CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 02 ottobre 2013, n. 22491
Attività stagionale – Violazione di norme tributarie – Mancata emissione di scontrini e ricevute fiscali – Sanzioni accessorie – Sospensione dell’attività – Definizione agevolata sanzione pecuniaria – Applicabilità della sospensione – Sussiste
Svolgimento del processo
A seguito di cinque p.v.c redatti dalla Guardia di Finanza di Jesolo negli anni dal 1998 al 2001 venivano accertate, a carico della (…) sas (esercente l’attività stagionale di trattoria e pizzeria), plurime autonome violazioni delle norme che regolano l’emissione di scontrini e ricevute fiscali; di conseguenza, l’Agenzia delle Entrate di (…) con provvedimento 8-7-2002 disponeva, in applicazione dell’art. 12, comma 2, d.lgs 471/97, la sospensione per 15 gg dell’autorizzazione amministrativa all’esercizio della detta attività.
Avverso detto provvedimento la società proponeva ricorso dinanzi alta CTP di Venezia, evidenziando di avere provveduto al pagamento in via agevolata delle sanzioni pecuniarie derivanti dai detti p.v.c, sicché, ai sensi dell’art. 16, comma 3, d.lgs 472/1997, siffatta definizione agevolata impediva l’irrogazione delle sanzioni accessorie, e quindi anche della disposta sospensione; contro deduceva l’Agenzia, ritenendo che l’art. 12, comma 2, d.lgs 471/97 era norma speciale rispetto all’art. 16, comma 3, d.lgs 472/1997 e costituiva quindi una deroga al principia di inapplicabilità delle sanzioni accessorie di cui a tale ultima disposizione.
L’adita CTP accoglieva il ricorso.
Con sentenza depositata l’11-6-07 la CTR del Veneto rigettava l’appello dell’Agenzia; in particolare la CTR rilevava che, seguendo il ragionamento dell’Agenzia, la sanzione in parola, non aveva più come presupposto l’irrogazione della sanzione principale (ma solo la definitività dell’accertamento della violazione) e veniva quindi a perdere la complementarietà, caratteristica ontologica delle sanzioni accessorie; soggiungeva, inoltre, che le sanzioni pecuniarie comminate e pagate apparivano commisurate al danno arrecato all’Erario, mentre sproporzionata appariva la disposta sospensione.
Avverso detta sentenza proponeva ricorso per Cassazione l’Agenzia, affidato ad un motivo; la società non svolgeva attività difensiva.
Motivi della decisione
Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia, deducendo – ex art. 360 n. 3 cpc – errata applicazione e violazione degli artt. 12, comma 2, d.lgs 471/97, e 16, comma 3, d.lgs 472/97, ribadiva la specialità del predetto art. 12 rispetto al menzionato art. 16; e ciò in base sia alla collocazione sistematica (nel d.lgs 471/97, dedicato alla disciplina della violazioni di norme in tema di specifiche imposte) sia al tenore letterale (con particolare riferimento all’inciso anche se non sono state irrogate sanzioni accessorie”, contenuto dell’art. 12).
Siffatto motivo è fondato.
Per consolidato e condiviso principio di questa Corte, invero, in tema di sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie, l’art. 12, comma secondo, del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, il quale prevede la sospensione della licenza o dell’autorizzazione all’esercizio ovvero dell’esercizio dell’attività medesima nel caso in cui siano state accertate nel corso di un quinquennio tre distinte violazioni dell’obbligo di emettere la ricevuta o lo scontrino fiscale, ha carattere speciale rispetto alla norma generale contenuta nell’art. 16, comma terzo, del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, come appare evidente dalla stessa collocazione sistematica delle due norme, con la conseguenza che l’irrogazione di detta sanzione non è impedita dalla definizione agevolata prevista da quest’ultima disposizione (Cass. 2439/2007; conf. 25468/2006; 25671/2008; 13577/2010).
In particolare va, inoltre, rilevato che il D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, art 12, comma 2 (denominato “sanzioni accessorie in materia di imposte dirette ed imposta sul valore aggiunto”) prevede che “qualora siano state definitivamente accertate, in tempi diversi, tre distinte violazioni dell’obbligo di emettere la ricevuta fiscale o lo scontrino fiscale compiute in giorni diversi nel corso di un quinquennio, anche se non sono state irrogate sanzioni accessorie in applicazione delle disposizioni del decreto legislativo recante i principi generali per le sanzioni amministrative in materia tributaria, è disposta la sospensione della licenza o dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività ovvero dell’esercizio dell’attività medesima per un periodo da quindici giorni a due mesi”.
In base a detta disposizione, pertanto, la sospensione deve essere disposta “anche se non sono state irrogate sanzioni accessorie in applicazione delle disposizioni del decreto legislativo recante i principi generali per le sanzioni amministrative in materia tributaria.
Come ampiamente evidenziato da questa Corte nelle su menzionate sentenze, tra le ipotesi di non irrogazione viene in rilievo quella contenuta nell’ultima parte del D.Lgs, 18 dicembre 1997, n. 472, art 16, comma 2, per il quale “la definizione agevolata” (c.d. oblazione), da essa resa possibile, “impedisce l’irrogazione delle sanzioni accessorie”; di conseguenza, la mancata irrogazione delle sanzioni accessorie “in applicazione” delle disposizioni indicate dalla norma non costituisce ostacolo, per espressa previsione di legge, all’irrogazione della sanzione della “sospensione” di cui al D.Lgs. n. 471 del 1997, art 12.
Siffatta interpretazione testuale appare I’ unica datata di una coerenza logica e sistematica, sicché, in linea di principio, deve ribadirsi che l’irrogazione della sanzione prevista dall’art. 12 non può ritenersi mai impedita dalla definizione agevolata di una o più delle tre violazioni “dell’obbligo di emettere la ricevuta fiscale o lo scontrino fiscale compiute in giorni diversi nel corso di un quinquennio”, costituenti, nel loro insieme, la fattispecie unica punita con la sanzione della “sospensione della licenza o dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività ovvero dell’esercizio (…) dell’attività”.
Il ricorso va pertanto accolto con conseguente cassazione della sentenza impugnata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto ex art. 384, comma 2, cpc, rigetto del ricorso introduttivo.
In considerazione della solo recente giurisprudenza consolidata di legittimità, si ritiene sussistano giusti motivi per compensare tra le parti le spese di lite relative ai giudizi di merito; le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo. Dichiara compensate tra le parti le spese dei giudizi di merito; condanna il contribuente al pagamento delle spese di lite relative al presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi euro 1,100,00, oltre spese prenotate a debito.
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