CORTE DI CASSAZIONE – Sez. trib. – Sentenza 02 ottobre 2013, n. 22508
Tributi – Accertamento – Disponibilità estere – Prova – A carico del fisco
Svolgimento del processo
Nel corso di attività ordinaria di vigilanza, svolta ai fini doganali, la Guardia di Finanza, rinveniva nei bagagli della sig.ra G.S.I. cinque documenti, provenienti da banche con sede in Zurigo e Ginevra ed intestati a soggetti diversi, che venivano qualificati dagli agenti come “estratti conto inerenti ad investimenti e disponibilità finanziarie all’estero”.
Rimasti senza esito gli inviti rivolti alla contribuente per fornire giustificazioni in ordine alla detenzione di detti documenti veniva redatto processo verbale con il quale si contestavano le seguenti violazioni: infedele dichiarazione per non avere riportato negli anni dal 1993 al 1997 il reddito da capitale ricavato dagli investimenti e dalle disponibilità detenute all’estero; omessa dichiarazione di investimenti all’ estero nonché omessa dichiarazione di trasferimenti da, verso e sull’estero di denaro, titoli e valori mobiliari che avevano interessato investimenti ed attività finanziarie estere. Veniva, quindi, emesso avviso di accertamento in rettifica delle dichiarazioni presentate dalla contribuente per l’anno 1993 nonché per il medesimo anno di imposta, veniva emesso altro atto di irrogazioni sanzioni.
Il ricorso proposto dalla contribuente avverso l’avviso di accertamento in rettifica della dichiarazione veniva rigettato dalla Commissione Tributaria Provinciale ma la Commissione Tributaria Regionale lombarda, con la sentenza indicata in epigrafe, accoglieva l’appello proposto dalla contribuente.
I Giudici di appello hanno argomentato la decisione rilevando che il mero sequestro dei documenti rinvenuti nei bagagli della contribuente non era idoneo, in mancanza di espletamento di ulteriori indagini per risalire agli effettivi beneficiari degli estratti conto, a ricondurre tali conti correnti alla contribuente; mentre da nessuna diversa documentazione era emersa la presunzione di possesso in capo alla contribuente di disponibilità finanziarie all’estero.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione, affidati a tre motivi, Agenzia delle Entrate.
Ha resistito con controricorso la contribuente la quale ha proposto ricorso incidentale condizionato affidato ad un motivo.
L’Agenzia delle Entrate ha depositato memoria ex art.378 c.p.c.
Il ricorso autonomamente proposto da G.S.I. avverso l’avviso di irrogazione di sanzioni veniva, parzialmente, accolto dalla Commissione tributaria provinciale la quale riteneva che le sanzioni di cui all’art.16 ed all’art.8 del d.l. n. 417/97, non erano più applicabili, mentre era del tutto corretta l’irrogazione delle sanzioni previste dall’art.6 del d.lgs.n.417/97.
Detta sentenza, su appello della contribuente, veniva integralmente riformata dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia con sentenza n.200/32/05 depositata il 19.12.2005.
I Giudici di appello motivavano l’accoglimento dell’ impugnazione con l’argomentazione che l’atto di irrogazione sanzioni impugnato era conseguenziale all’avviso di accertamento di rettifica della dichiarazione, ai fini Irpef, per l’anno di imposta 1993 e che l’impugnazione di tale ultimo atto era già stata esaminata e vagliata dal Collegio con pronuncia favorevole alla contribuente.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, l’Agenzia delle Entrate.
G.S.I. ha resistito con controricorso e proposto, a sua volta, ricorso incidentale condizionato affidato ad un motivo.
L’Agenzia delle Entrate ha depositato memoria ex art.378 c.p.c.
Motivi della decisione
0. Preliminarmente il Collegio ritiene di disporre la riunione del ricorso iscritto al r.g.n.4555/07 al ricorso iscritto al r.g. n.166/2007, trattandosi di controversie aventi ad oggetto impugnazione di atti (avviso di accertamento in rettifica di dichiarazione dei redditi per l’anno di imposta 1993 ed avviso di irrogazione sanzioni relativo a detta dichiarazione) l’uno all’altro conseguenziale.
1. Con il primo motivo del ricorso iscritto al n.r.g.166/07 -rubricato insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all’art.360 n.5 c.p.c. costituito dalla mancanza di certezza della prova sulla quale si fonda l’atto impugnato- Agenzia delle Entrate censura la sentenza impugnata per avere ritenuto non provata la pretesa impositiva, basata solo sul processo verbale redatto dalla Guardia di Finanza senza avere considerato in alcun modo che il dato fattuale, dato dal possesso dei documenti, era altamente significativo. Tale dato fattuale, secondo la prospettazione difensiva, era dì per sé utilizzabile come presunzione di titolarità del conto possedendo i requisiti dì gravità, precisione e concordanza con le altre risultanze probatorie (costituite dalla mancanza di delucidazioni da parte della sig.ra I., sia in fase istruttoria che contenziosa). In sintesi, si denuncia la sentenza impugnata di omessa motivazione in ordine all’inesistenza di presunzioni gravi e precise essendosi la Commissione Tributaria Regionale limitata a negare valore indiziario agli elementi addotti da essa Amministrazione senza scendere all’esame di ognuno di essi.
