi – IVA – Operazioni – Cessioni all’esportazione – Operazioni triangolari – Non imponibilità – Condizioni – Perfezionamento operazione di cessione
Svolgimento del processo
La Commissione tributaria della regione Piemonte, con sentenza 27.2.2008 n. 4, ha rigettato L’appello proposto dall’Ufficio di Torino della Agenzia delle Entrate e confermato, con diversa motivazione, la decisione di prime cure, dichiarando illegittimo il provvedimento con il quale veniva irrogata a L. s.p.a. (successivamente incorporata in Banca Italease a.p.a.) la sanzione pecuniaria di cui all’art. 6 comma 8 Dlgs n. 471/1997 per violazione della disciplina relativa alla non imponibilità ai fini IVA delle operazioni dì cessione alla esportazione ex art. 8 co1 lett. a) Dpr n. 633/1972 e delle operazioni di cessione intracomunitaria ex art. 58 DL 30.8.1993 n. 331 conv. in legge 2.10.1993 n. 427, condotte dalla predetta società, nell’anno 2003, in qualità di cessionaria di beni acquistati da fornitori italiani e da questi trasferiti, per conto della prima, a soggetti – residenti all’estero od in altri Paesi membri- cui erano destinati in virtù di contratti di locazione finanziaria (leasing).
I Giudici territoriali rilevato che presupposto per l’applicazione della non imponibilità di tali operazioni era che il bene fosse stato oggetto di cessione tra il fornitore e l’acquirente, entrambi residenti nello stesso Stato, e che la merce fosse stata effettivamente spedita all’estero o nel territorio di altro Stato membro, ritenevano infondata la tesi dell’Ufficio secondo cui si rendeva necessaria anche una successiva cessione del bene tra l’acquirente nazionale ed i soggetti destinatari finali.
Avverso tale sentenza ha proposto rituale ricorso per cassazione la Agenzia delle Entrate deducendo con un unico motivo il vizio di violazione e falsa applicazione di norme di dritto.
Ha resistito con controricorso la società.
1. Con l’unico motivo la Agenzia delle Entrate censura la sentenza di appello per violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 8 Dpr n. 633/72, dell’art. 58 DL n. 331/93 conv. in legge n. 427/93, in relazione all’art. 360 co 1 n. 3) c.p.c.
2. La questione sottoposta alla Corte è chiaramente sintetizzata nel quesito di diritto formulato in calce al motivo con il quale si chiede di configurare come cessione di beni, assoggettata ad IVA ordinaria, tra operatori residenti nello stesso Paese l’acquisto di bene mobile -spedito fuori del territorio del predetto Paese- che la ditta cessionaria ha acquistato dal fornitore nazionale e concesso in locazione finanziaria a soggetti residenti all’estero ovvero in altro Paese comunitario.
3. La tesi della Agenzia poggia : a) sulla nozione di cessione di beni, implicante il trasferimento della proprietà dei beni da un soggetto – cedente ad un soggetto – cessionario; b) sulla nozione di “esportazione” che non si limiterebbe alla mera materiale fuoriuscita della merce dal territorio del Paese originario, ma richiederebbe necessariamente un ulteriore trasferimento della proprietà dei beni dal cessionario – nazionale ai soggetti destinatari residenti all’estero od in altro Stato membro.
4. La questione va risolta alla stregua delle seguenti considerazioni, dovendo premettersi che nel caso di specie i Giudici di merito non hanno inteso qualificare il rapporto negoziale tra L. s.p.a.-concedente ed utilizzatori dei beni, come leasing finanziario ovvero come leasing traslativo, ritenendo “a monte” superflua tale qualificazione, ai fini della non imponibilità della operazione, in base alla “ratio deciderteli” secondo cui né le operazioni di cessione alla esportazione, realizzate mediante triangolazione, ex art. 8 comma 1 lett. a) Dpr n. 633/1972, né le operazioni di cessione intracomunitarie, realizzate mediante triangolazione, ex artt. 58 e 41 col lett. a) DL n. 331/93 conv. in legge n. 427/93, prevedevano tra gli elementi della fattispecie normativa che il bene consegnato all’estero o nel diverso Stato membro dovesse essere oggetto di una seconda cessione.
