CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 13 novembre 2013, n. 25515
Tributi – Accertamento – Sanzioni – Garanzie del contribuente – Limiti
Svolgimento del processo
1. La CTR del Piemonte, con sentenza n.27/25/07 pronunciata il 20 aprile 2007, confermava la sentenza emessa dalla CTP di Asti che aveva dichiarato l’illegittimità di tre avvisi di accertamento e dell’atto di contestazione relativi al tributo IVA per l’anno 2000 in relazione ad un p.v.c. redatto sulla base di una verifica svolta nel confronti della M. Consorzio per i servizi integrati operante nell’ambito della gestione integrata di complessi immobiliari al quale aderiva la stessa società contribuente.
2. La CTR, nel rigettare l’impugnazione proposta dall’Agenzia delle Entrate, evidenzia che gli atti impugnati traevano origine dal p.v.c. redatto dalla Polizia tributaria a seguito di verifica svolta presso la T.M. di Ivrea e che appariva evidente come la notifica degli atti, effettuata dopo 14 giorni dal ricevimento della segnalazione contenente il p.v. della polizia tributaria, non aveva rispettato i termini di cui al comma 7, dell’art. 12 l.n.212/2000, non potendo ipotizzarsi che la fattispecie esaminata rientrasse nei casi di particolare e motivata urgenza. Ed infatti, come rilevato dal giudice di primo grado, il fatto che la verifica fosse stata eseguita nei confronti di terzi e non del soggetto contribuente non si conciliava con l’ipotesi, prospettata dall’ufficio, di deroga al termine per le osservazioni del contribuente al p.v.
3. L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a 4 motivi, al quale ha resistito la società contribuente con atto recante nell’intestazione controricorso e ricorso incidentale, nel quale non sono stati tuttavia formulati motivi di ricorso incidentale.
Motivi della decisione
4. Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 12 c.7 L.n.212/2000, in relazione all’art.360 comma 1 n.3 c.p.c. Ha errato la CTR nel ritenere applicabile la disciplina in tema di termine dilatorio per la notifica dell’atto impositivo alla fattispecie concreta, nella quale gli accertamenti svolti dalla Guardia di Finanza non aveva riguardato il contribuente ma un terzo, tanto emergendo dallo stesso tenore testuale dell’art. 12 c.7 cit., ove si chiariva che il decorso del termine per l’emissione dell’atto impositivo prendeva data dal rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo; evenienza, quest’ultima, non verificatasi in quanto il terzo non aveva partecipato al processo verbale di chiusura della verifica.
5. Con il secondo motivo l’Agenzia ha dedotto la violazione e falsa applicazione dell’art. 12 c.7 della l.n.212/2000, in relazione all’art.360 c.1 n.3 c.p.c.
La CTR aveva erroneamente ritenuto che dall’inosservanza del termine dilatorio di cui alla ricordata disposizione potesse derivare l’illegittimità dell’atto impositivo, trattandosi di termine puramente ordinatorio per l’amministrazione e perentorio per il contribuente che intenda presentare richieste ed osservazioni, risultando il comma 7 dell’art. 12 analogo all’art. 18 l.n.689/1981. Assume che il mancato rispetto del termine poteva, al più, determinare la possibilità per l’interessato di proroga del termine per l’impugnazione dell’avviso di accertamento.
6. Con il terzo motivo l’Agenzia deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 12 c.7 L.n.212/2000, in relazione all’art.360 comma 1 n.3 c.p.c.. Lamenta che la CTR aveva esteso il regime previsto dalla cennata disposizione anche all’avviso di constatazione relativo alle sanzioni applicata, ancorché la disciplina in tema di termine dilatorio riguardava esclusivamente gli atti impositivi e non quelli di irrogazione delle sanzioni, parlando specificamente il comma 7 della sola emissione degli avvisi di accertamento.
7. Con il quarto motivo l’Agenzia deduce il vizio di omessa pronunzia, in relazione all’art. 112 c.p.c. ed all’art.360 c.1 n.4 c.p.c. La CTR non aveva minimamente esaminato l’eccezione,esposta quale motivo di appello, relativa alla non applicabilità del comma 7 dell’art. 12 cit. all’avviso di irrogazione delle sanzioni.
8. Il primo ed il secondo motivo di ricorso, che vanno esaminati congiuntamente, stante la loro stretta connessione, sono infondati.
