CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 13 novembre 2013, n. 25474
Tributi – Accertamento sintetico – Movimenti bancari – Verifica conti correnti bancari del procuratore speciale della società – Legittimità
Ritenuto in fatto
1. A seguito di indagini esperite dalla Guardia di Finanza, i cui risultati venivano trasfusi nel processo verbale di constatazione del 14.7.00, l’Agenzia delle Entrate di Latina emetteva, nei confronti della società E. 2000 s.r.l., un avviso di accertamento ai fini IRPEG, IRAP ed IVA, per l’anno di imposta 1998.
1.1. Nell’atto impositivo l’Ufficio – avvalendosi di riscontri contabili effettuati sui conti correnti bancari intestati all’amministratore ed al procuratore speciale della società – contestava alla contribuente, per quanto concerne l’IRPEG e l’IRAP, un maggior reddito ed un più consistente volume di affari, sulla scorta dell’accertata sussistenza di elementi positivi di reddito non contabilizzati, nonché dell’esistenza di elementi negativi di reddito fiscalmente non deducibili.
1.2. Ai fini IVA, veniva contestata, inoltre, alla società l’omessa fatturazione per operazioni non giustificate, rilevate sui predetti conti correnti bancari, nonché l’indebita detrazione su costi non deducibili, poiché non inerenti all’attività di impresa dalla stessa esercitata.
2. L’avviso di accertamento veniva, quindi, impugnato dalla contribuente dinanzi alla CTP di Latina, che rigettava il ricorso. L’appello proposto dalla E. 2000 s.r.l. alla CTR del Lazio era, peraltro, parzialmente accolto con sentenza n. 806/40/05, depositata il 27.12.05, con la quale il giudice di seconde cure, per un verso, riteneva non riconducibili all’ente le quote di reddito da attribuire, sulla a scorta degli accertamenti bancari, a P. D. ed a N. M., rispettivamente amministratore e procuratore speciale della società, per altro verso, reputava detraibile l’IVA sulle spese, considerate, invece, dall’Ufficio come costi indeducibili.
4. Per la cassazione della sentenza n. 806/40/05 ha proposto ricorso l’Agenzia delle Entrate articolando un unico motivo, al quale la E. 2000 s.r.l. ha replicato con controricorso, contenente, altresì, ricorso incidentale affidato a tre motivi.
Considerato in diritto
1. Con l’unico motivo di ricorso, l’Agenzia delle Entrate denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 32 d.P.R. 600/73 e 19 e 51 del d.P.R. 633/72, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., nonché l’omessa, insufficiente, o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c.
1.1. Avrebbe errato la CTR – ad avviso della ricorrente – anzitutto nel ritenere non riconducibili alla società le movimentazioni bancarie operate sui conti dell’ amministratore e del procuratore speciale della E. 2000 s.r.l., e ciò in palese in violazione degli artt. 32 d.P.R. 600/73 e 51 del d.P.R. 633/72. Tali disposizioni consentirebbero, infatti, all’Amministrazione di porre a base delle rettifiche, ai fini delle imposte dirette e dell’IVA, i dati e gli elementi desumibili dai conti della società e dei soci, laddove questi ultimi non forniscano prove contrarie appaganti in ordine alla natura ed alla finalità extra-societarie di dette operazioni.
1.2. Sotto un diverso profilo, poi, il giudice di appello avrebbe errato nel ritenere detraibili, ai sensi dell’art. 19 d.P.R. 633/72, i costi per compensi al direttore tecnico per lavori eseguiti, nonché le spese catastali, di trasporto ed altre, pur difettando la dimostrazione del requisito essenziale ai fini della detrazione IVA, rappresentato, oltre che dalla certezza di tali costi e dalla loro adeguata documentazione, della inerenza degli stessi all’attività di impresa esercitata dalla società contribuente.
2. Il ricorso è fondato.
2.1 Questa Corte ha, per vero, più volte avuto modo di affrontare la questione relativa ai poteri degli Uffici finanziari nell’attività di acquisizione dei dati utilizzabili ai fini dell’accertamento, sia in materia di imposte dirette che di IVA, con specifico riferimento al caso – ricorrente nella specie – in cui tali dati siano attinti da conti intestati ai soci o agli amministratori, e non alla società sottoposta ad accertamento.