2. Con il secondo motivo si denuncia la contraddittoria motivazione della sentenza impugnata laddove pur avendo richiamato l’art.4 del d.l. 28.6.1990 n.167 (che pone a carico del contribuente l’onere di fornire la prova contraria in relazione al carattere fruttifero dei titoli trasferiti all’estero) la Commissione Tributaria regionale della Lombardia aveva posto tale onere a carico dell’ Amministrazione.
3. Con il terzo motivo, infine, si deduce la violazione dell’art.32 comma 1 n.2 del d.p.r. 29.9.1973 n.600 e dell’art.6 del d.l. 28.6.1990 n.167.
Secondo la prospettazione difensiva i Giudici di appello avrebbero contravvenuto al principio dell’inversione dell’onere della prova, in materia di accertamento presuntivo, sancito dalle norme indicate in epigrafe, addossando sull’Amministrazione il relativo onere laddove “la riferibilità giuridica all’attuale resistente del contenuto dei documenti creava una presunzione relativa”.
I motivi meritano rigetto.
Per costante orientamento giurisprudenziale di questa Corte il vizio di omessa o insufficiente motivazione, deducibile in sede di legittimità ex art. 360, n. 5, cod. proc. civ., sussiste solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia e non può invece consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte, perché la citata norma non conferisce alla Corte di legittimità il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice del merito al quale soltanto spetta di individuare le fonti del proprio convincimento e, a tale scopo, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, e scegliere tra le risultanze probatorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (da recente, tra le tante Cass.n.3668/2013).
Nella specie, la sentenza impugnata ha ritenuto, con accertamento di fatto insindacabile in questa sede, che la mera detenzione di estratti conto intestati ad altri soggetti, seppure con nomi di fantasia, non consentisse di ricondurre, in mancanza di altri elementi, alla detentrice dei documenti la titolarità dei conti correnti bancari- I Giudici di appello hanno, altresì, accertato che non vi era “diversa documentazione” dalla quale emergessero in capo all’appellante I. disponibilità finanziarie all’estero.
La sufficienza e correttezza logico-giuridica di tale motivazione non appare scalfita dalle deduzioni svolte dall’Agenzia dell’Entrate con il primo motivo di ricorso, laddove la ricorrente si limita genericamente a sostenere che la Commissione Tributaria Regionale non avrebbe tenuto conto di tutta un’ulteriore serie di numerosi elementi accertati dai verbalizzanti, aventi i caratteri della gravità, precisione e concordanza, che, però, non vengono indicati specificamente in ricorso.
Né tanto meno viene riportato in ricorso il contenuto del processo verbale dì constatazione.
Né, ancora, “la mancata giustificazione del possesso dei documenti e l’atteggiamento del tutto non collaborativo tenuto dalla sig.ra I.” (unici elementi fattuali rassegnati in ricorso) paiono costituire, per la loro assoluta neutralità, “fatto decisivo” che, ove valutato, avrebbe necessariamente comportato una diversa soluzione della controversia. La motivazione della sentenza non appare, neppure, contraddittoria (come denunciato con il secondo motivo) laddove dalla lettura del provvedimento impugnato appare evidente che il riferimento all’art.4 del d.l. 28/6/1990 è stato operato per escluderne la sussistenza dei presupposti.
Infine, non sussiste la dedotta violazione di legge (di cui al terzo motivo) laddove la sentenza non ha sovvertito il regolamento dell’onere probatorio come stabilito dalle norme invocate ma ha escluso, a priori, che fossero stati forniti dall’Ufficio elementi idonei a fondare la presunzione e, quindi, a determinare a carico della contribuente l’inversione dell’onere della prova.
Il rigetto del ricorso principale comporta l’assorbimento dell’ esame del ricorso incidentale proposto in via condizionata.
Il giudicato formatosi, a seguito della suddetta decisione, sull’ annullamento dell’ avviso di accertamento di rettifica della dichiarazione dei redditi relativa all’anno di imposta 1993 comporta il rigetto del ricorso avente ad oggetto l’impugnazione dell’avviso di irrogazione delle sanzioni relative alla medesima dichiarazione, siccome atto strettamente conseguenziale al primo e, quindi, posto nel nulla a seguito del suo annullamento.
L’esame del ricorso incidentale proposto in via condizionata rimane assorbito.
In ossequio al principio di soccombenza l’Agenzia delle Entrate va condannata al pagamento in favore della controricorrente delle spese di lite liquidate come in dispositivo sulla base dei parametri di cui al D.M.n.140/2012.
P.Q.M.
Riunito al presente procedimento (iscritto al r.g.n.166/07) quello iscritto al r.g.n .4555/07, rigetta, nel primo, il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale.
Decidendo nel secondo procedimento, rigetta il ricorso principale per intervenuto giudicato e dichiara assorbito il ricorso incidentale.
Condanna Agenzia delle Entrate alla re fusione in favore della controricorrente delle spese processuali che liquida in complessivi euro 4.000,00 oltre euro 200 per esborsi ed accessori di legge.
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