5. Il decreto legge n. 331/1993 convertito con modifiche in legge n. 427/1993, mentre contiene una esplicita definizione di “acquisto” (ex art. 38 co 2 sono da considerasi tali “le acquisizioni, derivanti da atti a titolo oneroso, della proprietà di beni o di altro diritto reale di godimento sugli stessi”), non prevede invece analoga definizione per le “cessioni”, soccorrendo in proposito la normativa nazionale e comunitaria in materia di IVA.
A. Quanto alle norme statali contenute nel Dpr n. 633/1972 si rileva che:
– l’art. 2 comma 1 DPR n. 633/72 definisce come cessione di beni “gli atti a titolo oneroso che importano trasferimento della proprietà ovvero costituzione o trasferimento di diritti reali di godimento su beni di ogni genere”
– l’art. 2 comma 2, n. 1) e n. 2) DPR n. 633/1972 qualifica espressamente come cessione di beni anche “le vendite con riserva di proprietà e “le locazioni con clausola di trasferimento della proprietà vincolante per entrambe le parti”
– l’art. 3 comma 2 n. 1) DPR n. 633/1972 dispone che “costituiscono prestazioni di servizi se effettuate verso corrispettivo le concessioni di beni in locazione, affitto noleggio e simili”
– il contratto di leasing viene incluso tra le “prestazioni di servizi” considerate ai fini dei criteri di individuazione della territorialità della imposta dall’art. 7 col lett. g) (relativamente ai mezzi di trasporto); dall’art. 7 quater comma 1 lett. a) (con riferimento a “prestazioni di servizi” aventi ad oggetto la concessine di diritti di utilizzazione di beni immobili): dall’art. 7 sexies comma 1 lett. e) (con riferimento a prestazioni di servizi di locazione anche finanziaria di mezzi di trasporto); dall’art. 7 septies comma 1 lett. 1) (relativamente a beni mobili materiali diversi dai mezzi di trasporto)
– l’art. 16 co 3 Dpr n. 633/72 richiama ancora, ai fini della applicazione della aliquota, “le prestazioni di servizi …dipendenti da contratti di locazione finanziaria, di noleggio e simili”
B. Quanto alle norme comunitarie contenute nella Sesta direttiva n. 388/77/CEE del 17.5.1977 occorre richiamare:
– l’art. 5 paragr. 1 della Sesta direttiva n. 388/77/CEE del Consiglio in data 17.5.1977 e succ. mod., applicabile ratione temporis, che considera cessione di un bene “il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario” (analoga definizione è data dall’art. 14 paragr. 1 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio in data 28.11.2006 che ha sostituito la Sesta direttiva), disposizione che per costante giurisprudenza della Corte di giustizia deve essere interpretata nel senso che la nozione di cessione “comprende qualsiasi operazione di trasferimento di un bene materiale effettuata da una parte che autorizza l’altra parte a disporre di fatto di tale bene come se ne fosse il proprietario” (cfr. sentenze della Corte dì giustizia in data 8.2.1990, causa C-320/88, Shipping «Si Forwarding Ent. Safe; in data 21.4.2005, causa C-25/03, HE; in data 12.1.006. cause C- 354/03, C-355/03 e C-484/0, Optigen Ltd, Fu tenni Electornics, Bond House), venendo pertanto in rilievo secondo il Giudice di Lussemburgo il complesso dei poteri di disposizione e godimento effettivamente trasmessi al cessionario piuttosto che la qualificazione giuridica del diritto -propria di ciascun ordinamento nazionale- trasferito con il negozio di cessione
– il medesimo art. 5, al paragr. 4, lett. b), dispone che “gli Stati membri possono considerare beni materiali” quali oggetto di cessione ai sensi del precedente paragrafo 1, anche “la consegna materiale dì un bene in base ad un contratto che prevede la locazione di un bene per un dato periodo, o la vendita a rate di un bene, accompagnate dalla clausola secondo la quale la proprietà è normalmente acquistata al più tardi all’atto del pagamento dell’ultima rata” (la disposizione è riprodotta nel testo dell’articolo 14, paragrafo 2, lettera b), della direttiva IVA 2006/1112/CE)
– l’art. 6 paragr. 1 considera “prestazione di servizi ogni operazione che non costituisce cessione di un bene ai sensi dell’articolo 5”