2.2. Con riferimento alle imposte sui redditi, si è – per vero – osservato che, ai sensi degli artt. 32 e 37 del d.P.R. n. 600 del 1973, l’utilizzazione dei dati risultanti dalle copie dei conti correnti bancari acquisiti presso gli istituti di credito non può ritenersi limi ai conti formalmente intestati all’ente, ma riguarda che quelli intestati ai soci, amministratori o procuratori generali; sempre che, in siffatta ipotesi, risulti provata dall’amministrazione finanziaria, anche presunzione, la natura fittizia dell’intestazione o, comunque, la sostanziale riferibilità all’ente dei conti medesimi o di alcuni loro singoli dati.
Ne discende, sul piano della distribuzione dell’onere della prova, che una volta dimostrata la pertinenza alla società dei rapporti bancari intestati alle persone fisiche con essa collegate, l’Ufficio non è tenuto a provare che tutte le movimentazioni che risultano da quei rapporti rispecchino operazioni aziendali, ma – al contrario – la corretta interpretazione dell’art. 32 del d.P.R. n. 600/73 impone alla società contribuente di dimostrare l’estraneità di ciascuna di quelle operazioni alla propria attività di impresa (cfr. Cass. 20199/10, 15217/12, 12625/12).
2.3. Allo stesso modo, in tema di IVA, questa Corte ha osservato che, ai sensi dell’art. 51, co. 2, nn. 2 e 7, del d.P.R. n. 633/72, l’acquisizione, dagli istituti di credito di copia dei conti bancari intrattenuti con il contribuente e l’utilizzazione dei dati da essi risultanti ai fini delle rettifiche e degli accertamenti – qualora il contribuente non dimostri che ne ha tenuto conto nelle dichiarazioni o che non si riferiscono ad operazioni imponibili – non possono ritenersi limitate, in caso di società di capitali, ai conti formalmente intestati alla società, ma riguardano anche quelli intestati ai soci, amministratori o procuratori generali. In tale ultima ipotesi, tuttavia, deve risultare provata dall’amministrazione finanziaria, anche tramite presunzioni, la natura fittizia dell’intestazione o, comunque, la sostanziale riferibilità all’ente dei conti medesimi o di singoli dati od elementi di essi (cfr., ex plurimis, Cass., 24995/06, 8634/07, 374/09, 11145/11, 5849/12).
2.4. Tanto premesso in via di principio, va osservato che, nel caso concreto, l’Amministrazione ha fondato l’atto impositivo su una serie di elementi indiziari e presuntivi, particolarmente significativi, in massima parte desunti dal processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza, e che – tra l’altro – la stessa contribuente ha avuto cura di elencare nel controricorso (p. 2).
2.4.1. Tali indizi – rilevanti sia ai fini delle imposte dirette che dell’IVA – si concretano, in particolare: 1) in elementi positivi di reddito non contabilizzati scaturenti dal riscontro sui conti dei soci, e privi di idonea ragione giustificativa; 2) nell’omessa fatturazione per accreditamenti non giustificati in alcun modo, a seguito degli accertamenti bancari; 3) nell’omessa fatturazione di operazioni imponibili e nell’omessa dichiarazione IVA; 4) nella mancata regolarizzazione di acquisti senza fattura, derivanti da prelievi bancari non giustificati dai soci. Inoltre, come riferito anche dalla stessa resistente (p. 7 del controricorso), nei confronti dell’ amministratore e dei soci della E. 2000 s.r.l. era stata esercitata l’azione penale, per gli stessi fatti oggetto dell’avviso di accertamento impugnato.
2.4.2. Ebbene, a fronte dei succitati elementi, di particolare pregnanza sul piano indiziario e presuntivo, la contribuente si è – di contro – limitata, anche nel presente giudizio di legittimità, a mere allegazioni, del tutto sfornite del necessario riscontro probatorio, circa il carattere extra-aziendale delle operazioni sottese alle movimentazioni bancarie suindicate, rinviando del tutto genericamente, in proposito, ai documenti prodotti nei giudizi di merito.
