CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 15 gennaio 2014, n. 231
ACCERTAMENTO – METODO INDUTTIVO – PERCENTUALI DI RICARICO – MERCE ETEROGENEA – IRRILEVANZA
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il contribuente propose ricorsi avverso avviso di accertamento irpef ed ilor per l’anno 1994, con il quale l’Agenzia aveva, ai sensi dell’art. 39 comma 1 lett. d, D.P.R. n. 600/1973, rettificato, in l. 193.160.000, il reddito dichiarato dal contribuente, in L. 11.603.000, in relazione ad attività di commercio al dettaglio di confezioni per adulti.
A fondamento del ricorso, il contribuente deduceva il difetto di motivazione dell’avviso impugnato e sosteneva che l’Agenzia aveva, con accertamento induttivo, illegittimamente proceduto alla applicazione di una percentuale di ricarico non ponderata.
Nel contraddittorio delle parti, la commissione provinciale accolse il ricorso, con decisione confermata, in esito all’appello dell’Agenzia, dalla commissione regionale.
I giudici di appello rilevarono, fondamentalmente l’illegittimità dell’accertamento induttivo, in quanto realizzato con applicazione di percentuale di ricarico non ponderata nonostante la considerevole disomogeneità degli articoli oggetto del commercio del contribuente.
Avverso tale sentenza, l’Agenzia ha proposto riscorso per cassazione in quattro motivi, alcuni dei quali articolati in plurimi profili.
Il contribuente ha resistito con controricorso ed illustrato le proprie ragioni anche con memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia deducendo “violazione dell’art. 21, comma 1 D.Lgs. n. 546/1992: nullità del giudizio relazione all’art. 360, n. 4 c.p.c.” – censura la sentenza impugnata per non aver rilevato la nullità dell’intero giudizio per tardività del ricorso, in quanto proposto, il 23.2.2001, in violazione del termine di sessanta giorni dalla notifica dell’atto impugnato (intervenuta il 29.9.2000), sancito dall’art. 21, comma 1, D.Lgs. n. 546/1992.
La doglianza è infondata, posto che risulta incontestatamente documentato in atti che il 27.11.2000 il contribuente avanzò rituale istanza di accertamento con adesione, che, sospendendo il termine d’impugnazione del ricorso ex art. 6 del D.Lgs. n. 218/1997, ha comportato la tempestività del ricorso successivamente proposto il 23.2.2001.
Con il secondo motivo di ricorso, l’Agenzia deducendo “omessa o comunque insufficiente motivazione (in relazione all’art. 360, n. 5 c.p.c.)” – censura la sentenza impugnata per non aver minimamente precisato in cosa consistesse l’assunta varietà e non omogeneità delle merci (“vastità degli articoli trattati”) anche a fronte della precisazione resa dall’Ufficio che non si trattava di attività “finalizzata alla grande distribuzione”, bensì di attività dedicata allo “scambio di prodotti specifici”: solo e unicamente capi di vestiario.
Con il terzo motivo di ricorso, l’Agenzia deducendo “violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia – violazione dell’art. 39, comma 1 lett. d, D.P.R. n. 600/73 e dell’art. 62 sexies, comma 3, D.L. n. 331/93, conv. in L. n. 427/93, e falsa applicazione dell’art. 54 D.P.R. n. 633/72 (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.)” – pone i seguenti quesiti: a) “dica la S.C. se la percentuale di ricarico possa essere ricostruita in base a medie aritmetiche semplici”; b) “dica la S.C. se, ai fini di cui all’art. 62 sexies, 3 c., D.L. n. 331/93, a stabilire la presenza di un grave divario tra ricavi accertati e attendibili (tali quelli risultanti in altro anno vicino, in assenza di specifiche cause di differenziazione) sia sufficiente l’acclarata esistenza, nell’anno dell’ ‘accertamento, di ricarichi sulle singole merci diversi ma comunque in media largamente superiori (nella specie, circa quadrupli) rispetto a quello dichiarato nell’ ‘anno in esame, e ciò indipendentemente dalla correttezza o meno dell’elaborazione (per misurare il quantum del maggior reddito accertato) di una percentuale di ricarico costituita dalla media aritmetica semplice di tutti i diversi ricarichi rilevati ; e inoltre se possa essere sufficiente allo stesso fine la presenza di un dipendente dell’impresa, la cui retribuzione non risulti adeguatamente remunerata dagli utili di gestione in quanto più che doppia dell’utile dichiarato”:c) “dica la S.C. se assolva al proprio obbligo di pronuncia il Giudice tributario che, in presenza dei presupposti dell’accertamento ex art. 62 sexies, 3 comma, D.L. n. 331/93, annulli senz’altro l’atto impositivo ritenendo non corretto il calcolo della percentuale di ricarico accertata, anziché rettificare tale calcolo e determinare l’imposta dovuta”.
Con il quarto motivo di ricorso, l’Agenzia deducendo “violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia – Violazione dell’art. 2697 c.c. – Omessa, o comunque insufficiente e contraddittoria motivazione (in relazione all’art. 360, nn. 3, 4 e 5 c.p.c.)” – pone i seguenti quesiti: a) “dica la S.C. se assolva all’obbligo di pronunciare sulle censure d’appello il Giudice che ne disattenda in sostanza il significato senza esaminarle espressamente né argomentare su di esse (nella specie, dando per scontata l’illegittimità del fatto che l’Ufficio non avesse riconosciuto gli sconti rivendicati dalla parte e nella misura da lei affermata, ignorando la censura di omessa prova di quegli sconti)”; b) “dica la S.C. se, ai fini dell’eventuale riduzione del reddito accertato, la presenza e l’ammontare di sconti dovessero essere specificamente provati dal contribuente”.
Il secondo motivo di ricorso, è ammissibile. La doglianza risulta, infatti, dotata d’idoneo momento di sintesi, evidenziato (in neretto) nell’ambito della relativa esposizione, ed adeguata sul piano dell’autosufficienza del ricorso, fornendo precisa ancorché sintetica, indicazione delle deduzioni dell’Agenzia ricorrente (allora appellante) asseritamente trascurate dalla motivazione. Non è, d’altro canto, riscontrabile incompatibilità tra la censura di omessa e quella di insufficiente motivazione Il motivo è, peraltro, fondato.
Invero, la decisione impugnata muove dal presupposto dell’estrema varietà e disomogeneità delle merci oggetto del commercio del ricorrente, facendone derivare l’illegittimità dell’accertamento in quanto realizzato con applicazione di percentuale di ricarico ricostruita con media semplice anziché con media ponderata.
Il dato presupposto, costituito dall’eterogeneità delle merci commerciate dal contribuente è, tuttavia, assunto in termini di assoluta apoditticità, senza la benché minima indicazione delle diverse tipologie delle merci stesse e senza la benché minima giustificazione dell’assunta riferibilità alle stesse – che, pure, l’Agenzia aveva puntualizzato riferirsi all’unica categoria dell’abbigliamento – di percentuali di ricarico diverse.
Alla stregua delle considerazioni che precedono, s’impone il rigetto del primo motivo di ricorso e l’accoglimento del secondo ricorso; le ulteriori doglianze restano assorbite.
La sentenza impugnata va, dunque, cassata, con rinvio della causa, anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Basilicata.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Basilicata.
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