CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 06 giugno 2013, n. 24877
Stranieri – Permanenza in Italia senza permesso di soggiorno – Mancata collaborazione all’allontanamento – Reato
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza 19.1.2012 II giudice di pace di Città di Castello condannava (…) , cittadino algerino, alla pena di euro 5000 di ammenda in relazione alla contravvenzione di cui all’art. 10 bis d.lgs. 286/1998, per essersi trattenuto nel territorio del nostro stato senza conseguire II permesso di soggiorno, così come era stato accertato il 3.2.2010 dalla Polizia di città di Castello.
2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso II Procuratore Generale presso la Corte di appello di Perugia, deducendo violazione di legge:
la norma incriminatrice si porrebbe In contrasto con gli artt. 7 e 15 della direttiva 2008/115/CE, che attribuiscono diritti ai singoli stabilendo che la decisione di rimpatrio deve fissare un periodo congruo per la partenza volontaria, di durata compresa tra sette e trenta giorni, e delineando In termini stingenti i presupposti che giustificano il trattenimento. Se è pur vero che gli Stati possono prevedere il rimpatrio come sanzione penale o come conseguenza di sanzione penale, è escluso che la stessa condotta, che costituisce il presupposto per l’applicazione della direttiva, possa essere disciplinata e sanzionata dal legislatore nazionale In maniera difforme e maggiormente lesiva del diritti di libertà.
Il ricorrente ritiene che gli Stati non possano prevedere che alla mera presenza irregolare dello straniero sul territorio nazionale ed alla sua mancata collaborazione all’allontanamento possano essere ricollegate conseguenze, o trattamenti, incompatibili con le finalità della direttiva stessa, da individuarsi nel l’allontanamento nel rispetto del diritti di libertà, Il rimpatrio conseguente a sanzione penale sarebbe quindi soltanto quello previsto come conseguenza di condotte, penalmente rilevanti, diverse da quella che costituisce II presupposto applicativo della direttiva. Peraltro, la procedura prevista per l’espulsione come sanzione sostitutiva viene eseguite attraverso l’accompagnamento coattivo alla frontiera, mentre la direttiva europea prescrive, all’art, 7 § 1, che II principio ordinario debba essere quello dell’allontanamento volontario, sulla base di un ordine di rimpatrio che dia allo straniero un termine compreso tra i sette e i trenta giorni.
Il ricorrente ha quindi concluso con la richiesta di annullamento della sentenza perché Il fatto non è previsto dalle legge come reato e, In via subordinata, con la richiesta di sospensione del processo e rinvio degli atti alla Corte di giustizia dell’Unione europea ai sensi dell’art. 267 TFUE, per l’esatta interpretazione dei contenuti prescrittivi della direttiva.
Considerato In diritto.
Il ricorso è Infondato e deve essere rigettato.
La norma che incrimina le condotte di Ingresso e permanenza Illegale nel territorio dello Stato – art. 10-bis d.lgs, n. 286 del 1998 – ha di recente superato II vaglio di compatibilità costituzionale: il Giudice delle leggi, con sentenza n. 250 del 2010, ha precisato che la norma non punisce una “condizione personale e sociale” -quella, cioè, di straniero “clandestino” (o, più propriamente, “Irregolare”) – e non criminalizza un “modo di essere” della persona.
Essa, Invece, punisce uno specifico comportamento, costituito dal “fare Ingresso” e dal “trattenersi” nel territorio dello Stato, In violazione delle disposizioni di legge.
SI è quindi di fronte, rispettivamente, ad una condotta attiva istantanea (li varcare Illegalmente I confini nazionali) e una a carattere permanente di natura omissiva, consistente nel non lasciare il territorio nazionale.
La condizione di “clandestinità” è, In questi termini, lo conseguenza della condotta penalmente illecita e non già un dato preesistente ed estraneo al fatto e la rilevanza penale si correla alla lesione del bene giuridico Individuabile nell’Interesse dello Stato al controllo e alla gestione del Russi migratori, secondo un determinato assetto normativo: si tratta di un bene “strumentale”, per mezzo della cui tutela si accorda protezione a beni pubblici “finali” di sicuro rilievo costituzionale. Per queste ragioni non è stata una scelta arbitrario la predisposizione di una tutela penale di siffatto interesse, che si atteggia a bene giuridico di “categoria”, capace di accomunare buona parte delle norme incriminatrici presenti nel testo unico del 1996.
Sulla base di questo nucleo argomentativo la Corte costituzionale ha decretato la compatibilità della norma di cui all’art. 10 bis d. Igs, n. 286 del 1998 con alcuni principi della Carta fondamentale, specificamente e principalmente con quelli desumibili dagli artt. 2 e 3.
Per quel che poi attiene alla compatibilità con la normativa sovranazionale, in particolare con fa direttiva CE n. 115 del 2008, si è di recente registrato l’Intervento risolutivo della Corte di giustizia con la decisione del 6 dicembre 2012 sulla domanda di pronuncia pregiudiziale proposta, al sensi dell’art. 267 7TUE, dal Tribunale di Rovigo, nel procedimento penale a carico di (…). Ed è appena II caso di ricordate che già questa Corte aveva statuito che “la fattispecie contravvenzionale prevista dall’art. 10-bis d.lgs n, 286 del 1998, che punisce l’Ingresso e soggiorno Illegale nel territorio dello Stato, non viola la c.d., direttiva europea sul rimpatri (direttiva Commissione CEE 16 dicembre 2008, n. 115), non comportando alcun intralcio alla finalità primaria perseguita dalla direttiva predetta di agevolare ed assecondare l’uscita dal territorio nazionale degli stranieri extracomunitari privi di valido titolo di permanenza e non è In contrasto con l’art 7, par, 1 della medesima, che, nel porre un termine compreso tra i 7 e 30 giorni per la partenza volontaria del cittadino di paese terzo, non per questo trasforma da Irregolare a regolare la permanenza dello straniero nei territorio dello Stato” – Sez. 1, n. 951 del 22/11/2011 (dep. 13/1/2012), Gueye, Rv, 251671.
Nel caso di specie quindi il giudice di pace che ha inflitta sanzione pecuniaria , senza neppure disporre espulsione, ha applicato correttamente la normativa vigente. In relazione a condotta che è ancora prevista come reato. Le richieste subordinate del Pg ricorrente non possono essere accolte , atteso che sia la Corte Costituzionale che la Corte di Giustizia europea, come sopra ricordato, si sono espresse sulla legittimità di tale ipotesi di reato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso
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