Corte di Cassazione sentenza n. 23840 del 15 novembre 2011
FALLIMENTO – CREDITI DI LAVORO – PREVIDENZA SOCIALE – FONDO DI GARANZIA T.F.R.
massima
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Il lavoratore, per richiedere l’intervento del Fondo di Garanzia – se il datore è un imprenditore commerciale soggetto alle procedure esecutive concorsuali – deve dimostrare che è stata emessa la sentenza dichiarativa di fallimento e che il suo credito è stato ammesso nello stato passivo.
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale di Treviso ha respinto la domanda delle odierne ricorrenti, ex dipendenti della F. di B.M., tendente ad ottenere la condanna del Fondo di garanzia gestito dall’INPS al pagamento dell’importo ad esse dovuto a titolo di trattamento di fine rapporto in relazione al rapporto di lavoro intercorso con il B.
La Corte d’appello di Venezia ha confermato la sentenza impugnata, osservando che, essendo tuttora pendente la procedura esecutiva, non si era ancora verificata la condizione della mancanza o della insufficienza della garanzia patrimoniale del datore di lavoro, prevista dalla legge ai fini dell’intervento del Fondo di garanzia.
Avverso tale sentenza ricorrono per cassazione Y.B., A.T. e M.T. affidandosi a quattro motivi di ricorso.
L’INPS ha depositato la procura rilasciata al difensore in calce al ricorso per cassazione. MOTIVI DELLA DECISIONE
1.- Con i motivi di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro, nonché vizio di motivazione, contestando, con i primi due motivi, che il diritto del lavoratore alla corresponsione del trattamento di fine rapporto da parte del Fondo di garanzia sia condizionato all’ultimazione della procedura esecutiva esperita dal lavoratore nei confronti del datore di lavoro e con il terzo, che sussista un onere del lavoratore di dare ulteriore impulso alla suddetta procedura una volta che sia stato superato il limite di “durata ragionevole del processo”. In subordine, si sostiene, con il quarto motivo, che la Corte di merito avrebbe dovuto sospendere il processo in attesa della definizione della procedura esecutiva.
2.- I primi due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi, devono ritenersi fondati alla stregua dei principi più volte ribaditi in materia da questa Corte (cfr. ex plurimis Cass. n. 22647/2009; Cass. n. 3511/2001), secondo cui “a norma dell’art. 2 commi dal primo al settimo, della legge n. 297/1982, qualora il datore di lavoro sia un imprenditore commerciale soggetto alla legge fallimentare, il lavoratore, per poter ottenere l’immediato pagamento (nel rispetto del termine di sessanta giorni dalla domanda) del trattamento di fine rapporto da parte del Fondo di Garanzia istituito presso l’Inps, deve provare, oltre alla cessazione del rapporto di lavoro e all’ inadempimento, in tutto o in parte, posto in essere dal debitore, anche lo stato di insolvenza in cui versa quest’ultimo, utilizzando, a tal fine, la presunzione legale prevista dalla legge (l’apertura del fallimento o della liquidazione coatta amministrativa o del concordato preventivo nei confronti del medesimo debitore); viceversa, ove non sia possibile l’applicazione della legge fallimentare perché non ricorre la condizione soggettiva di cui all’art 1 del R.D. n. 267 del 1942, il lavoratore, allo scopo sopra indicato, oltre alla prova dell’avvenuta conclusione del rapporto di lavoro e all’inadempimento, in tutto o in parte, posto in essere dal datore di lavoro, deve fornire anche l’ulteriore prova che quest’ultimo non è soggetto alle procedure esecutive concorsuali e deve, inoltre, dimostrare, in base alla diversa presunzione legale pure prevista dalla legge (esperimento di una procedura esecutiva individuale, senza che ne sia necessario il compimento), che mancano o sono insufficienti le garanzie patrimoniali del debitore”. Con riguardo a quest’ultimo requisito, questa Corte ha altresì precisato che è necessario (ma anche sufficiente) che il lavoratore dimostri di avere proceduto – in modo serio e adeguato, ancorché, eventualmente, infruttuoso – all’esperimento dell’esecuzione forzata individuale e che, in questo caso, “la legge dispone che, ricorrendo tutte e quattro le condizioni previste, il Fondo di garanzia deve provvedere al pagamento del trattamento di fine rapporto, nel termine di sessanta giorni dalla presentazione della domanda, senza attendere il compimento della procedura esecutiva: è solo stabilito che il lavoratore deve fornire idonea dimostrazione di avere sottoposto ad esecuzione forzata il proprio debitore, pignorando (o tentando di pignorare) beni mobili o immobili o crediti appartenenti al medesimo (non importa se presso la casa di abitazione dell’esecutato o presso la sede dell’impresa o in un altro luogo che abbia un collegamento certo con lo stesso debitore e con il suo patrimonio), ma non anche di avere portato a termine il procedimento, interpretazione, codesta, che deve trarsi, in primo luogo, dalla lettera della norma contenuta nel quinto comma dell’articolo, la quale parla di “esperimento” e non già di “compimento” dell’esecuzione forzata e, in secondo luogo, dalla disposizione inserita nel settimo comma la quale, riguardo al pagamento che deve essere eseguito dal Fondo di garanzia e al conseguente diritto di surroga, richiama i precedenti commi ivi compreso il quinto” (cfr. in motivazione Cass. n. 3511/2001 cit.).
3.- Nel caso in esame, la Corte territoriale, affermando sic et simpliciter che “la mancata conclusione dell’esecuzione immobiliare nei confronti del datore di lavoro” non consentiva di ritenere dimostrata “la totale o parziale insufficienza delle garanzie patrimoniali del debitore”, non si è attenuta ai principi sopra indicati. La sentenza impugnata deve essere pertanto cassata in relazione alle censure accolte – restando assorbiti il terzo e il quarto motivo di ricorso – e la causa deve essere rinviata alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, perché proceda ad un nuovo esame delle questioni controverse sulla base dei principi enunciati sub 2).
4.- Il giudice del rinvio regolerà anche le spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
Accoglie il primo e il secondo motivo, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte d’appello di Venezia in diversa composizione anche per le spese del giudizio di cassazione.
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