CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 05 giugno 2013, n. 24533
Tributi – Reati fiscali – Dichiarazione fraudolenta mediante artifici – Amministratore fiduciario di Trust – Compenso professionale – Fattispecie – Confisca per equivalente
Ritenuto in fatto
1- Il Tribunale di Verbania con ordinanza 11.10.2012 ha accolto la richiesta di riesame del decreto di sequestro preventivo per equivalente di mobili e immobili nella disponibilità dell’indagato S.F. sino a concorrenza dell’importo di €. 853.609,00, sequestro finalizzato alla confisca obbligatoria del profitto del delitto di dichiarazione fraudolenta mediante artifici (art. 3 D. Lvo n. 74/2000) in relazione alla omessa dichiarazione nell’anno di imposta 2009 di redditi per un ammontare effettivo di €. 1.354.935,94 (a titolo di compenso professionale quale amministratore fiduciario del St. J.T.).
Per quanto interessa, secondo il Tribunale, l’indagato negli anni 2009-2010 non era venuto ancora in possesso del reddito da compenso professionale, limitandosi a gestire, quale Trustee (amministratore fiduciario) Il patrimonio separato rappresentato dal Trust, provvedendo ad adempimenti fiscali e ai compenso del professionisti, senza attingervi per la riscossione del proprio credito professionale; secondo il Tribunale, nessuna norma imponeva di riscuotere il compenso, per cui l’omissione di una tale riscossione non integrava il fumus del reato e quindi non si poteva ipotizzare un obbligo di dichiarare al fisco redditi non ancora entrati nella sua disponibilità sia pure in forza di una sua scelta, cosi come vale per qualunque altro mandatario autorizzato ad operare su un conto e a prelevare da esso il suo compenso. Sempre secondo il Tribunale, il fatto che l’indagato fosse autorizzato a prelevare l’intero saldo residuo dal conto non valeva snaturare il credito (che era di natura professionale) e ciò a differenza di quei redditi che si provi esser entrati nei patrimonio del Trustee, sia pure attraverso l’interposizione di un terzo soggetto: sulla base di tali considerazioni, il Tribunale ha escluso il fumus delicti.
2. Per l’annullamento del provvedimento, il Pubblico Ministero ha proposto ricorso per cassazione deducendo la violazione dell’art. 54 TUIR rimproverando -in sintesi – al Tribunale di avere erroneamente applicato la norma sul presupposto -altrettanto errato – che nell’anno 2009 esisteva una gestione patrimoniale separata rispetto al patrimonio dell’indagato e che occorreva, per la sussistenza del fumus, un atto di prelievo del compenso. Ritiene che, dopo la avvenuta liquidazione dei beneficiari G.M., G.S. e B.S., il residuo dei Trust si identifica esclusivamente col patrimonio personale dell’indagato perché il Trust non esisteva più e sarebbe stato mantenuto con l’intento fraudolento di evitare controlli di natura fiscale in capo all’indagato. Evidenzia poi la costituzione di una apposita società, la P. srl, allo scopo di mantenere occultata la predetta somma e di reimpiegarla in Italia precisando che sui conto riconducibile a detta società, costituita con capitale sociale di €. 10.000, egli aveva provveduto a bonificare In tre distinte tranches le sue disponibilità. Rimprovera dunque l’errore di interpretazione del concetto di reddito, un vizio logico che porterebbe a legittimare le condotte più callide. Secondo la tesi del ricorrente, non à necessario al fini della percezione del compenso, li formale trasferimento delle somma sul ex dell’indagato: i residui contenuti patrimoniali del Trust andavano imputati a colui che ne disponeva di fatto, cioè all’indagato.
Il S. in data 11.3.2013 ha depositato una memoria con cui deduce l’inammissibilità dei ricorso (proposto per motivi non consentiti in quanto contenente censure di merito) e comunque l’infondatezza.
Considerato in diritto
Il ricorso è fondato.
Contrariamente a quanto eccepito nella memoria difensiva. Il ricorso del Pubblico Ministero non si risolve in una riproposizione di mere questioni di fatto, ma pone una precisa questione di diritto: La Corte infatti è chiamata a stabilire quale sia il momento in cui sorge il presupposto dell’imposizione tributaria per il professionista, cioè il momento in cui matura, ai fini fiscali, la percezione del reddito da parte del professionista, con i conseguenti risvolti di natura penalistica in ordine alla individuazione degli elementi attivi da indicare nelle dichiarazioni annuali e quindi alla commissione del reato di dichiarazione fraudolenta mediante artifici (art. 3 D. Lvo n. 74/2000).
