Corte di Cassazione sentenza n. 2296 del 31 gennaio 2013
SICUREZZA SUL LAVORO – DOCENTE DI EDUCAZIONE FISICA – ACCERTAMENTO DELLA DIPENDENZA DA CAUSA DI SERVIZIO – EQUO INDENNIZZO – MALATTIA PROFESSIONALE – COMITATO PER LE PENSIONI PRIVILEGIATE ORDINARIE (CPPO)
massima
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In tema di corresponsione dell’equo indennizzo, l’art. 3, comma 2, del D.P.R. n. 349/1994, nel prevedere che l’Amministrazione deve adottare il provvedimento finale (di accoglimento o rigetto dell’istanza di concessione) entro il termine massimo di diciannove mesi, comporta che, ove il comitato per le pensioni privilegiate ordinarie (CPPO) non abbia espresso il proprio parere, l’Amministrazione è tenuta a provvedere ugualmente, dovendosi escludere – in linea con il principio generale dettato dall’art. 16, comma 2, della legge n. 241 del 1991 – che l’inerzia dell’organo deputato ad esprimere il parere possa risolversi in danno del cittadino. Né può ritenersi che l’omissione del citato parere costituisca ostacolo alla promuovibilità dell’azione giudiziale di accertamento della causa di servizio e di liquidazione dell’equo indennizzo, la quale ha ad oggetto la verifica delle condizioni per la sussistenza del diritto e non la regolarità del procedimento.
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FATTO
1. Con ricorso depositato il 20 dicembre 2007 (Omissis) ha proposto appello nei confronti del Ministero della Pubblica Istruzione avverso la sentenza n. 1954 pronunciata il 27 febbraio 2007 dal Tribunale di Lecce, quale giudice del lavoro, con la quale, in parziale accoglimento della domanda introdotta con atto del 17 novembre 2005, il Ministero era stato condannato alla liquidazione dell’equo indennizzo relativo alla Tabella A – categoria ottava – a decorrere dalla data di presentazione dell’istanza amministrativa, oltre interessi legali dalla maturazione sino al soddisfo, nonché alla rifusione delle spese di lite.
In particolare ha dedotto che il Tribunale, nel recepire il giudizio valutativo del Consulente nominato d’ufficio, aveva ritenuto la dipendenza della causa di servizio della sola tendinopatia cronica degli adduttori gamba destra con calcificazioni periarticolari, escludendo la discopatia L3-L4 con ernia e la rino-faringo-sinusite cronica. Ha sostenuto – sulla scorta di c.t.p. – che la degenerazione artrosica non sarebbe solo correlata all’età ma anche a fattori quali perfrigerazioni ed esposizione a sollecitazioni microtraumatiche cui era stata esposta nel corso della sua carriera lavorativa di docente di educazione fisica. Tali fattori avevano determinato anche la sofferenza laringotracheale. La circostanza che dette patologie avessero eziologia multifattoriale non escludeva la sussistenza del nesso di causalità con fattori legati all’ambiente di lavoro.
Il Ministero si è costituito con memoria depositata il 18 febbraio 2009 con la quale ha spiegato appello incidentale tardivo riproduttivo di distinto appello principale. In particolare ha dedotto che la mancata adozione del provvedimento precludeva l’esercizio dell’azione giudiziaria. Nel merito ha contestato la valutazione del c.t.u. nominato dal Tribunale non potendosi ravvisare nesso di causalità tra le patologie denunciate e l’attività lavorativa.
La Corte d’appello di Lecce, con sentenza del 25 settembre 2009, ha rigettato l’appello del Ministero ed ha invece accolto l’appello proposto da (Omissis); per l’effetto, ha dichiarato dipendenti da causa di servizio le patologie indicate nell’istanza amministrativa datata 10.10.2004; ha condannato il Ministero della Pubblica Istruzione al pagamento dell’equo indennizzo rapportato alle patologie ascritte per cumulo alla 7 cat. tab. A dall’istanza amministrativa, oltre interessi legali. Ha condannato il Ministero al pagamento delle spese del doppio grado.
3. Avverso questa pronuncia ricorre per cassazione il Ministero con due motivi.
Resiste con controricorso la parte intimata.
DIRITTO
1. Con il ricorso articolato in due motivi il Ministero ricorrente deduce essenzialmente che la mancata adozione del provvedimento sull’istanza diretta all’accertamento della dipendenza da causa di servizio precludeva l’esercizio dell’azione giudiziaria.
2. Il ricorso – i cui motivi possono essere esaminati congiuntamente – è infondato.
Correttamente la Corte d’appello ha affermato che la mancata pronuncia dell’Autorità amministrativa (CMO) sull’istanza diretta all’accertamento della dipendenza da causa di servizio non precludesse all’interessato di azionare la pretesa. Nella specie il procedimento amministrativo è stato ritualmente attivato dall’insegnante originaria ricorrente (istanza amministrativa datata 10.10.2004) sulla quale l’Amministrazione non ha provveduto. Ma ciò non preclude certo la possibilità di ricorso al giudice.
Questa Corte (Cass., sez. lav., 26 febbraio 2009, n. 4658) ha affermato in proposito – e qui ribadisce – che in tema di corresponsione dell’equo indennizzo, il Decreto del Presidente della Repubblica n. 349 del 1994, art. 3, comma 2, nel prevedere che l’Amministrazione deve adottare il provvedimento finale (di accoglimento o rigetto dell’istanza di concessione) entro il termine massimo di diciannove mesi, comporta che, ove il comitato per le pensioni privilegiate ordinarie (CPPO) non abbia espresso il proprio parere, l’Amministrazione è tenuta a provvedere ugualmente, dovendosi escludere – in linea con il principio generale dettato dalla Legge n. 241 del 1991, articolo 16, comma 2, – che l’inerzia dell’organo deputato ad esprimere il parere possa risolversi in danno del cittadino. Né può ritenersi che l’omissione del citato parere costituisca ostacolo alla promuovibilità dell’azione giudiziale di accertamento della causa di servizio e di liquidazione dell’equo indennizzo, la quale ha ad oggetto la verifica delle condizioni per la sussistenza del diritto e non la regolarità del procedimento.
3. Il ricorso va quindi rigettato.
Alla soccombenza consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali di questo giudizio di cassazione nella misura liquidata in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il Ministero ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di cassazione liquidate in euro 50 per esborsi ed in euro 3.000,00 (tremila) per compensi d’avvocato oltre accessori di legge.
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