CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 15 ottobre 2013, n. 23329
Tributi – IVA – Cessione di bene immobile – Contratto di leasing – Regime del plafond ex art. 8, del DPR n. 633/72
Svolgimento del processo
Con sentenza 26.1.2012 n. 7 la Commissione tributaria della regione Lombardia in accoglimento dell’appello proposto da B.I. s.p.a. ha annullato gli avvisi di accertamento con i quali l’Ufficio di Milano della Agenzia delle Entrate aveva recuperato l’IVA relativa all’anno 2003 sulla variazione in diminuzione dell’importo fatturato a B.I. da N.I. s.r.l. in ordine alla esecuzione di prestazioni di un contratto di fornitura, non ricorrendo i presupposti previsti dall’art. 26 co 3 Dpr n. 633/72, nonché aveva assoggettato ad IVA per l’anno 2004 le prestazioni aventi ad oggetto la costruzione di un immobile e la concessione in leasing del bene realizzato, ritenute indebitamente fatturate in sospensione d’imposta, ai sensi dell’art. 8, co 1, lett. c), Dpr n. 633/72, da B.I. – concedente all’utilizzatore – O.I. s.p.a.
I Giudici di appello, quanto al contratto di fornitura, rilevavano che la variazione in diminuzione trovava giustificazione ai sensi dell’art. 26 Dpr n. 633/72 nella “sostituzione” di merce difettosa, sussistendo la prova della contestazione dei vizi del bene originariamente consegnato e della parziale risoluzione del contratto; quanto al contratto di leasing finanziario, rilevavano che la previsione in contratto della realizzazione del bene immobile non alterava la causa negoziale aggiungendosi alla prestazione locativa quella -avente natura di prestazione di servizi – della costruzione dell’immobile.
La sentenza della CTR della Lombardia, notificata in data 6.3.2012, veniva tempestivamente impugnata per cassazione dalla Agenzia delle Entrate con due motivi.
Ha resistito con controricorso la società, eccependo la inammissibilità del ricorso.
Motivi della decisione
La sentenza di appello, per quanto concerne la statuizione impugnata ricorso per cassazione, ha ritenuto non assoggettabile ad IVA ai sensi dell’art. 8 comma 1 lett. c) Dpr n. 633/72 le prestazioni adempiute da B.I. s.p.a. – concedente in esecuzione di contratto di leasing, da un lato, ritenendo, conformemente al precedente di questa Corte n. 2888/2001 che tale contratto ha per oggetto la concessione in godimento finché si resti nella fase antecedente all’eventuale acquisto finale del bene e dunque riveste i caratteri della prestazione di servizi (e non della cessione di immobile); dall’altro ritenendo che l’assunzione dell’ulteriore obbligo di costruzione del bene da concedere leasing non alterasse il carattere di prestazione di servizio.
Con il primo motivo l’Agenzia fiscale censura la sentenza di appello per violazione dell’art. 8 Dpr n. 633/72 in quanto i Giudici di merito avrebbero erroneamente qualificato le prestazioni effettuate nel rapporto di leasing come “cessione di beni e prestazioni di servizi assoggettabili al regime del plafond” sebbene la indicata orma tributaria escludesse dalla sua applicazione le cessioni dei “fabbricati” e delle “aree edificabili”.
Sostiene l’Agenzia fiscale che il leasing deve ritenersi soltanto una modalità di acquisto della proprietà, sicché la facoltà di esercitare la opzione “è intimamente compenetrata alla concessione in godimento del bene” non essendo disgiungibili al prestazioni che costituiscono la unitaria causa del contratto (richiama in proposito il precedente di Cass. III 27.11.2006 n. 25125).
Con il secondo motivo la Agenzia censura la sentenza per vizio di insufficiente motivazione ex art. 360col n. 5 c.p.c. in quanto i Giudici di merito si sarebbero limitati a richiamare un precedente di questa Corte (n. 2888/2001), omettendo tuttavia di esaminare e definire in concreto gli elementi caratterizzanti il rapporto negoziale che, ove considerati, avrebbero deposto con certezza per la natura traslativa del contratto in quanto:
il contratto stipulato in data 22.12.1998 prevedeva la costruzione di un capannone industriale e palazzina in uffici, strumentale all’attività aziendale dell’utilizzatore ultimata la costruzione le parti, con scrittura privata in data 22.3.2001, integravano il contratto indicando l’ “importo complessivo” del costo di realizzazione dell’immobile.