6. Il quadro normativo è completato dalla giurisprudenza che riconduce alla prestazione di servizi il contratto di leasing finanziario (cfr. Corte cass. I sez. 8.2,2000 n. 1362 secondo cui anche il leasing immobiliare “nella sua fase antecedente all’eventuale acquisto finale del bene” rientra nell’ambito delle “prestazioni di servizi” soggette ad imposta; Corte cass. V sez. 27.2,2001 n. 2888 secondo cui i! leasing avente ad oggetto il conseguimento della disponibilità di automezzi da adibire all’attività di impresa di trasporto, rientra tra le “prestazioni di servizi” di cui all’art. 3 comma 1 Dpr n. 633/72 in quanto “il contratto ..ha i connotati della cessione in godimento del bene , non della proprietà di esso, finché si resti nella fase antecedente all’eventuale acquisto finale del bene medesimo per opzione in tal senso esercitata dall’utilizzatore alla scadenza del rapporto”. Sul piano della giurisprudenza comunitaria occorre rilevare come la locazione di veicoli per mezzo di contratti di locazione finanziaria costituisce una “prestazione di servizi” ai sensi degli artt. 6 e 9 della sesta direttiva, e tale operazione è di norma assoggettata a IVA, la cui base imponibile deve essere determinata ai sensi dell’art. 11, parte A, n, 1, della sesta direttiva: cfr. sentenza Corte di giustizia in data 21.2.2008, causa C-425/06, part Service in liquid. che richiama in particolare, le sentenze in data 21 marzo 2002, causa C-451/99, Cura Anlagen, Race. pag. 1-3193, punto 19, ed in data 11 settembre 2003, causa C-155/01, Cookies World, Racc. pag, 1-8785, punti 44 e 45).
7. La circostanza che i! contratto di leasing possa prevedere la clausola con la quale viene attribuita all’utilizzatore la facoltà di opzione, alla scadenza del rapporto, dell’acquisto in proprietà del bene locato, non immuta la natura di prestazione di servizi della concessione in godimento del bene fino a che non si realizzi detto effetto traslativo, che è da ritenersi meramente eventuale.
Non deroga a tale conclusione la recente decisione del Giudice comunitario in data 16.2.2012, causa C- 118/11 Eon Àset Menidjmunt OOD secondo cui “…37 Nell’ipotesi di un contratto di leasing, non si configura necessariamente un acquisto del bene, poiché un siffatto contratto può prevedere che il locatario possa scegliere dì non acquistare suddetto bene al termine del periodo di locazione. 38 Tuttavia, come si evince dal principio contabile internazionale IÀS17 relativo ai contratti di locazione, ripreso dal regolamento (CE) n. 1126/2008 della Commissione, del 3 novembre 2008, che adotta taluni principi contabili internazionali conformemente al regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio (GUL 320, pag. 1), il contratto di locazione semplice deve essere tenuto distinto dal contratto di leasing finanziario, essendo quest’ultimo caratterizzato dal trasferimento al locatario della maggior parte dei rischi e benefici inerenti alla proprietà legale. Il fatto che un trasferimento di proprietà sia previsto al termine del contratto o il fatto che la somma delle rate, interessi inclusi, sia praticamente identica al valore venale del bene costituiscono, individualmente o congiuntamente, criteri che consentono di determinare se un contratto possa essere qualificato come contratto di leasing finanziario. 39 Come già precisato dalla Corte, la nozione di cessione di beni non si riferisce al trasferimento di proprietà nelle forme previste dal diritto nazionale applicabile, bensì comprende qualsiasi operazione di trasferimento di un bene materiale effettuata da una parte che autorizza l’altra parte a disporre di fatto di tale bette come se ne fosse il proprietario (v. sentenze dell’8 febbraio 1990, Shipping and Forwarding Enterprise Safe, C-320/88, Racc. pagr 1-285, punto 7, e del 6 febbraio 2003, Auto Lease Holland C-185/01, Racc. pag. 1-1317, punto 32), 40 Pertanto, nell’ipotesi in cui il contratto di leasing relativo ad un autoveicolo preveda o il trasferimento dì proprietà di tate veicolo al locatario alla scadenza del contratto di cui trattasi o che il locatario disponga delle caratteristiche essenziali della proprietà di detto veicolo segnatamente che gli venga trasferita la maggior parte dei rischi e benefici inerenti alla proprietà legale di quest’ultimo e che la somma delle rate, interessi inclusi sia praticamente identica al valore venale del bene, l’operazione deve essere equiparata all’acquisto di un bene di investimento. 41 Spetta al giudice nazionale determinare, in base alle caratteristiche del caso di specie se i criteri esposti al punto precedente della presente sentenza siano soddisfatti.
