CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 17 ottobre 2013, n. 23614
Pensioni – Trasferimento – Previdenza integrativa a ripartizione – Riscatto e portabilità – Sussiste.
Svolgimento del processo
Con sentenza del 9.3 – 19.5.2010 la Corte d’Appello di Bologna, riformando la statuizione di primo grado, rigettò la domanda proposta da Z.M. M.R. nei confronti del Fondo Pensioni del Personale della Banca Nazionale del Lavoro. La Z.M. aveva lavorato presso la BNL fino al 10 dicembre 1998 ed era stata iscritta nel Fondo di previdenza della Banca (oggi Fondo Pensioni del Personale della Banca Nazionale del Lavoro e qui di seguito, per brevità, indicato anche come Fondo BNL); era stata poi assunta presso il C.E., presso il quale aveva aperto una nuova posizione di previdenza integrativa presso la Cassa di Previdenza dei Dipendenti del Gruppo C.E. (di seguito, per brevità, indicata anche come Cassa Credem); aveva quindi convenuto in giudizio sia il Fondo BNL, sia la Cassa Credem, per l’accertamento del suo diritto al trasferimento, presso quest’ultima, della intera posizione contributiva maturata presso il Fondo BNL, e cioè sia la quota di contributi del 2% della retribuzione annua lorda a carico di essa lavoratrice, sia la quota del contributo ordinario pari al 4% della retribuzione globale annua versata dalla BNL, dando atto che il Fondo BNL aveva provveduto al trasferimento solo della prima quota.
La Corte territoriale ha rigettato la domanda, sul rilievo che il Fondo in esame, preesistente all’entrata in vigore del dl.vo n. 124/93, concerneva un sistema di previdenza integrativa a ripartizione, con erogazione di prestazioni definite; era quindi coerente con la struttura di questo tipo di Fondi, ben diversi da quelli a regime di capitalizzazione, la previsione del regolamento contrattuale che escludeva l’operatività dell’art. 10 del dl.vo n. 124/93, sul trasferimento ad altro fondo della intera posizione previdenziale, in favore di coloro che cessano il rapporto di lavoro senza maturazione del diritto a pensione in epoca successiva all’entrata in vigore del citato decreto legislativo.
Avverso la suddetta sentenza della Corte territoriale, Z.M. M.R. ha proposto ricorso fondato su tre motivi, illustrato con memoria.
Il Fondo Pensioni del Personale della Banca Nazionale del Lavoro ha resistito con controricorso, svolgendo altresì ricorso incidentale fondato su un motivo e depositando memoria.
La Cassa di Previdenza dei Dipendenti del Gruppo C.E. non ha svolto attività difensiva.
Con ordinanza interlocutoria del 18.4 – 5.6.2012 questa Corte ha disposto il rinvio della causa a nuovo ruolo per l’acquisizione di relazione dall’Ufficio del Massimario, alla luce dei contrasti giurisprudenziali formatisi sulla materia per cui è causa; l’Ufficio del Massimario ha reso la richiesta relazione.
Motivi della decisione
1. I ricorsi vanno preliminarmente riuniti siccome proposti avverso la medesima sentenza.
2. Con il primo motivo, denunciando violazione di plurime norme di diritto, la ricorrente principale si duole che la Corte territoriale, pur dichiarando la novità e conseguente inammissibilità della domanda svolta in appello dal Fondo BNL e diretta a far dichiarare che la Sezione A del Fondo, a cui era iscritta essa ricorrente, si era trasformato da fondo previdenziale a prestazione definita a fondo in regime a contribuzione definita e capitalizzazione individuale solo a far data dal 1° gennaio 2003, aveva non di meno ritenuto che ciò non inficiasse il convincimento in ordine all’inapplicabilità dell’art. 10 dl.vo n. 124/93 al Fondo a cui era stata iscritta, stante la natura dello stesso; ciò in quanto la qualificabilità di detto Fondo non era stata oggetto del giudizio di primo grado, se non nei limiti in cui tali circostanze risultavano dalla statuto, nel mentre il Fondo BNL, nel passaggio al secondo grado di giudizio aveva completamente mutato la propria linea difensiva; lamenta inoltre la ricorrente che la Corte territoriale nulla avesse rilevato sulla richiesta di stralcio per intervenuta decadenza della copia dell’approvazione delle modifiche statutarie rilasciate dalla COVIP il 31.7.2003, dimessa dal Fondo BNL in grado d’appello.