8.1 Giova ricordare, in via assolutamente preliminare, che le Sezioni Unite di questa Corte, definendo il contrasto insorto fra diversi indirizzi in ordine agli effetti del mancato rispetto del termine dilatorio di 60 giorni dal rilascio del processo verbale di contestazione, hanno ritenuto che l’articolo 12, comma 7, della Legge 212/2000 deve essere interpretato nel senso che l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento – termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni- determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, la illegittimità dell’atto impositivo emesso ante tempus, poiché detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva. Il vizio invalidante non consiste nella mera omessa enunciazione nell’atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato l’emissione anticipata, bensì nell’effettiva assenza di detto requisito (esonerativo dell’osservanza del termine), la cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e all’epoca di tale emissione, deve essere provata dall’Ufficio-cfr.Cass.S.U. 29 luglio 2013, n. 18184.
8.2 Si è in particolare precisato che “risponde a criteri di equilibrio degli interessi coinvolti e di ragionevolezza far dipendere la validità o meno dell’atto emesso ante tempus dalla sussistenza o meno, nella realtà giuridico-fattuale, del requisito dell’urgenza, anziché dalla circostanza (avente valore del tutto secondario) che tale requisito sia, o no, enunciato nell’atto: ciò che conta, in definitiva, ai fini dell’esonero dell’Ufficio dall’osservanza del termine dilatorio, è unicamente il fatto che la particolare urgenza di provvedere effettivamente nella fattispecie vi sia stata.”
8.3 Orbene, fatte le superiori premesse, non pare potersi revocare in dubbio che il mancato rispetto del termine dilatorio di cui al ricordato art. 12 c.7 riscontrato nella fattispecie concreta non rende illegittimi gli avvisi di accertamento, stante l’inoperatività della tutela apprestata dal comma 7 ai casi in cui non vi è stato un processo verbale di constatazione nei confronti del contribuente, ma l’amministrazione si è avvalsa di verifiche compiute nei confronti di terzi.
8.4 E’ infatti condivisibile l’assunto dell’Agenzia per cui sarebbe lo stesso tenore letterale ad imporre simile tesi, avendo il legislatore testualmente presupposto che il termine decorre dalla consegna della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controlli. Ragion per cui, prosegue l’Agenzia, laddove il contribuente non è stato presente alle operazioni di verifica, nessun termine dilatorio potrà allo stesso essere concesso.
8.5 Ed invero, tale prospettiva è stata condivisa da questa Corte nella sentenza n. 16354/12, ove si è ritenuto che le garanzie di cui all’art. 12 legge n. 212/2000 si riferiscono espressamente agli accessi, ispezioni e verifiche fiscali eseguiti “nei locali destinati all’esercizio di attività, industriali, agricole, artistiche o professionali- , che debbono appunto essere giustificati da “esigenze effettive di indagine e controllo sul luogo” (art. 12 c. 1), con la conseguenza che tali garanzie operano esclusivamente nella predetta ipotese suddette garanzie sono apprestate esclusivamente a favore del contribuente verificato (in loco) e non anche del terzo a carico del quale possano emergere dalla detta verifica dati, informazioni od elementi utili per la emissione di un avviso di accertamento nei suoi confronti.
8.6 A sostegno di tale conclusione si è stato evocato, ricordando quanto affermato da Cass. n. 13486/2009, l’art. 54, comma 3, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, il quale espressamente prevede che l’ufficio possa procedere a rettifica, indipendentemente dalla previa ispezione del contribuente, qualora l’esistenza di operazioni imponibili risulti da verbali relativi ad ispezioni eseguite nei confronti di altri contribuenti, nonché da altri atti e documenti in suo possesso, risultando irrilevanti eventuali violazioni delle regole relative alla fase di accertamento che possono unicamente agitarsi da chi ha subito l’accesso.
8.7 Alla stregua delle superiori considerazioni, tanto il primo che il secondo motivo di ricorso sono fondati.
9. Il terzo motivo è parimenti fondato.
9.1 Ed infatti, il comma 7 dell’art. 12 non si riferisce esplicitamente agli atti di constatazione irrogativi di sanzioni, invece rivolgendosi esplicitamente all’atto impositivo, laddove precisa che “L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza.”