Al fine di verificare se un contratto di leasing debba qualificarsi come cessione di bene materiale occorre, pertanto, accertare secondo il Giudice comunitario se “vengono trasferiti all’utilizzatore gli attribuiti essenziali delta proprietà del bene oggetto di leasing, in particolare qualora gli sia trasferita la maggior parte dei rischi e dei benefici inerenti alla proprietà di quest’ultimo e la somma delle rate, interessi inclusi, sia praticamente identica al valore venale del bene” (cfr. Corte giustizia C-118/11, con A set, cit.; Corte giustizia 17.1.2013 causa C- 224/11, BGZ sp. Z o,o,, punto 37),
Tale affermazione non può che intendersi in senso conforme al disposto dell’art. 5, paragr. 4, lett b) della VI direttiva (riprodotto nell’art. 2 comma 2 n.2) del Dpr n. 633/72) rimanendo subordinata la configurabilità di una cessione di beni comunque ad un meccanismo giuridico che consenta “ab origine” di prefigurare l’effetto traslativo dei diritto di disposizione del bene: solo in tal caso potendo ravvisarsi la stessa “ratio legis” che accomuna nella figura della cessione la vendita con riserva della proprietà (ovvero più in generale la vendita ad efficacia differita) alla locazione con clausola di trasferimento della proprietà alla scadenza del contratto: ed infatti quando la norma comunitaria specifica che detta clausola deve prevedere come “normale” l’acquisto del bene al più tardi al pagamento dell’ultima rata (circostanza ribadita dalle sentenze della Corte di Giustizia C-l 18/11 e C-224/11 citate) vuole intendere che l’effetto traslativo deve essere già incluso nel programma negoziale come elemento vincolante per entrambe le parti contraenti, sì che il pagamento dell’ultima rata determina l’acquisto del bene, e l’eventuale mancato pagamento dell’ultima rata così come l’impedimento alla produzione dell’effetto traslativo connesso a tale pagamento, integrano inadempimento delle obbligazioni precedentemente assunte dalle parti con conseguente assoggettamento alle sanzioni previste dall’ordinamento per responsabilità “ex contractu”.
8. L’excursus normativo e giurisprudenziale si è reso necessario per inquadrare il contratto di leasing nelle fattispecie normative disciplinate dagli artt. 41 commi 1 e 2, e 58 del DL n. 331/1993, nonché dall’art. 8 col lett. a) del Dpr n. 633/1972, le quali prevedono espressamente la non imponibilità ad IVA delle operazioni di cessione di beni intracomunitarie ed alla esportazione effettuate dal cedente (direttamente o per incarico del cessionario comunitario od estero) ovvero effettuate mediante un’operazione complessa trilatera che si articola nel trasferimento del bene ad una ditta acquirente nazionale che si incarica della spedizione o trasporto del bene alla ditta cessionaria comunitaria od estera.