Speculare al suddetto motivo e, quindi, da esaminare congiuntamente, è l’unico mezzo su cui si fonda il ricorso incidentale;
deducendo violazione di plurime norme di diritto e manifesta contraddittorietà, il ricorrente incidentale si duole che la Corte territoriale abbia ritenuto la novità della suddetta domanda, laddove, essendo stati mantenuti l’oggetto delle difese già svolte in prime cure ed i fatti costitutivi posti a loro fondamento, avrebbe dovuto ravvisarsi non già la proposizione di una nuova domanda, ma una consentita emendatio libelli.
2.1 Osserva il Collegio che proprio la natura del Fondo in questione ha costituito elemento di giudizio rilevante ai fini dell’accoglimento della domanda, vertendo la stessa sulla trasferibilità della posizione individuale alla luce delle previsioni legislative e statutarie; di ciò dette riscontro la stessa sentenza di prime cure, laddove ebbe ad affermare che i principi enunciati da alcune pronunce di questa Corte, pure se espressi con riferimento a fondi a capitalizzazione, “per la loro portata generale devono ritenersi riferibili a tutte le tipologie di fondi preesistenti; e, del resto, l’accoglimento solo parziale da parte del Fondo della richiesta di trasferimento della posizione contributiva della lavoratrice si fondava sulla disciplina statutaria prevista per sezione del Fondo stesso a cui quest’ultima era iscritta.
Ne consegue che l’esplicita domanda svolta in grado d’appello di qualificazione giuridica del Fondo BNL non ha introdotto un tema d’indagine completamente nuovo, siccome basato su presupposti difformi da quelli già appartenenti alla causa, e, pertanto, avrebbe dovuto essere riconosciuta quale consentita emendatio libelli.
Né la ricorrente principale ha interesse a dolersi della produzione dell’approvazione delle modifiche statutarie da parte della COVIP, non essendo stato tale documento posto a fondamento della decisione impugnata.
2.2 Deve quindi essere disatteso il primo motivo del ricorso principale e accolto l’unico motivo di quello incidentale.
3. Con il secondo motivo la ricorrente principale, denunciando plurime violazioni di norme di diritto, si duole che la Corte territoriale abbia escluso l’operatività, nel caso di specie, della disciplina dettata dall’art. 10 dl.vo n. 124/93.
Con il terzo motivo la ricorrente principale, denunciando vizio di motivazione, si duole dell’interpretazione resa dalla Corte territoriale in ordine alla natura della Sezione A del Fondo BNL, deducendo che la relativa descrizione era stata effettuata con caratteristiche che nulla avevano a che vedere con il regime “a prestazione definita”, traendo l’assimilazione a tale classificazione unicamente sulla scorta della propria fallace descrizione della fonte finanziaria del trattamento pensionistico.
4. Risulta prioritaria la disamina del terzo motivo.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte l’interpretazione degli atti di autonomia privata si traduce in un’indagine di fatto affidata in via esclusiva al giudice di merito, onde la possibilità di censurare tale accertamento in sede di legittimità, a parte l’ipotesi in cui la motivazione sia così inadeguata da non consentire la ricostruzione del percorso logico seguito da quel giudice per giungere ad attribuire all’atto negoziale un determinato contenuto, è limitata al caso di violazione delle norme ermeneutiche, violazione da dedursi, peraltro, con la specifica indicazione nel ricorso per cassazione del modo in cui il ragionamento del giudice si sia da esse discostato, poiché, in caso contrario, la critica alla ricostruzione del contenuto della comune volontà si sostanzia nella proposta di un’interpretazione diversa (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 4948/2003; 18375/2006). Il motivo all’esame non rispetta tali prescrizioni, non essendo stati neppure indicati i criteri ermeneutici da cui, nel condurre l’interpretazione delle norme statutarie del Fondo, la Corte territoriale si sarebbe discostata e prospettando, nella sostanza, una difforme lettura di tali norme, più confacente alle proprie aspettative, ma non consentita in sede di legittimità perché risolventesi nella richiesta di un’indagine di fatto.
Donde l’inaccoglibilità della censura all’esame.
5. La questione su cui verte il secondo motivo è stata già più volte affrontata dalla giurisprudenza di questa Corte, la quale ha ritenuto che le tre opzioni stabilite dall’art. 10 dl.vo n. 124/93 (trasferimento del capitale accumulato ad altro fondo “chiuso”, trasferimento ad un fondo “aperto”, riscatto) in favore degli iscritti che avessero cessato il rapporto senza maturazione del diritto a pensione in epoca successiva all’entrata in vigore della legge stessa, si applicano all’intera posizione individuale (comprendente tutti gli accantonamenti previsti dall’art. 8 di detto decreto, sia del lavoratore, sia del datore di lavoro, effettuati anche nel periodo antecedente all’entrata in vigore del dl.vo n. 124/93) per i “fondi a capitalizzazione” preesistenti, anche nel caso in cui gli statuti dei fondi avessero previsto modalità di rimborso dei capitali accantonati difformi dalla norma legale (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 17657/2002; 13111/2007).