Il ricorso è inammissibile per difetto di autosufficienza ed i motivi sono comunque infondati.
La tesi sostenuta dalla Agenzia ricorrente è che le il contratto di leasing traslativo di bene immobile integra una operazione di cessione di bene immobile espressamente esclusa dall’art. 8 co 1 lett. c) Dpr n. 633/72 dall’ambito di applicazione del regime fiscale IVA in sospensione (cd. plafond).
Premesso che ricorre la figura del “leasing” di godimento, pattuito con funzione di finanziamento, rispetto a beni non idonei a conservare un apprezzabile valore residuate alla scadenza del rapporto e a fronte di canoni che configurano esclusivamente il corrispettivo dell’uso dei beni stessi. Si configura, invece, il “leasing” traslativo allorché la pattuizione si riferisce a beni atti a conservare a quella scadenza un valore residuo superiore all’importo convenuto per l’opzione ed i canoni hanno la funzione di scontare anche una quota del prezzo in previsione del successivo acquisto, e premesso ancora che l’accertamento della volontà delle parti trasfusa nelle clausole contrattuali in ordine al tipo di negozio posto in essere rientra nei poteri del giudice del merito e non è censurabile in sede di legittimità, se non per violazione dei criteri ermeneutici, ovvero per vizio di motivazione (giri prudenza costante: cfr. Corte cass. Sez, 3, Sentenza n. 24214 del 14/11/2006; id, Sez. 3, Sentenza n. 1819 del 28/08/2007; id. Sez. 1, Sentenza n. 13418 del 23/05/2008), la Agenzia fiscale nella esposizione del primo motivo non fornisce alcun elemento a sostegno della natura traslativa anziché di mero godimento del leasing, limitandosi a dire che la CTR non ha svolto tale accertamento, senza tuttavia fornire alcuna indicazione in ordine ai presupposti di fatto necessari a fondare la critica avente ad oggetto a erronea sussunzione della fattispecie concreta nello schema della prestazione di servizi ex art. 3 Dpr n. 633/72 per la quale B.I. s.p.a. poteva avvalersi del regime fiscale del plafond.
Gli argomenti svolti a sostegno del primo motivo si riducono, pertanto, alla esposizione di mere tesi giuridiche astratte prive di alcun verificabile collegamento con i fatti controversi e con i documenti di causa la cui indicazione in ricorso è espressamente richiesta a pena di inammissibilità dall’art. 366 comma 1 nn. 3) e 6) c.p.c.
Neppure il secondo motivo supera il vaglio di ammissibilità.
Premesso che l’Agenzia ricorrente neppure indica se e quando il documento relativo alla scrittura privata del 2001 sia stato ritualmente prodotto nei precedenti gradi giudizio, rileva il Collegio che la critica formulata alla sentenza di appello si palesa inconferente, non cogliendo nel segno la “ratio decidendo atteso che, richiamandosi al precedente di questa Corte n. 2888/2001, la CTR ha inteso ritenere superfluo l’accertamento della natura traslativa o di godimento del leasing, in quanto anche nel primo caso ha ritenuto che una operazione di cessione di bene immobile (esclusa dal plafond) possa perfezionarsi solo al momento dell’esercizio della facoltà di riscatto, mentre nel periodo precedente si potrrebbe configurare soltanto una prestazione di servizi, con conseguente legittima fatturazione dei canoni in regime fiscale del plafond.
In secondo luogo il motivo è inammissibile in quanto difetta del tutto la indicazione del requisito della “decisività” della prova (previsto dall’art. 360 co 1 n. 5 c.p.c.) che, se correttamente valutata ai Giudici di merito, avrebbe consentito di pervenire ad una diversa decisione favorevole all’Ufficio finanziario: la integrazione successiva del negozio, con indicazione del valore del bene immobile (che dagli incerti e lacunosi elementi riferiti dalla ricorrente, sembrerebbe calcolato in base al costo di costruzione) non fornisce alcun univoco significato alla volontà negoziale della parti contraenti di inserire una clausola di trasferimento della proprietà del bene al pagamento dell’ultima rata e tanto meno che tale ipotetica opzione sia stata in concreto esercitata dall’utilizzatore.