9. In particolare le operazioni di cessioni alla esportazione “mediante triangolazione” si articolano in una sequenza di atti negoziali e materiali che possono riassumersi come segue:
– il fornitore e l’acquirente del bene, entrambi residenti nel medesimo Stato, stipulano un contratto di compravendita di un bene mobile, concordando espressamente che l’acquisto è compiuto in funzione della destinazione del bene ad un soggetto terzo residente all’estero od in altro Stato membro (sulla necessità che l’accordo di cessione contenga la espressa previsione del comune impegno delle parti contraenti a trasferire il bene fuori del territorio dello Stato a soggetto non residente, non occorrendo anche che il cedente stipuli con il concessionario un apposito contratto di spedizione o trasporto: cfr. Corte cass. V sez. 13,3.2009 n. 6114, id. V sez. 27.10,2010 n. 21986, id. V sez. 24.6.2011 n. 13951, indirizzo giurisprudenziale ormai affermatosi come prevalente che ha interpretato le disposizioni di legge nella parte in cui prevedono che il trasporto o la spedizione debba essere effettuato “a cura o a nome dei cedenti o dei commissionari, anche per incarico dei propri cessionari o commissionari di questi” – art. 8 co 1 lett. a) Dpr n. 633/72; art, 41 co 1 lett. a) e co2, ed art. 58 co 1 DLn. 331/93 -) – per beneficiare della non imponibilità IVA, il bene oggetto della cessione nazionale deve essere materialmente trasferito fuori del territorio doganale della Comunità ovvero deve essere materialmente introdotto all’interno del territorio del Paese membro ove risiede il soggetto destinatario; la prova dell5effettivo trasferimento della merce deve essere fornita dal fornitore-cedente in quanto, in difetto di tale condizione, riacquista rilevanza fiscale la operazione di cessione conclusa tra cedente e primo acquirente, in quanto venendo meno il collegamento funzionale con la operazione intracomunitaria od alla esportazione, detta operazione viene ad essere imponibile essendosi verificata la condizione di territorialità della imposta, e nei confronti del cedente insorge pertanto la obbligazione tributaria essendo lo stesso tenuto al versamento dell’IVA evasa, anche nel caso in cui il mancato trasferimento del bene nel Paese comunitario od estero sia dipeso da illecita condotta del soggetto – acquirente, salvo che il fornitore dimostri la propria completa estraneità alla frode e di aver fatto incolpevole affidamento sulla liceità della operazione in quanto, pure avendo prestato la massima diligenza richiesta ad un esperto del settore, non sia stato tuttavia in grado di rilevare e prevenire la frode (cfr. Corte cass. V sez, 27.10.2010 n. 21956; id. V sez. 7.10.2011 n. 20575; id. V sez. 11.5.2012 n. 7389; id. V sez. 27.7.2012 n. 13457; id. V sez. 24.1.2013 n. 1670).
10. Tanto premesso la ”’ratio legis” che giustifica la non imponibilità delle operazioni di cessione intracomunitarie od alla esportazione va individuata nella incentivazione delle esportazioni dei prodotti nazionali o comunitari ed è rivolta ad evitare doppie imposizioni (relativamente alle operazioni di cessione intracomunitarie tra soggetti passivi, la disciplina “temporanea” degli scambi tra Paesi UE, in vigore fino a che non verrà introdotto il regime fiscale definitivo, prevede infatti il principio dell’assoggettamento ad IVA nel Paese di destinazione: cfr. Corte giustizia in data 27.9.2007, C-184/05, Twoh International BV, punto 22), venendo ad essere considerato Io scambio intermedio del bene (tra fornitore e primo cessionario) in funzione meramente strumentale -e dunque regolato fiscalmente in modo analogo- alla operazione di cessione attuata con il trasferimento del bene al destinatario estero o comunitario.
11. Pertanto, diversamente da quanto ritenuto dai Giudici di merito, la spedizione od il trasporto materiale del bene oltre il territorio doganale dello Stato in cui è residente il cedente, non assorbe la previsione legale di non imponibilità, ma costituisce invece condizione necessaria affinché possa ritenersi realizzata la operazione di cessione non imponibile che costituisce l’oggetto della previsione normativa: è infatti la “operazione di cessione del bene” ad un soggetto residente in altro Paese comunitario ovvero residente in uno Stato extracomunitario che viene considerata dalle norme ai fini dell’esonero dalla imposta e non le modalità -indicate dalla norma ad evidente scopo probatorio ed antielusivo- attraverso le quali tale operazione viene ad essere attuata: le modalità in questione attengono al momento della “effettuazione della operazione” come è dato evincere dall’art. 6 Dpr n. 633/1972 (per le cessioni di beni immobili rileva il momento della stipula del contratto; per le cessioni di beni mobili rileva invece il momento della consegna o della spedizione).
Peraltro non emerge dalle predette norme che la nozione di cessione del bene riceva una qualificazione differente rispetto a quella desumibile dalle disposizioni comunitarie e nazionali sopra richiamate nell’excursus normativo, caratterizzandosi la fattispecie esclusivamente per la natura intracomunitaria od extracomunitaria della cessione, che implica necessariamente quale termine soggettivo della operazione un cessionario del bene residente in un altro Stato membro ovvero in un Paese estero.