Con altro arresto è stata ritenuta l’applicabilità delle opzioni di cui al suddetto art. 10 dl.vo n. 124/93 anche nel caso che i fondi preesistenti fossero alimentati da versamenti a carico della parte datoriale e che le loro dotazioni non fossero state suddivise in conti individuali (cfr, Cass., n. 26804/2007).
La giurisprudenza successiva si è però discostata da tale orientamento:
– dapprima rilevando (cfr, Cass., nn. 5094/2008; 6042/2008) che l’affievolimento del vincolo solidaristico e la cura dell’interesse individuale, obiettivi della riforma, esigevano – specificamente nei fondi a ripartizione – la gradualità dell’efficacia e, in particolare, la necessità dell’adeguamento, cosicché doveva ritenersi che la formula dell’esclusione, con cui il legislatore aveva indicato le disposizioni applicabili anche ai fondi preesistenti (art. 18 dl.vo n. 124/93), riguardasse i fondi a capitalizzazione e, conseguentemente, che nell’ambito dei fondi a ripartizione preesistenti al 15 novembre 1992 e destinatari del decreto ministeriale previsto dall’art. 18, comma 8 bis, dl.vo n. 124/93, il trasferimento della posizione individuale dell’iscritto che avesse cessato il rapporto senza aver maturato il diritto a pensione, non poteva ritenersi disciplinato dall’art. 10, comma 3 bis, di tale decreto legislativo, bensì dalle norme fissate dalle parti costituenti ed entro i limiti previsti dall’art. 20, comma 2, dl.vo n. 252/05;
– quindi ritenendo (cfr, Cass., n. 4369/2010) che, laddove il fondo non prevedesse posizioni individuali soggette a capitalizzazione, doveva escludersi l’immediata applicabilità della regola del riscatto di cui all’art. 10 dl.vo n. 124/93, sia per il riferimento legislativo testuale alla “posizione individuale”, sia perché la lettura del ridetto art. 10 indurrebbe a ritenere che i suoi vari commi contengano disposizioni dettate espressamente per i “nuovi” fondi pensione, obbligatoriamente informati al principio della capitalizzazione individuale, mentre alle singole realtà preesistenti viene demandato il compito di organizzarsi secondo tale principio, anche attraverso adeguamenti statutari, tenendo conto delle proprie caratteristiche strutturali.
Nello stesso senso si è pronunciata altresì Cass., n. 18266/2013 (richiamata dal controricorrente nella memoria illustrativa), che, tuttavia, non ha preso in considerazione la diversa produzione giurisprudenziale (cfr, in particolare, Cass., n. 7161/2013), che ha affermato il principio secondo cui, in tema di fondi previdenziali integrativi, devono considerarsi ammessi il riscatto o, in alternativa, la portabilità della posizione previdenziale, ai sensi dell’art. 10 d.lgs. 21 aprile 1993, n. 124 (applicabile “ratione temporis”), da un fondo cd. “a prestazione definita” – preesistente alla riforma della previdenza complementare introdotta con il d.lgs. 124 del 1993 e che si avvale, ai fini della determinazione delle risorse necessarie, del meccanismo della ripartizione – ad un fondo a capitalizzazione individuale, posto che anche nell’ambito dei fondi a ripartizione è enuclearle e quantificabile una posizione individuale, secondo le metodologie di calcolo elaborate dalla statistica e dalla matematica attuariale.
