CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 06 giugno 2013, n. 24816
Tributi – Reati fiscali – Dichiarazione fraudolenta – Applicabilità delle attenuanti generiche al professionista – Limiti
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 2/3/2012 la Corte dì appello dì Milano, in riforma della sentenza emessa il 30/3/2010 dal Giudice dell’udienza preliminare in sede a seguito di rito abbreviato, ha assolto il sig. G. dal reato ex artt. 61, n.7, e 640, commi 1 e 2, cod. pen. (capo A) e lo ha condannato io stesso alla pena, condizionalmente sospesa, di otto mesi di reclusione per il reato previsto dall’art.4 del d.Igs. 10 marzo 2000, n.74 (capo B) commesso in relazione all’anno d’imposta 2004.
In particolare la Corte di appello ha ritenuto di confermare la ricostruzione dei fatti addebitati al sig. G., accusato di avere, quale professionista partecipe di uno studio legale, ricevuto in via non ufficiale su conto estero la parte più consistente (pari a 13,5 milioni di euro) del pagamento di una prestazione professionale e fatto emettere allo studio professionale la fattura relativa a una parte soltanto (pari a 1,5 milioni) del compenso pattuito con la cliente. Ha, quindi, escluso che oltre al reato tributario contestato al capo B possa sussistere la violazione prevista dall’art.640, comma 2, cod. pen. (Sez.Un., sentenza n.1235/2011, ud. 28/10/2010) e determinato la pena per il reato sub B in otto mesi di reclusione, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche e di quella prevista dall’art.13 del d.Igs. 10 marzo 2000, n.74.
2. Avverso tale decisione II sig. G. propone ricorso tramite il Difensore, in sintesi lamentando:
a. Vizio di motivazione ai sensi dell’art.606, lett.c) cod. proc. pen. in relazione alla determinazione della pena, dovendosi escludere il carattere “fraudolento” della condotta che, invece, la Corte di appello ha preso in considerazione come elemento qualificante ai fini della decisione sul punto;
b. Errata applicazione dì legge ex art.606, lett.b) cod. proc. pen. con riguardo agli artt.62-bis, 132 e 133 cod. pen. e vizio di motivazione ai sensi dell’art.606, lett.e) cod. proc. pen. per avere la Corte di appello considerato i medesimi elementi di fatto sia ai fini della determinazione delta pena base sia ai fini della valutazione delle circostanze.
Considerato in diritto
1. La Corte ritiene che entrambi i motivi di ricorso siano infondati e che l’impugnazione debba essere respinta.
2. Va osservato, in primo luogo, che la valutazione di gravità delle condotte in quanto collegata anche alla natura “fraudolenta” delle stesse è stata oggetto di specifica e non illogica motivazione da parte della Corte di appello. Risulta, infatti, evidente che i giudici di appello non hanno preso in esame il solo elemento del ricorso a sottofatturazione, ma hanno sottolineato il complessivo meccanismo di frode poste in essere dall’imputato e caratterizzato sia dal trasferimento delle somme di denaro “estero su estero” sia dallo schermo costituito dalla riferibilità a un noto studio professionale associato della fattura emessa e della relativa operazione contabile.
3. Va osservato, poi, che non appare illogico che i giudici di merito abbiano formulato un giudizio di gravità del fatto non solo, ma anche in considerazione dell’obiettivamente elevata entità dell’importo evaso, soprattutto in considerazione della natura della prestazione professionale.
3. Fatte queste premesse, la Corte rileva che non risponde a realtà che i giudici di appello nel determinare in concreto il trattamento sanzionatorio abbiano operato un richiamo ai medesimi elementi con riguardo ai diversi profili esaminati, e cioè alla determinazione della pena base e al giudizio in tema di circostanze. E’ sufficiente rilevare che per il primo profilo i giudici di appello hanno considerato la natura fraudolenta dell’operazione e la complessiva gravità del fatto, mentre il giudizio in tema di applicazione dell’art.62-bis cod. pen. hanno considerato la qualificazione professionale dell’Imputato, e i doveri che a questa si collegano, nonché l’entità dell’importo sottratto a imposizione tributaria.
4. Alla luce delle considerazioni fin qui esposte il ricorso deve essere respinto e il ricorrente condannato, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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