Erra pertanto la CTR laddove sostenendo che le norme non prevedono ai fini dell’esonero IVA “una doppia cessione” del bene, confondendo evidentemente lo schema normativo della non imponibilità (che prevede la realizzazione di una operazione di cessione con un soggetto residente in altro Stato membro o Paese extracomunitario), con il meccanismo della “triangolazione”, che costituisce una mera modalità attuativa, e che pertanto non determina affatto l’irrilevanza della operazione di “cessione intracomunitaria od alla esportazione” (sostituendola con la spedizione od il trasporto materiale del bene), ma proprio in finzione della realizzazione di detta cessione viene a configurarsi come atto complesso (ovvero come sequenza di atti collegati diretti a realizzare la cessione intracomunitaria od alla esportazione) in relazione al quale viene soltanto sottratta ad autonoma imposizione -in quanto considerata mera attività strumentale alla cessione non imponibile- la operazione con la quale il primo cessionario assume contrattualmente nei confronti del fornitore-cedente l’obbligo giuridico di trasferire il bene acquistato al cessionario-destinatario finale residente fuori dello Stato del cedente e da questi già compiutamente indicato nell’atto stipulato con l’acquirente nazionale.
12. Ne consegue che, incontestato che i beni concessi in leasing ai soggetti residenti nei Paesi comunitari ed extracomunitari sono rimasti in proprietà (non essendo stato neppure allegato dalle parti, né accertato dai Giudice di merito che i contratti di leasing prevedessero la clausola vincolante per entrambe le parti al trasferimento del diritto di disposizione del bene al momento del pagamento dell’ultima rata) della Banca Italease concedente che aveva acquistato il bene dal fornitore nazionale -il quale aveva inteso realizzare, attraverso il meccanismo della triangolazione, le operazioni di cessione intracomunitarie ed alla esportazione- rimane escluso che il trasferimento del bene agli utilizzatori residenti fuori dello Stato del cedente abbia integrato una operazione avente ad oggetto la “cessione di un bene” come definita dall’art. 5 Sesta direttiva comunitaria e dall’art. 2 del Dpr n. 633/1972, norme alle quali rinviano gli artt. 41 e 58 DL n. 331/1993 e l’art. 8 Dpr n. 633/72.
13. Deve in conseguenza affermarsi il seguente principio di diritto:
“In relazione ad operazioni di cessione alla esportazione ex art. 8 co 1 lett. a) Dpr n. 633/1972 e di cessione intracomunitaria ex art. 41 comma 1 lett. a) DL 30.8.1993 n. 331 conv. in legge 2.10.1993 n. 427, attuate attraverso il meccanismo cd. della triangolazione (consistente in un’operazione complessa trilatera che si articola nel trasferimento del bene ad una ditta acquirente nazionale che si incarica della spedizione o trasporto del bene alla ditta cessionaria comunitaria od estera), il beneficio della non imponibilità IVA è accordato solo nel caso in cui si sia interamente perfezionata la operazione di cessione, implicando questa il necessario trasferimento materiale del bene ceduto nel territorio dello Stato membro di destinazione o nel Paese extracomunitario, ma non potendo invece ritenersi esaurita con il mero compimento di tale attività materiale, occorrendo che sia realizzato anche l’effetto traslativo del diritto di disposizione sul bene a favore del cessionario comunitario od extracomunitario, solo in tal caso potendo configurarsi una “cessione di bene” come definita dall’art. 5 paragr. 1 della Sesta direttiva n. 388/77/CEE del Consiglio in data 17.5.1977 e succ, mod., applicabile “ratione temporis”, e dall’art. 2 comma 1 del Dpr n. 633/1972.