In base al comma 1 dell’art. 54, D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 il reddito derivante dall’esercizio di arti e professioni è costituito dalia differenza tra l’ammontare dei compensi in denaro o In natura percepiti nel periodo di imposta, anche sotto forma di partecipazione agli utili, e quello delle spese sostenute nei periodo stesso nell’esercizio dell’arte o della professione, salvo quanto stabilito nei successivi commi dell’art. 54.
La lettera della norma è chiara e non ammette interpretazioni diverse da quella secondo la quale i compensi vanno sottoposti a tassazione in relazione all’anno in cui sono stati percepiti.
I redditi a lavoro autonomo, anche se assoggettati a ritenuta d’acconto, vanno dunque dichiarati secondo il principio di cassa e non di competenza (cass. Sez. 5, Sentenza n. 8626 del 2011).
II criterio di cassa vuote (Imputazione a periodo del compensi con riferimento al momento in cui il professionista consegue la disponibilità delle somme: mentre in caso di pagamenti In contanti la disponibilità si ha al momento della percezione del denaro, in presenza di assegni bancari o circolari il momento rilevante è quello della loro consegna al ricevente. Allo stesso modo, per i bonifici bancari, considerato anche che l’esercente l’arte o professione non può conoscere il momento in cui il cliente ha dato l’ordine di effettuare li bonifico, si è attribuito rilievo al momento in cui la somma risulta posta a disposizione del professionista sulla base della cd. data disponibile che emerge dalla documentazione bancaria in suo possesso.
Dunque, per l’imputazione dei componenti positivi conta II momento in cui il professionista che riceve il compenso acquisisce la disponibilità delle somme, mentre appare ininfluente l’eventuale diverso momento in cui la stessa viene persa da parte di chi effettua i pagamenti.
Questi criteri interpretativi di carattere generale risultano ribaditi anche in circolari della Agenzia delle Entrate (cfr. ad. es. la n. 38/E del 23.6.2010).
L’altra eccezione sollevata dalla difesa del S. nella memoria difensiva -secondo cui II Trust non avrebbe esaurito la sua attività con la liquidazione dei beneficiari – è priva di fondamento perché ciò che si contesta è il mantenimento della struttura per ben due anni mentre le argomentazioni addotte si basano su adempimenti fiscali e pagamento di compensi ai professionisti, mere attività burocratiche ed accessorie.
Ciò posto, e facendo applicazione del “principio di cassa”, è evidente che nel caso di specie la disponibilità materiale del compenso professionale da parte dell’indagato per l’attività di consulenza stragiudiziale svolta, pari a €.1.354.935,94, esisteva di fatto sin da quando era stato disposta la liquidazione finale dei beneficiari del Trust (28.12.2009, epoca bonifico in favore dell’ultimo dei beneficiari, B.S.) con il mantenimento unicamente di detto importo di €. 1.354.935,94 sul cc 000600025401 presso la Unicredit Italia Private Banking, senza che ormai ve ne fosse più alcuna ragione giustificatrice, e potendone il -S. in ogni momento disporre liberamente. Del resto, il S. nel 2011, per sua libera scelta, costituì la-P. srl, su cui ritenne di far confluire la somma tra il giugno 2011 e il marzo 2012.
li Tribunale di Verbania invece, ha tralasciato di considerare il dato essenziale della inutilità del mantenimento della somma sul conto dei Trust e soprattutto, della piena disponibilità della stessa In ogni momento da parte dell’indagato (disponibilità di cui pura aveva dato atto in motivazione a pagg. 5 e 7). E, partendo dall’inesistenza di un obbligo giuridico alla riscossione del compenso, ha quindi ritenuto che per effetto della permanenza della somma (unica) sul conto del Trust ormai di fatto estinto, il S. non ne fosse venuto ancora in possesso, rimanendone solo un “creditore”, quando invece, proprio per la massima libertà di incasso e gestione della somma – poteri incompatibili con quelli di chi è solo creditore – ne era di fatto già il titolare.
Il ragionamento formalistico del Tribunale, peraltro, porterebbe illogicamente a far dipendere dal mero arbitrio del contribuente il momento in cui far scattare il presupposto dell’obbligazione tributaria, come esattamente rilevato dal ricorrente nella parte conclusiva del ricorso.
Da quanto esposto, risulta violato di fatto il principio della disponibilità di cassa a cui invece è ispirato l’art. 54 T.U.I.R., principio che pure il giudice di merito ha richiamato (pag. 8).
Infine, la questione circa la avvenuta dichiarazione degli importi percepiti dal St. J.T. nel 2011 e 2012 – pure sollevata nel terzo punto della memoria difensiva – esula dal procedimento perché si controverte dell’obbligazione tributaria della persona fisica per compensi percepiti al 29.12.2009.
Si impone pertanto l’annullamento con rinvio al giudice a quo per un nuovo esame.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Verbania.
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