5.1 A fondamento di tale arresto è stato rilevato che l’art. 10 dl.vo 124/93 (“Ove vengano meno i requisiti di partecipazione alla forma pensionistica complementare, lo statuto del fondo pensione deve consentire le seguenti opzioni stabilendone misure, modalità e termini di esercizio: a) il trasferimento presso altro fondo pensione complementare, cui il lavoratore acceda in relazione alla nuova attività; b) il trasferimento ad uno dei fondi di cui all’art. 9; c) il riscatto della posizione individuale. Gli aderenti ai fondi pensione di cui all’art. 9 possono trasferire la posizione individuale corrispondente a quella indicata alla lettera a) del comma 1 presso il fondo cui il lavoratore acceda in relazione alla nuova attività. Gli adempimenti a carico del fondo pensione conseguenti all’esercizio delle opzioni di cui ai commi 1 e 2 debbono essere effettuati entro il termine di sei mesi dall’esercizio dell’opzione”) limitava notevolmente le possibilità di trasferimento del lavoratore da un fondo pensionistico ad un altro e la portabilità della posizione previdenziale maturata dal lavoratore era ammessa in ipotesi di cessazione dei requisiti di partecipazione al fondo e nella prospettiva che fosse destinata a rimanere nell’ambito della previdenza integrativa di fonte collettiva. Tale situazione venne a modificarsi per effetto della legge n. 335/95, di Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare, che, introducendo due nuovi commi al ridetto 10 dl.vo 124/93 (“3-bis. Le fonti istitutive prevedono per ogni singolo iscritto, anche in mancanza delle condizioni di cui ai commi precedenti, la facoltà di trasferimento dell’intera posizione individuale dell’iscritto stesso presso altro fondo pensione, di cui agli articoli 3 e 9, non prima di cinque anni di permanenza presso il fondo da cui si intende trasferire limitatamente ai primi cinque anni di vita del fondo stesso, e successivamente a tale termine non prima di tre anni. La commissione di vigilanza di cui all’articolo 16 emanerà norme per regolare le offerte commerciali proposte dai vari fondi pensione al fine di eliminare distorsioni nell’offerta che possano creare nocumento agli iscritti ai fondi.
3-ter. In caso di morte del lavoratore iscritto al fondo pensione prima del pensionamento per vecchiaia la posizione individuale dello stesso, determinata ai sensi del comma 1, è riscattata dal coniuge ovvero dai figli ovvero, se già viventi a carico dell’iscritto, dai genitori. In mancanza di tali soggetti la posizione resta acquisita al fondo pensione”), comportò che la portabilità divenisse un attributo necessario per tutte le forme di previdenza complementare, in un sistema improntato a logiche di concorrenzialità tra imprese e fondi pensionistici diversamente organizzati.
Tale processo è proseguito per effetto della successiva produzione legislativa in materia:
– art. 3 dl.vo n. 47/00, che dopo avere introdotto nel dl.vo n. 124/93 gli artt. 9 bis e 9 ter (concernenti rispettivamente le Forme pensionistiche individuali attuate mediante fondi pensione aperti e le Forme pensionistiche individuali attuate mediante contratti di assicurazione sulla vita), stabilì che “I regolamenti e i contratti di cui agli articoli 9-bis e 9-ter prevedono la facoltà di trasferimento dell’intera posizione individuale dell’iscritto stesso presso altro fondo pensione non prima che siano trascorsi tre anni dalla data di adesione o di conclusione del contratto”; art. 1, comma 2, lett. e), punto 3 legge delega n. 243/04, prevedente tra l’altro, al punto 4, la delega al Governo per “l’eliminazione degli ostacoli che si frappongono alla libera adesione e circolazione dei lavoratori all’interno del sistema della previdenza complementare, definendo regole comuni, in ordine in particolare alla comparabilità dei costi, alla trasparenza e portabilità, al fine di tutelare l’adesione consapevole dei soggetti destinatari; la rimozione dei vincoli posti dall’articolo 9, comma 2, del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, e successive modificazioni, al fine della equiparazione tra forme pensionistiche; l’attuazione di quanto necessario al fine di favorire le adesioni in forma collettiva ai fondi pensione aperti, nonché il riconoscimento al lavoratore dipendente che si trasferisca volontariamente da una forma pensionistica all’altra del diritto al trasferimento del contributo del datore di lavoro in precedenza goduto, oltre alle quote del trattamento di fine rapporto”;
– art. 14 dl.vo n. 252/05, contemplante, fra l’altro, che “Gli statuti e i regolamenti delle forme pensionistiche complementari stabiliscono le modalità di esercizio relative alla partecipazione alle forme medesime, alla portabilità delle posizioni individuali e della contribuzione, nonché al riscatto parziale o totale delle posizioni individuali, secondo quanto disposto dal presente articolo” (comma 1 ) e che “Decorsi due anni dalla data di partecipazione ad una forma pensionistica complementare l’aderente ha facoltà di trasferire l’intera posizione individuale maturata ad altra forma pensionistica. Gli statuti e i regolamenti delle forme pensionistiche prevedono esplicitamente la predetta facoltà e non possono contenere clausole che risultino, anche di fatto, limitative del suddetto diritto alla portabilità dell’intera posizione individuale. Sono comunque inefficaci clausole che, all’atto dell’adesione o del trasferimento, consentano l’applicazione di voci di costo, comunque denominate, significativamente più elevate di quelle applicate nel corso del rapporto e che possono quindi costituire ostacolo alla portabilità. In caso di esercizio della predetta facoltà di trasferimento della posizione individuale, il lavoratore ha diritto al versamento alla forma pensionistica da lui prescelta del TFR maturando e dell’eventuale contributo a carico del datore di lavoro nei limiti e secondo le modalità stabilite dai contratti o accordi collettivi,anche aziendali” (comma 6).