Ne consegue che la operazione complessa attraverso la quale il cedente nazionale -il quale ha inteso realizzare, attraverso il meccanismo della triangolazione, operazioni di cessione intracomunitarie ed alla esportazione- ha fornito alla ditta acquirente residente nello stesso Stato beni mobili da questa concessi in leasing finanziario (senza clausola vincolante per entrambi i contraenti al trasferimento del diritto di disposizione sul bene al momento del pagamento dell’ultima rata) e materialmente consegnati a soggetti residenti nei Paesi comunitari ed extracomunitari, non integra i presupposti della operazione di cessione di beni intracomunitaria od alla esportazione non imponibile IVA, in quanto la proprietà dei beni conservata alla concedente osta a riconoscere che nella specie si sia realizzato anche l’effetto traslativo a favore degli utilizzatori- cessionari del potere di disporre “uti domino”, espressamente previsto per la “cessione di beni” dall’art. 5 Sesta direttiva comunitaria e dall’art. 2 del Dpr n. 633/1972, norme alle quali rinviano gli artt. 41 e 58 DL n. 331/1993 e l’art. 8 Dpr n, 633/72″.
14. Il ricorso deve pertanto essere accolto, con conseguente cassazione della sentenza di appello, senza rinvio della causa che può essere definita nel merito, potendo la Corte esaminare la questione di mero diritto “riproposta” in via subordinata dalla società resistente con il controricorso ed avente ad oggetto la non applicazione delle sanzioni pecuniarie in quanto nella specie sussistevano “obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito applicativo della norma tributarià” ai sensi dell’art. 10 co. 3 legge n. 212/2000. La questione riproposta non richiede, infatti, alcun ulteriore accertamento in fatto, essendo fondata la tesi difensiva esclusivamente su due risoluzioni ministeriali in data 15.91993 n. VII-15- 58 ed in data 26.5.2000 n. 72/E, riprodotte alle pag. 8-10 del controricorso.
Tanto premesso la questione è infondata.
Indipendentemente dalla oggettiva irrilevanza di due risoluzioni amministrative a costituire elemento rilevante ai fini della ravvisabilità di una oggettiva incertezza sulla interpretazione della portata elle norme comunitarie e nazionali relative alle cessioni di beni intracomunitarie ed alla esportazione, è appena il caso di osservare, dando seguito al principio di diritto enunciato da questa Corte che, in tema di sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie, l’incertezza normativa oggettiva che, ai sensi dell’art. 8 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, dell’art. 6 co. 2 Dlgs 18 dicembre 1997 n. 472 e dell’art. 10 co 3 della legge 2 luglio 2000 n. 212, costituisce causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria, richiede una condizione di inevitabile incertezza sul contenuto, sull’oggetto e sui destinatari della norma tributaria, ovverosia l’insicurezza ed equivocità del risultato conseguito attraverso il procedimento d’interpretazione normativa, riferibile non già ad un generico contribuente, o a quei contribuenti che per la loro perizia professionale siano capaci di interpretazione normativa qualificata (studiosi, professionisti legali, operatori giuridici di elevato livello professionale), e tanto meno all’ufficio finanziario, ma al giudice, unico soggetto dell’ordinamento cui è attribuito il potere-dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata interpretazione (cfr. Corte cass. Sez. 5, Sentenza n. 24670 del 28/11/2007; id. Sez- 5, Sentenza n. 2192 del 16/02/2012 ; id. Sez. 5, Sentenza n. 18434 del 26/10/2012; id. Sez. 6-5, Ordinanza n. 3245 del 11/02/2013; id. Sez. 5, Sentenza n. 4522 del 22/02/2013). Pertanto non essendo stati allegati e neppure essendo individuabili contrasti giurisprudenziali in ordine alla interpretazione delle predette norme tributarie, rimane destituita di fondatezza la tesi difensiva riproposta dalla società in ordine alla inapplicabilità delle sanzioni pecuniarie irrogate con l’avviso di accertamento opposto per asserita incertezza sulla portata precettiva delle stesse.
15. In conclusione il ricorso deve esse accolto, la sentenza impugnata cassata, e non occorrendo procedere ad ulteriori accertamenti in fatto la causa può essere decisa nel merito ai sensi dell’art. 34 co 2 c.p.c. con il rigetto del ricorso introduttivo proposto dalla società contribuente. Le spese del presente giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza, dovendo dichiararsi interamente compensate le spese relative ai gradi di merito.
P.Q.M.
– accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta il ricorso introduttivo proposto dalla società contribuente che condanna alla rifusione delle spese de presente giudizi liquidate in € 12.500,00 per compensi oltre le spese prenotate a debito, dichiarate interamente compensate tra le parti le spese relative ai gradi di merito.
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