2.4.3. Per quanto concerne, poi, più specificamente l’IVA – in ordine alla quale è stata contestata alla contribuente l’indebita detrazione dell’IVA su costi indeducibili, poiché non inerenti all’attività dì impresa – va osservato che l’art. 19, co. 1, del d.P.R. n. 633/72, consentendo, per le operazioni passive, cioè per i beni o servizi importati o acquistati, al contribuente di portare in detrazione l’imposta addebitatagli a titolo di rivalsa dal venditore o prestatore, quando si tratti di acquisto effettuato nell’esercizio di impresa, richiede, oltre alla qualità di imprenditore dell’acquirente, l’inerenza del bene o servizio acquistato all’attività imprenditoriale, intesa come strumentalità del bene o servizio stesso. Detta disposizione, inoltre, non introduce deroga alcuna ai comuni criteri in tema di onere della prova, lasciando la dimostrazione di detta inerenza o strumentalità a carico dell’interessato, senza che la sussistenza dei predetti requisiti possa neppure presumersi in ragione della sola qualità di società commerciale dell’acquirente (cfr., tra le tante, Cass. 3518/06, 16739/07, 2362/13, 16853/13).
Senonché, nel caso di specie, – al di là di mere allegazioni e del generico rinvio alla documentazione prodotta nei precedenti gradi del giudizio – nessuna prova ha fornito, al riguardo, la resistente anche con riferimento a siffatto requisito essenziale ai fini della detraibilità dell’imposta in parola.
2.5. Per tutte le ragioni suesposte, pertanto, il ricorso principale dell’Agenzia delle Entrate deve essere accolto.
3. Passando, quindi, all’esame del ricorso incidentale proposto dalla E. 2000 s.r.l., osserva la Corte che il gravame si palesa del tutto infondato, per le ragioni che si passa ad esporre in relazione ai singoli motivi di ricorso.
3.1. A tal fine, va rilevato che, con il primo motivo, la contribuente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 15 della l. n. 289/02.
3.1.1. Si duole, invero, la ricorrente del fatto che la CTR abbia erroneamente ritenuto che l’azione penale esercitata nei confronti dell’amministratore e dei soci della E. 2000 s.r.l., per gli stessi fatti oggetto dell’avviso di accertamento impugnato, potesse precludere alla medesima il condono ex art. 15 l. 289/02, pur non essendovi, nella specie, identità soggettiva tra il contribuente (società), che si avvale della definizione, ed il soggetto (persone fisiche) destinatario dell’azione penale.
3.1.2. Il motivo è infondato.
3.1.2.1. Questa Corte ha, invero, più volte affermato che, in tema di condono fiscale, opera, con riguardo alla persona giuridica, la causa ostativa alla definizione quale prevista dall’art. 15, co. 1, della l. n. 289/02, qualora nei confronti del suo rappresentante legale sia già stata esercitata l’azione penale per gli illeciti di cui al d.lgs. n. 74/00. Né è sostenibile la necessità della “doppia conoscenza formale” – prevista da detta norma – dell’esercizio dell’azione penale, in capo alla persona giuridica ed al suo legale rappresentante, ricorrendo la sostanziale inscindibilità nella stessa persona delle due figure di contribuente ed imputato e non potendosi configurare, per le sole persone giuridiche, un’ingiustificata situazione di trattamento favorevole rispetto a quello riservato alle persone fisiche (Cass. 8705/13; conf. Cass. 21795/12, 8324/12).
3.1.2.2. Ne discende che, nel caso concreto, l’azione penale proposta nei confronti dell’amministratore e del procuratore speciale della E. s.r.l. non poteva che precludere alla società – come correttamente affermato dal giudice di appello – l’accesso al condono, ai sensi dell’art. 15 l. 289/02.
3.2. Con il secondo motivo di ricorso, la E. s.r.l. denuncia, poi, la violazione e falsa applicazione degli artt. 32 d.P.R. 600/73 e 51 d.P.R. 633/72, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., nonché l’omessa motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c.
3.2.1. Si duole sostanzialmente la ricorrente del fatto che l’autorizzazione agli accertamenti bancari sui conti dei soci non sia stata data, come previsto dalle norme succitate, dal direttore centrale o regionale dell’ Agenzia delle Entrate, ovvero dal comandante regionale della Guardia di Finanza, bensì dal Procuratore della Repubblica, organo che potrebbe, invece, rilasciare solo l’autorizzazione all’accesso ai locali adibiti ad abitazioni o ad effettuare perquisizioni personali (art. 52 d.P.R. 633/72).
3.2.2. Il motivo è infondato.
3.2.2.1. Ed invero, in forza delle disposizioni succitate esclusivamente la mancanza dell’autorizzazione, e sempre che tale mancanza abbia prodotto un concreto pregiudizio al contribuente, può determinare l’illegittimità dell’atto impositivo (Cass. 16874/09, 14023/07), e non certo il fatto che essa sia stata comunque rilasciata, sebbene da un organo – per di più dotato di più ampie e rilevanti attribuzioni – diverso da quello cui la competenza è formalmente attribuita dagli artt. 32 d.P.R. 600/73 e 51 d.P.R. 633/72.