Nel ricordato contesto normativo l’opzione ermeneutica escludente la portabilità e il riscatto nell’ambito dei fondi a ripartizione non appare quindi condivisibile:
– sia per la mancanza, al riguardo, di una disciplina apposita per i fondi a prestazione definita, gestiti secondo il sistema della ripartizione, e ciò benché i fondi preesistenti fossero basati in larga misura proprio sul sistema della ripartizione;
– sia perché l’argomento che fa leva sul dato testuale, ossia il riferimento alla “posizione individuale”, appare intrinsecamente fragile, ove lo si voglia intendere nel senso che con tale locuzione si sia voluto fare riferimento soltanto a quelle specificamente proprie dei fondi a capitalizzazione, posto che, anche nell’ambito dei fondi a ripartizione, è enuclearle e quantificabile una posizione individuale secondo le metodologie di calcolo elaborate dalla statistica e dalla matematica attuariale.
Militano per contro a favore dell’opposta opzione ermeneutica le seguenti ulteriori considerazioni:
costituisce regola generale del diritto assicurativo che, qualora l’evento assicurato sia certus an etiamsi incertus quando, la risoluzione anticipata del contratto dia luogo al diritto soggettivo di riscatto, spettante all’assicurato (art. 1925 c.c.), e ciò sia nel caso in cui l’assicurato receda, sia, ed a maggior ragione, quando la risoluzione avvenga per volontà dell’assicuratore o del terzo assicurante. Il diritto ha per oggetto l’ammontare della cosiddetta riserva matematica, costituita dalla differenza tra il premio già pagato ed il valore del rischio assunto dall’assicuratore al momento della conclusione del contratto e fino al momento della risoluzione;
infatti gli obblighi dell’assicuratore consistono non soltanto nel pagamento dell’indennizzo al momento della verificazione dell’evento, ma anche nell’assunzione del rischio fin dalla conclusione del contratto, ed a questo secondo obbligo si connette quello di costituire la riserva matematica (art. 1925 c.c. cit.: le polizze “devono” regolare i diritti di riscatto), le cui modalità di formazione e di calcolo non vengono dettate dal codice civile, senza che ciò incida sulla sussistenza del debito, ma piuttosto sul quomodo dell’adempimento;
si tratta, in altre parole, di un oggetto determinabile (art. 1346 c.c.) dal giudice, eventualmente con l’ausilio del consulente tecnico e secondo metodi attuariali e il mancato assolvimento, da parte dell’assicuratore, dell’obbligo di predisporre i modi di calcolo, ossia i modi di adempimento, non può valere a liberarlo dall’obbligo stesso;
che poi nelle assicurazioni con causa previdenziale il premio, ossia la contribuzione, venga in tutto o in parte versata da persona diversa dall’assicurato, quale il datore di lavoro assicurante, non porta a diversa conclusione, giacché, una volta costituito validamente il rapporto assicurativo, non importa che la riserva matematica – così come l’indennizzo nel caso di verificazione dell’evento – risulti economicamente e per intero a carico di persona diversa dall’assicurato, per ragioni che possono rilevare solo nei limiti in cui rilevano i motivi del negozio giuridico (artt. 1345 e 1418 c.c.).
5.2 Ritiene il Collegio di dover dare continuità all’orientamento ermeneutico testé ricordato, il che comporta l’accoglimento del motivo all’esame.
6. In definitiva vanno accolti il secondo motivo del ricorso principale e il ricorso incidentale, rigettando gli altri motivi del ricorso principale. Per l’effetto la sentenza impugnata va cassata in relazione alle censure accolte, con rinvio, per nuovo esame, al Giudice designato in dispositivo, che provvedere altresì sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
Riunisce i ricorsi; accoglie il secondo motivo del ricorso principale e il ricorso incidentale; rigetta gli altri motivi del ricorso principale; cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Firenze.
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