CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 08 novembre 2013, n. 25128
Notifica – A mezzo posta da parte dell’esattore – Validità
Osserva
La CTR di Bari ha accolto l’appello di E.E. spa, appello proposto contro la sentenza n.97/24/2009 della CTP di Bari, che aveva accolto il ricorso della parte contribuente “K.C. di T. G & C. sas” relativo ad intimazione ad adempiere notificata il 30.10.2008 in conseguenza di cartella esattoriale non adempiuta.
La CTR ha motivato la propria decisione nel senso che – risultando dagli atti la raccomandata con la quale era stata spedita la cartella esattoriale alla società contribuente, siccome atto presupposto rispetto al menzionato provvedimento – la veridicità delle attestazioni ivi contenute (con particolare riferimento all’individuazione del soggetto ricevente) poteva essere contestata solo con querela di falso contro atto pubblico, in difetto di che ogni eccezione circa l’avvenuta notifica risultava priva di pregio. Anche l’eccezione di difetto del responsabile del procedimento avrebbe potuto riguardare la sola cartella e non l’intimazione di pagamento.
La società contribuente ha interposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi. E.E. spa si è difesa con controricorso.
Il ricorso – ai sensi dell’art. 380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore – può essere definito ai sensi dell’art. 375 cpc.
Ed invero, con il primo motivo di impugnazione (improntato alla violazione dell’ art. 7 della legge n. 890/1982, in combinato disposto con gli art. 145-48-160 cpc, e del 26 del DPR n. 600/1973) la parte ricorrente si duole del fatto che il giudicante del merito – senza badare all’avvenuto disconoscimento della firma del destinatario – consegnatario apposto sulla cartolina di ricezione della notifica della cartella esattoriale – abbia omesso di considerare che il predetto consegnatario non era stato in alcun modo identificato e qualificato, sicché nella cartolina risultava “assente uno dei requisiti previsti dall’art. 7 affinché la notifica a mezzo posta possa essere ritenuta valida, e cioè la qualificazione del soggetto ricevente”.
Fanno poi seguito una serie di considerazioni ed argomenti che non possono essere qui esaminati, atteso che è principio recepito da questa Corte che ciascun motivo di impugnazione deve essere improntato ad una sola ragione di censura, divenendo altrimenti impossibile (con conseguente inammissibilità dell’intero motivo derivante dal fatto stesso della mescolanza tra ragioni di censura) identificare quale specifico vizio la parte ricorrente abbia inteso valorizzare.
Così riconfinato, il motivo di impugnazione appare manifestamente infondato, alla luce dell’indirizzo giurisprudenziale di questa Corte (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 11708 del 27/05/2011) secondo cui:”La cartella esattoriale può essere notificata, ai sensi dell’art. 26 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, anche direttamente da parte del Concessionario mediante raccomandata con avviso di ricevimento, nel qual caso, secondo la disciplina degli artt. 32 e 39 del d.m. 9 aprile 2001, è sufficiente, per il relativo perfezionamento, che la spedizione postale sia avvenuta con consegna del plico al domicilio del destinatario, senz’altro adempimento ad opera dell’ufficiale postale se non quello di curare che la persona da lui individuata come legittimata alla ricezione apponga la sua firma sul registro di consegna della corrispondenza, oltre che sull’avviso di ricevimento da restituire al mittente; ne consegue che se, come nella specie, manchino nell’avviso di ricevimento le generalità della persona cui l’atto è stato consegnato, adempimento non previsto da alcuna norma, e la relativa sottoscrizione sia addotta come inintelligibile, l’atto è pur tuttavia valido, poiché la relazione tra la persona cui esso è destinato e quella cui è stato consegnato costituisce oggetto di un preliminare accertamento di competenza dell’ufficiale postale, assistito dall’efficacia probatoria di cui all’art. 2700 cod. civ. ed eventualmente solo in tal modo impugnabile, stante la natura di atto pubblico dell’avviso di ricevimento della raccomandata”.
A questi principi la CTR si è puntualmente attenuta, sicché non può condivedersi nessuna ragione di doglianza circa la questione correlata con la notifica della cartella di pagamento.
Con il secondo motivo di impugnazione (improntato al vizio di motivazione) la parte ricorrente si duole per avere la CTR adita “troppo frettolosamente glissato” su un punto decisivo per la formazione del giudicato, “lasciando al ricorrente forti dubbi sulla legittimità e sulla corretta applicazione delle leggi in materia”;
Il motivo di impugnazione appare inammissibilmente proposto, alla stregua di una sterile critica circa la stringatezza della parte motiva della decisione di appello o il contenuto del provvedimento che la Commissione di appello avrebbe dovuto adottare, senza identificazione di alcun “fatto” controverso, rispetto al quale soltanto è predicabile la tipologia di vizio qui fatto valere dalla parte ricorrente.
Con il terzo ed il quarto motivo di ricorso (entrambi centrati sul vizio di motivazione) la parte ricorrente assume che anche per gli avvisi di intimazione di pagamento valgono le regole generali (in specie l’art. 7 della legge n. 212/2000), sicché anche quelli devono contenere il nome del responsabile del procedimento; nonché si duole del fatto che il giudicante non abbia dichiarato la prescrizione del credito erariale, peraltro eccepita nell’ignoranza del titolo in ragione del quale la cartella era stata adottata.
Anche tali motivi di ricorso appaiono inammissibilmente proposti, per erronea identificazione dell’archetipo del vizio valorizzato, non avendo la parte ricorrente prospettato alcun fatto controverso oggetto del vizio, ed essendosi limitata (sostanzialmente) a prospettare l’avvenuta violazione di disposizioni di legge o avendo semplicemente invocato il contenuto del provvedimento che la Commissione di appello avrebbe dovuto adottare.
Pertanto, si ritiene che il ricorso può essere deciso in camera di consiglio per manifesta infondatezza ed inammissibilità.
Che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie; che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va rigettato; che le spese di lite vanno regolate secondo la soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente a rifondere le spese di lite di questo grado, liquidate in € 3.000,00 oltre accessori di legge ed oltre € 100,00 per esborsi.
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