In ogni caso la tesi giuridica della equiparazione del leasing finanziario traslativo e della cessione di bene, sostenuta dalla Agenzia delle Entrate con i motivi di ricorso deve ritenersi infondato alla stregua delle considerazioni che seguono.
La nozione di “cessione del bene”, deve essere ricavata dalla normativa nazionale e comunitaria in materia di IVA.
A. Quanto alle norme statali contenute nel Dpr n. 633/1972 si rileva che:
– l’art. 2 comma 1 DPR n. 633/72 definisce come cessione di beni “gli atti a titolo oneroso che importano trasferimento della proprietà ovvero costituzione o trasferimento di diritti reali di godimento su beni di ogni genere”
– l’art. 2 comma 2, n. 1) e n. 2) DPR n. 633/1972 qualifica espressamente come cessione di beni anche “le vendite con riserva di proprietà” e “le locazioni con clausola di trasferimento delta proprietà vincolante per entrambe le parti”.
– l’art. 3 comma 2 n. 1) DPR n. 633/1972 dispone che “costituiscono prestazioni di servizi se effettuate verso corrispettivo le concessioni di beni in locazione, affitto noleggio e simili”
– il contratto di leasing viene incluso tra le “prestazioni di servizi” considerate ai fini dei criteri di individuazione della territorialità della imposta dall’art. 7 col lett. g) [relativamente ai mezzi di trasporto], dall’art. 7 quater comma 1 lett. a) [con riferimento a “prestazioni di servizi aventi ad oggetto la concessine di diritti di utilizzazione di beni immobili]: dall’art. 7 sexies comma 1 lett. c) [con riferimento a prestazioni di servizi di locazione anche finanziaria di mezzi di trasporto ]; dall’art. 7 septies comma 1 lett f) [relativamente a beni mobili materiali diversi dai mezzi di trasporto]
– l’art. 16 co 3 Dpr n. 633/72 richiama ancora, ai fini della applicazione della aliquota, “le prestazioni dì servizi, dipendenti da contratti di locazione finanziaria, di noleggio e simili”
B. Quanto alle norme comunitarie contenute nella Sesta direttiva n. 388/77/CEE del 17.5.1977 occorre richiamare:
– l’art. 5 paragr. 1 della Sesta direttiva n. 388/77/CEE del Consiglio in data 17.5.1977 e succ. mod., applicabile ratione temporis, che considera cessione di un bene “il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario” (analoga definizione è data dall’art. 14 paragr. 1 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio in data 28.11.2006 che ha sostituito la Sesta direttiva), disposizione che per costante giurisprudenza della Corte di giustizia deve essere interpretata nel senso che la nozione di cessione “comprende qualsiasi operazione di trasferimento di un bene materiale effettuata da una parte che autorizza l’altra parte a disporre di fatto di tale bene come se ne fosse il proprietario” (cfr. sentenze della Corte di giustizia in data 8.2.1990, causa C-320/88, Shipping & Forwarding Ent. Safe; in data 21,4.2005, causa C-25/03, HE; in data 12.1.006. cause C-354/03, C-355/03 e C-484/0, Optigen Ltd, Fulcum Electornics, Bond House), venendo pertanto in rilievo secondo il Giudice di Lussemburgo il complesso dei poteri di disposizione e godimento effettivamente trasmessi al cessionario piuttosto che la qualificazione giuridica del diritto – propria di ciascun ordinamento nazionale-trasferito con il negozio di cessione
– il medesimo art 5, al paragr. 4, lett. b), dispone che “gli Stati membri possono considerare beni materiali” quali oggetto di cessione ai sensi del precedente paragrafo 1, anche “la consegna materiale di un bene in base ad un contratto che prevede la locazione di un bene per un dato periodo, o la vendita a rate di un bene, accompagnate dalla clausola seconda la quale la proprietà è normalmente acquistata al più tardi all’atto del pagamento dell’ultima rata” (la disposizione è riprodotta nel testo dell’articolo 14, paragrafo 2, lettera b), della direttiva IVA 2006/1112/CE)
– l’art. 6 paragr. 1 considera “prestazione di servizi ogni operazione che non costituisce cessione di un bene ai sensi dell ‘articolo 5”.