9.2 Per converso, gli atti irrogativi di sanzioni trovano specifica regolamentazione nel d.lgs.n.471 e 472/1997 e, per quel che qui importa, nell’art.16 del d.lgs.n.472/97, alla cui stregua “… La sanzione amministrativa e le sanzioni accessorie sono irrogate dall’ufficio o dall’ente competenti all’accertamento del tributo cui le violazioni si riferiscono. L’ufficio o l’ente notifica atto di contestazione con indicazione, a pena di nullità, dei fatti attribuiti al trasgressore, degli elementi probatori, delle norme applicate, dei criteri che ritiene di seguire per la determinazione delle sanzioni e della loro entità. Nel termine di sessanta giorni dalla notificazione, il trasgressore e gli obbligati ai sensi dell’articolo 11, comma 1, possono definire la controversia con il pagamento di un quarto della sanzione indicata nell’atto di contestazione. La definizione agevolata impedisce l’irrogazione delle sanzioni accessorie. Se non addivengono a definizione agevolata, il trasgressore e i soggetti obbligati ai sensi dell’articolo 11, comma 1, possono, entro lo stesso termine, produrre deduzioni difensive. In mancanza, l’atto di contestazione si considera provvedimento di irrogazione, impugnabile ai sensi dell’articolo 18 sempre entro il termine di sessanta giorni dalla sua notificazione. L’impugnazione immediata non è ammessa e, se proposta, diviene improcedibile qualora vengano presentate deduzioni difensive in ordine alla contestazione. L’atto di contestazione deve contenere l’invito al pagamento delle somme dovute nel termine di sessanta giorni dalla sua notificazione, con l’indicazione dei benefici di cui al comma 3 ed altresì l’invito a produrre nello stesso termine, se non si intende addivenire a definizione agevolata, le deduzioni difensive e, infine, l’indicazione dell’organo al quale proporre l’impugnazione immediata.”
9.3 Orbene, la lettura complessiva della disposizione sopra riportata lascia intravedere l’esistenza di una disciplina speciale che esula totalmente dai criteri guida sanciti dall’art. 12 c.7 L.n.212/2000, specificando le peculiari modalità con le quali viene garantito il principio del contraddittorio. A questa conclusioni questa Corte è giunta -Cass.n. 20479/12 e Cass.n.22000/13- con motivazioni che qui si condividono.
9.4 Né tale conclusione pare risultare distonica a livello sistematico, anzi trovando specifica conferma nel fatto che già questa Corte ha più volte riconosciuto l’inoperatività dell’art.12 c.7 L. n.212/2000 in materia doganale, per l’appunto valorizzando i tratti di specificità della disciplina settoriale testé ricordata rispetto a quella regolata dall’art.12 cit. e considerando, altresì, che la disciplina contemplata dall’ art. 11 del d.lgs. 8 novembre 1990, n. 374 fosse preordinata a garantire al contribuente un contraddittorio pieno in un momento comunque anticipato rispetto alla impugnazione in giudizio del suddetto avviso-cfr., Cass.n. 13890/2008 nel vigore del d.lgs.n.374/90 e da ultimo,Cass. n. 8399 /2013-.
9.5 I tratti di contraddittorio rafforzato previsti in materia di irrogazione di sanzioni rendono all’evidenza scorretta l’assimilazione di tale sottosistema a quello relativo agli atti impositivi non rendono dunque possibile ipotizzare l’estensione del meccanismo di cui al comma 7 dell’art.12 cit.
9.6 La decisione impugnata, la quale ha implicitamente ritenuto di estendere il regime di cui all’art.12 c.7 L.n.212/2000 anche nei riguardi dell’atto di contestazione delle sanzioni, è dunque erronea.
10. L’accoglimento dei primi tre motivi determina l’assorbimento del quarto motivo.
11. In conclusione, la sentenza impugnata deve essere cassata limitatamente alla ritenuta illegittimità dell’atto di contestazione delle sanzioni. Non richiedendosi ulteriori accertamenti in punto di fatto, la causa può essere decisa nel merito rigettando il ricorso del contribuente.
12. Ricorrono giusti motivi per compensare le spese dei due gradi di giudizio, mentre le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico della parte contribuente
P.Q.M.
Accoglie il ricorso.
Cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta il ricorso del contribuente.
Compensa le spese del giudizio di merito e pone a carico della parte contribuente le spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 12.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
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