CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 08 ottobre 2013, n. 22843
Tributi – Imposta di registro – Fusione per incorporazione – Base imponibile – Normativa applicabile ratione temporis – Atti antecedenti al 1° gennaio 1986 – Perdite d’esercizio – Non si computano
Fatto
Con l’impugnata sentenza n. 701/23/07, depositata il 19 gennaio 2007, la Commissione Tributaria Centrale, rigettato il ricorso dell’Ufficio, confermava la decisione n. 25/04/1990 della Commissione Tributaria di Secondo Grado di Reggio Emilia, che a sua volta aveva confermato la decisione della Commissione Tributaria di Primo Grado della stessa città, la quale ultima aveva annullato il provvedimento di silenzio rifiuto opposto dall’Amministrazione all’istanza di rimborso della contribuente (…) S.p.A. in relazione al pagamento “dell’imposta di registro proporzionale sull’atto di fusione per incorporazione della «Forma A S.p.A.» registrato in (…) il 17 ottobre 1985”.
Secondo la CTC, atteso che il d.p.r. 26 aprile 1986, n. 131 aveva “inteso agevolare i conferimenti che non comportano un effettivo incremento di ricchezza”, rilevato che “con l’incorporazione non c’era stato alcun trasferimento di ricchezza”, riteneva che fosse stato “correttamente richiesto il rimborso dell’imposta”.
Contro la sentenza della CTR, l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per cassazione affidato ad un unico mezzo.
La contribuente resisteva con controricorso, a sua volta proponendo ricorso incidentale condizionato.
Contro il ricorso incidentale condizionato, l’intimata Agenzia delle Entrate non presentava difese.
Diritto
1. L’Agenzia delle Entrate censurava la sentenza della CTC ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. per violazione e falsa applicazione dell’art. 47, comma 6, d.p.r. 26 ottobre 1972, n. 634, oltreché dell’art. 50 d.p.r. n. 131 del 1986, quest’ultimo nel testo vigente ratione temporis, oltreché della Parte prima Nota II art. 4, Tariffa allegata al ridetto d.p.r. n. 131 del 1986, deducendo che, ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro, “sin dall’entrata in vigore dell’art. 47 d.p.r. 634/72”, l’operazione di fusione per incorporazione era stata disciplinata in modo “autonomo” rispetto ai conferimenti comportanti aumento di capitale, tant’era vero che l’art. 50, comma 4, aveva “riprodotto la stessa formula”, cosicché la base imponibile della ridetta operazione di fusione per incorporazione era quella, ex lege indicata dall’art. 47, comma 6, d.p.r. n. 634 del 1972, “dei capitali e delle riserve delle società fuse, o di quelle incorporate se la fusione è eseguita mediante incorporazione – anziché la consistenza effettiva del patrimonio della società incorporata”. Il quesito era il seguente: “se la nota II all’art. 4, parte prima, allegata al predetto d.p.r. 131/86, a differenza di quanto opinato dai giudici a quo, non sia applicabile alla causa ratione temporis e, in ogni caso, non abbia attinenza con la questione sottoposta alla CTC, trattando essa nota delle modalità di applicazione dell’ imposta di registro in caso di aumento di capitale, qualora si proceda alla contemporanea riduzione del capitale in caso di perdite, mentre il caso in esame (fusione per incorporazione di società di capitali e conseguente applicazione dell’imposta proporzionale dell’ 1%), sia in effetti regolato dalla norma in vigore al momento della fusione stessa, vale a dire dal comma 6 dell’art. 47 d.p.r. 634/72 (la quale norma non è stata modificata dalla prima versione dell’art. 50 del successivo d.p.r. 131/86 sull’imposta di registro), norma che, anche qualora da correlarsi all’evoluzione dell’ordinamento comunitario ed al ius recptum della Corte CE, non prevede che all’imponibile dell’imposta di registro da applicarsi alla fusione per incorporazione delle società di capitali – imponibile da calcolarsi unicamente tenendo conto della situazione patrimoniale allegata alla delibera di fusione, ai sensi dell’art. 2502 c.c., come ammontare risultante dai capitali e riserve della società fusa, ovvero dell’incorporata – possa essere detratto l’ammontare delle perdite di esercizio relative ad esercizi precedenti rispetto a quello relativo all’anno in cui è avvenuta la fusione stessa”. Il motivo è fondato.
Vale la pena evidenziare che l’operazione di fusione di che trattasi, secondo quanto pacificamente esposto in sentenza, è stata registrata il 17 ottobre 1985. Consegue, quindi, che la concreta fattispecie pervenuta all’esame è disciplinata dal previgente art. 47, comma 6, d.p.r. n. 634 del 1972. Quest’ultimo, in effetti, come anche di recente ribadito da questa Corte, da sempre interpretato nel senso che, ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro, con riguardo all’operazione di fusione per incorporazione, non deve tenersi conto delle perdite di esercizio, distinguendosi perciò, l’operazione di fusione, da quelle di conferimento con aumento di capitale ecc., le quali, dall’anteriore legge sul registro, erano regolate in altro modo ed in diverso luogo (Cass. sez. trib. n. 13096 del 2012; Cass. sez. trib. n. 10267 del 2007). Peraltro, la circostanza che l’operazione di fusione dedotta in lite sia stata registrata il 17 ottobre 1985, rende altresì superflua ogni discussione circa le sopravvenute direttive CE, giacché, come questa Corte ha già avuto modo di rammentare: “In tema d’imposta di registro, la direttiva del Consiglio 17 luglio 1969 n. 69/335/CEE – come modificata dalle direttive n. 73/80/CEE e n. 85/303/CEE – ed in particolare i suoi art. 4 e 7, non osta all’applicazione dell’imposta proporzionale di registro, nel caso di fusione per incorporazione di due società operata con atto rogato prima del 1° gennaio 1986, considerato che una disposizione fiscale, anche comunitaria, esonerativa, in difetto di contraria volontà del legislatore, non può spiegare effetto per il passato” (Cass. sez. trib. n. n. 27625 del 2008).
2. Con l’unico del ricorso incidentale condizionato, la contribuente censurava la sentenza ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., esponendo, in rubrica “Violazione e comunque erronea applicazione di legge: nullità della sentenza per omessa statuizione”, denunciando, a riguardo, testualmente: “omessa statuizione sulla domanda proposta dalla ricorrente in via subordinata in sede di memoria aggiuntiva relativamente all’applicazione al caso di specie della normativa comunitaria”. Il quesito, in effetti, era: “si pronunci la Corte sull’applicabilità, nella fattispecie oggetto del presente giudizio, della normativa comunitaria rappresentata dalla direttiva del Consiglio n. 69/335/CEE e dalle sue successive modificazioni”.
Il motivo è assorbito.
3. Non essendo necessario accertare altri fatti, la Corte deve decidere il merito della controversia col rigetto del ricorso della contribuente introduttivo della lite fiscale.
4. Nella particolarità della lite, debbono farsi consistere i giusti motivi che inducono questa Corte a compensare integralmente le spese processuali.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso principale, dichiara assorbito quello incidentale, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo il merito, respinge il ricorso della contribuente introduttivo della lite fiscale, con integrale compensazione delle spese processuali di ogni fase e grado.
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