Il quadro normativo è completato dalla giurisprudenza che riconduce alla prestazione di servizi il contratto di leasing finanziario (cfr. Corte cass, I sez. 8.2.2000 n. 1362 secondo cui anche il leasing immobiliare “nella sua fase antecedente all’eventuale acquisto finale del bene” rientra nell’ambito delle “prestazioni di servizi” soggette ad imposta; Corte cass. V sez. 27.2.2001 n. 2888 secondo cui il leasing avente ad oggetto il conseguimento della disponibilità di automezzi da adibire all’attività di impresa di trasporto, rientra tra le “prestazioni di servizi” di cui all’art. 3 comma 1 Dpr n. 633/72 in quanto “il contratto ha i connotati della cessione in godimento del bene, non della proprietà di esso, finché si resti nella fase antecedente all’eventuale acquisto finale del bene medesimo per opzione in tal senso esercitata dall’utilizzatore alla scadenza del rapporto”. Sul piano della giurisprudenza comunitaria occorre rilevare come la locazione di veicoli per mezzo di contratti di locazione finanziaria costituisce una “prestazione di servizi” ai sensi degli artt. 6 e 9 della sesta direttiva, e tale operazione è di norma assoggettata a IVA, la cui base imponibile deve essere determinata ai sensi dell’art. 11, parte A, n. 1, della sesta direttiva: cfr. sentenza Corte di giustizia in data 21.2.2008, causa C-425/06, Part Service in liquid. che richiama in particolare, le sentenze in data 21 marzo 2002, causa C-4S1/99, Cura Anlagen, Race. pag. 1-3193, punto 19, ed in data 11 settembre 2003, causa C-155/01, Cookies World, Race. pag. 1-8785, punti 44 e 45).
La circostanza che il contratto di leasing possa prevedere la clausola con la quale viene attribuita all’utilizzatore la facoltà di opzione, alla scadenza del rapporto, dell’acquisto in proprietà del bene locato, non immuta la natura di prestazione di servizi della concessione in godimento del bene fino a che non si realizzi detto effetto traslativo, che è da ritenersi meramente eventuale.
Non deroga a tale conclusione la recente decisione del Giudice comunitario in data 16.2.2012, causa C- 118/11 Eon Aset Menidjmunt OOD secondo cui ” 37 Nell’ipotesi di un contratto di leasing, non si configura necessariamente un acquisto del bene, poiché un siffatto contratto può prevedere che il locatario possa scegliere di non acquistare suddetto bene al termine del periodo di locazione. 38 Tuttavia, come si evince dal principio contabile internazionale IAS 17 relativo ai contratti di locazione, ripreso dal regolamento (CE) n. 1126/2008 della Commissione, del 3 novembre 2008, che adotta taluni principi contabili internazionali conformemente al regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio (GUL 320, pag. 1), il contratto di locazione semplice deve essere tenuto distinto dal contratto di leasing finanziario, essendo guest ‘ultimo caratterizzato dal trasferimento al locatario della maggior parte dei rischi e benefici inerenti alla proprietà legale. Il fatto che un trasferimento di proprietà sia previsto al termine del contratto o il fatto che la somma delle rate, interessi inclusi, sia praticamente identica al valore venale del bene costituiscono, individualmente o congiuntamente, criteri che consentono di determinare se un contratto possa essere qualificato come contratto di leasing finanziario. 39 Come già precisato dalla Corte, la nozione di cessione di beni non si riferisce al trasferimento di proprietà nelle forme previste dal diritto nazionale applicabile, bensì comprende qualsiasi operazione di trasferimento di un bene materiale effettuata da una parte che autorizza l’altra parte a disporre di fatto di tale bene come se ne fosse il proprietario (v. sentenze dell ‘8 febbraio 1990, Shipping and Forwarding Enterprise Safe, C-320/88, Race. pag. 1-285, punto 7, e del 6 febbraio 2003, Auto Lease Holland, C-185/0I, Race. pag. 1-1317, punto 32). 40 Pertanto, nell’ipotesi in cui il contratto di leasing relativo ad un autoveicolo preveda o il trasferimento di proprietà di tale veicolo al locatario alla scadenza del contratto di cui trattasi, o che il locatario disponga delle caratteristiche essenziali della proprietà di detto veicolo, segnatamente che gli venga trasferita la maggior parte dei rischi e benefici inerenti alla proprietà legale di quest’ultimo e che la somma delle rate, interessi inclusi, sia praticamente identica al valore venale del bene, l’operazione deve essere equiparata all’acquisto di un bene di investimento. 41 Spetta al giudice nazionale determinare, in base alle caratteristiche del caso di specie, se i criteri esposti al punto precedente della presente sentenza siano soddisfatti”.