3.2.2.2. Anche la censura in esame non può, pertanto, che essere disattesa.
3.3. Con il terzo motivo di ricorso, la E. 2000 s.r.l. denuncia, infine, la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c., 39 d.P.R. 600/73 e 54 d.P.R. 633/72, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.
3.3.1. Avrebbe, invero, errato la CTR – a parere della ricorrente in via incidentale – nel ritenere legittimo l’atto impositivo fondato sulle indagini bancarie condotte su conti bancari intestati a soggetti diversi dalla società sottoposta a verifica, e pur in presenza di una contabilità formalmente regolare tenuta dalla medesima.
3.3.2. Il motivo è infondato, per le medesime ragioni già esposte a proposito del ricorso principale proposto dall’Agenzia delle Entrate. Vale solo la pena di rimarcare, al riguardo, che è proprio il riscontro dell’omessa annotazione di operazioni imponibili e dell’omessa fatturazione (ai fini IVA), nonché della mancata annotazione di elementi positivi del reddito (ai fini delle imposte dirette), ricorrente nel caso di specie, a legittimare – in forza delle disposizioni di cui agli artt. 32-37 d.P.R. 600/73 e 51-54 del d.P.R. 633/72 – l’induttivo sulla base di dati e notizie dall’Amministrazione anche mediante indagini che possono – come dianzi detto – riguardare e depositi intestati a terzi, e perfino a familiari dei soci. E ciò qualora l’Ufficio abbia fondato motivo tenere, in base agli elementi indiziari raccolti (nella specie suelencati), che gli stessi siano stati utilizzati per occultare operazioni commerciali della società, ovvero per imbastire una vera e propria gestione extracontabile – per il che è evidente che la regolarità formale di quella ufficiale non è, all’uopo, sufficiente – allo scopo di porre in essere un’evasione fiscale (Cass. 374/09, 5849/12).
3.4. Per tutte le ragioni suesposte, pertanto, il ricorso incidentale della contribuente deve essere rigettato.
4. L’accoglimento del ricorso principale comporta la cassazione dell’impugnata sentenza. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la Corte, nell’esercizio del potere di decisione nel merito di cui all’art. 384, co. 1 c.p.c., rigetta il ricorso introduttivo della contribuente.
5. Le spese del presente giudizio di legittimità vanno poste a carico della resistente, nella misura di cui in dispositivo. Concorrono giusti motivi per dichiarare interamente compensate fra le parti le spese dei giudizi di merito.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso principale e rigetta il ricorso incidentale; cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente;
– condanna la resistente alle spese del presente giudizio, che liquida in € 13.000,00, oltre alle spese prenotate a debito; dichiara compensate tra le parti le spese dei giudizi di merito.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 08 settembre 2021, n. 24152 - In tema di accertamento delle imposte sui redditi e dell'IVA, tutti i movimenti sui conti bancari del contribuente, siano essi accrediti che addebiti, si presumono, ai sensi dell'art.32,…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 10 dicembre 2020, n. 28157 - Con l'accertamento dei redditi con metodo sintetico, ai sensi del d.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, quarto comma la prova documentale richiesta dalla norma in grado di superare la presunzione…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 08 luglio 2021, n. 19441 - Avverso l'accertamento con metodo sintetico il contribuente può produrre la prova documentale richiesta dalla norma in grado di superare la presunzione di maggiore reddito ben può essere…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 19 agosto 2020, n. 17326 - Accertamento nei confronti di un professionista fondato su movimenti bancari. In tema di accertamento tributario, rientra nel potere dell'Amministrazione finanziaria, nell'ambito della…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 25221 depositata il 24 agosto 2022 - La determinazione del reddito del contribuente effettuata con metodo sintetico, siccome fondata su parametri prestabiliti e calcoli statistici qualificati, dispensa l'amministrazione…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 21 ottobre 2020, n. 22905 - Accertamento su movimenti bancari ad un professionista
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10267 depositat…
- L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione
L’Iva detratta e stornata non costituisce elusione, infatti il risparmio fiscale…
- Spese di sponsorizzazione sono deducibili per pres
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 6079 deposi…
- E illegittimo il licenziamento del dipendente in m
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 8381 depositata…
- Illegittimo il licenziamento per inidoneità fisica
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 9937 depositata…