Al fine di verificare se un contratto di leasing debba qualificarsi come cessione di bene materiale occorre, pertanto, accertare secondo il Giudice comunitario se “vengono trasferiti all’utilizzatore gli attribuiti essenziali della proprietà del bene oggetto di leasing, in particolare qualora gli sia trasferita la maggior parte dei rischi e dei benefici inerenti alla proprietà di quest’ultimo e la somma delle rate, interessi inclusi, sia praticamente identica al valore venale del bene” (cfr. Corte giustizia C-U8/11, Eon Aset, cit; Corte giustizia 17.1.2013 causa C- 224/11, BGZ sp. Z o.o. punto 37).
Tale affermazione non può che intendersi in senso conforme al disposto dell’ art. 5, paragr. 4, lett. b) della VI direttiva (riprodotto nell’art. 2 comma 2 n.2) del Dpr n. 633/72) rimanendo subordinata la configurabilità di una cessione di beni comunque ad un meccanismo giuridico che consenta “ab origine” di prefigurare l’effetto traslativo del diritto di disposizione del bene: solo in tal caso potendo ravvisarsi la stessa “ratio legis” che accomuna nella figura della cessione la vendita con riserva della proprietà (ovvero più in generale la vendita ad efficacia differita) alla locazione con clausola di trasferimento della proprietà alla scadenza del contratto: ed infatti quando la norma comunitaria specifica che detta clausola deve prevedere come “normale” l’acquisto del bene al più tardi al pagamento dell’ultima rata (circostanza ribadita dalle sentenze della Corte di Giustizia C-118/11 e C-224/11 citate) vuole intendere che l’effetto traslativo deve essere già incluso nel programma negoziale come elemento vincolante per entrambe le parti contraenti, sì che il pagamento dell’ultima rata determina l’acquisto del bene, e l’eventuale mancato pagamento dell’ultima rata così come l’impedimento alla produzione dell’effetto traslativo connesso a tale pagamento, integrano inadempimento delle obbligazioni precedentemente assunte dalle parti con conseguente assoggettamento alle sanzioni previste dall’ordinamento per responsabilità “ex contractu”.
Ne segue che non è affatto sufficiente -secondo quanto opina la Agenzia ricorrente- qualificare il contratto di leasing come traslativo per configurare una “cessione di bene immobile” sottratta alla applicazione del regime del plafond ex art. 8 co 1 lett. c) Dpr n. 633/72, occorrendo invece dimostrare che le parti contraenti abbiano convenuto con efficacia vincolante per entrambe il trasferimento della proprietà del bene (o comunque di potere di disporre del bene) alla scadenza del rapporto contrattuale di leasing, ipotesi questa che non è stata neppure allegata dalla parte ricorrente.
In conclusione il ricorso deve esser rigettato con conseguente condanna della Agenzia fiscale alla rifusione delle lite che si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
– Rigetta il ricorso e condanna la Agenzia delle Entrate alla rifusione delle spese del presente giudizio che si liquidano in € 12.500,00 per compensi professionali oltre gli accessori di legge.
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